WE OWE IT TO EACH OTHER,
TO TELL STORIES.

Neil Gaiman

CARESS THE TALES
AND THEY WILL DREAM YOU REAL.

Nightwish

STORIES AND SONGS
ARE THE LANGUAGE OF THE HEART.

Stephen Lawhead


ALL STORIES ARE TRUE.
Patrick Rothfuss

A DREAMER IS ONE WHO CAN ONLY FIND HIS WAY BY MOONLIGHT,
AND HIS PUNISHMENT IS THAT HE SEES THE DAWN
BEFORE THE REST OF THE WORLD.
Oscar Wilde

THE CORE OF ALL LIFE
IS A LIMITLESS CHEST OF TALES.

Nightwish
ALL THE TRUTH IN THE WORLD
IS HELD IN STORIES.

Patrick Rothfuss

sabato 22 dicembre 2012

And then I understood that it was all machine-sewn. [Henrik Ibsen]


- Ah, e poi nei giorni in cui sei qui avrò bisogno del tuo aiuto: devo fare l'orlo a un paio di jeans. 

- Va bene, mamma, no problem: te lo faccio io.

- Ma no, non è necessario, basta che mi aiuti a prendere le misure, poi faccio io!

- Tu? Cioè, vuoi dire che tu ti metti a cucire?! Ma è davvero la fine del mondo, allora!

- Ah-ah, simpatica. È che ho trovato un tutorial su Pinterest, e sembra facilissimo! 

- Er... Mamma, sì che è facilissimo: infili l'ago e lo tiri fuori, lo entri e lo esci, lo entri e lo esci, lo entri e lo esci...

martedì 18 dicembre 2012

La burocrazia è la scienza dell'intercapedine. [Cesare Mori]



Ho saputo che recentemente sono passati in tv diversi servizi su Berlino e la Germania, da cui appare che qui tutto funziona alla perfezione e insomma W l'organizzazione tedesca, ecc.
Ora quindi mi sento in dovere di rivelarvi ciò che nessun servizio tv vi dirà mai: avete presente il demone della burocrazia? Quello che vi fa smoccolare da un ufficio all'altro, in cerca di un certificato che da un lato vi si presenta come indispensabile e dall'altro manco sanno che esista...? Ecco, tale demone esiste anche qui e ha un'aggravante mostruosa: parla tedesco!!!!!! Parole chilometriche dal significato misterioso lurkano nell'oscurità e vi ghermiscono quando già pensavate di essere alfine giunti, non senza avventurose peripezie, alla fine del (ventesimo) formulario.

Oggi mi è capitata l'ennesima situazione tipica da burocrazia teutonica: ho deciso di revocare il mio "Steuernummer", una specie di partita iva. Vado all'ufficio, e consegno il mio nome e il suddetto numero all'impiegato spiegandogli cosa voglio fare. Costui cerca nel sistema, e mi fa sapere che quel numero che gli ho dato non è più valido dal 2008.
Gli faccio sapere che sì, in effetti nel 2008 avevo chiesto di chiuderlo, ma lo avevo riaperto in quello stesso ufficio meno di un mese più tardi. Quello stesso ufficio mi manda ogni anno a giugno una lettera che riporta quel particolare numero e che mi ricorda di presentare la dichiarazione dei redditi, cosa che faccio puntualmente ogni luglio, utilizzando proprio quel numero lì.
Ebbene? Il sistema dice che il mio numero non è più valido dal 2008, quindi devo andare al piano di sopra, in quel tale ufficio, per cercare di chiarire la cosa. Però quel tale ufficio non è aperto in questo momento, devo tornare giovedì - altra eventualità totalmente tipica.

Ringrazio e saluto e poi mi infilo su per le scale - ho un addestramento burocratico italiano da far impallidire i già pallidi nordici, io!

Busso alla porta dell'ufficio aperto solo di giovedì e *cough* dico che dal piano terra mi hanno detto di salire. Che non è proprio una bugia al 100%.
Il mio tedesco stentato commuove una impiegata (e questo è un miracolo di Natale, non la norma) che ascolta la mia triste storia, apre la mia pagina sul pc, e conferma che il mio numero è valido. Quindi mi porge il formulario di rito e mi aiuta a compilarlo. E questo è un altro immenso miracolo, non potete avere idea di quanto sia immenso.

domenica 16 dicembre 2012

Self righteousness belongs to narrow-minded. [Toba Beta]

 
La settimana scorsa ho fatto un'imprevista capatina in una libreria dell'usato.
Proprio prima di uscire, ho visto esposto il libro Tuck Everlasting di Natalie Babbit. Siccome un paio di anni fa ne avevo letto una citazione che mi era piaciuta molto e avevo tentato di ordinarlo senza successo, l'ho arraffato immantinente e me lo sono portato a casa, dove l'ho letto in poche ore, considerato che è un libro breve, per bambini.
Si tratta di una fiaba, i cui protagonisti sono i quattro membri della famiglia Tuck, che, dopo aver bevuto acqua da una sorgente nel folto di un bosco, scoprono che per loro il tempo si è fermato: non invecchiano, né muoiono.
La descrizione della fonte è bella di per sé: si dice che il tempo è una ruota che gira, e quella sorgente è il centro della ruota, che sta fermo. Con tinte molto delicate, il racconto si snoda attorno ai temi importanti di vita, morte ed eternità.

La frase che mi aveva colpito due anni fa, e che mi aveva spinto a cercare di procurarmi il libro, è questa: Don't be afraid of death; be afraid of an unlived life. You don't have to live forever, you just have to live. ["Non aver paura della morte, temi piuttosto una vita non vissuta. Non è necessario vivere per sempre, l'importante è vivere."]

Ora è successo questo: sulla mia pagina facebook mi piace condividere le citazioni che mi piacciono. Sia due anni fa, quando l'avevo appena letta, sia l'altro giorno, dopo averla riletta, l'ho postata sulla mia bacheca. E sia due anni fa, sia l'altro giorno, ci ho poi trovato sotto dei commenti.
In particolare, si è trattato in entrambe le occasioni di commenti da parte di persone lontanissime da me e dalla mia vita, delle quali non saprei assolutamente nulla, se non fosse per facebook che mi aggiorna, e che non si sono mai sognate di commentare alcunché di mio in precedenza. Persone, in entrambi i casi, che si professano cristiane. E che non lo fanno discretamente, con le proprie azioni. Lo fanno strombazzandolo a parole, anche su facebook. Il tipo di persone che danno l'impressione di considerarsi migliori degli altri, anche se probabilmente non lo ammetterebbero mai apertamente.

Beh, per tagliar corto: in entrambi i casi il commento era negativo. Bocciava cioè il concetto espresso dalla citazione. La ragione addotta è che il cristianesimo afferma che noi vivremo sì per sempre, che la morte non è che un passaggio, che la vita terrena è un sacrificio, che l'unica cosa davvero importante è l'eternità (sottinteso evidente: che comincia dopo che siamo morti).
In un caso sono stata giudicata superficiale per avere accettato un'idea vaga e ambigua come veritiera. L'idea vaga e ambigua sarebbe quella di "vita piena", concetto da me espresso in un tentativo di replica, nel quale proponevo di considerare che "non temere la morte" e "vivere" non facessero a botte con un credo religioso che prometteva l'eternità.
Attenzione: le espressioni "temi piuttosto una vita non vissuta" e "l'importante è vivere" sono state giudicate vaghe e ambigue solo in seconda battuta, quando ho fatto presente che il sottinteso "vita dissoluta e sprecata" fosse arbitrario. Il primo significato attribuito da queste persone, infatti, era precisamente quello: vivere a fondo la propria vita = buttarla via.

È chiaro che, proprio per la sua natura, una citazione è breve e non potevo certo ricopiare l'intero libro per esser certa che chi leggesse capisse l'esatto valore di quella frase. Trovo però quantomento curioso, che questi cristiani dichiarati abbiano avuto l'immediata reazione di leggerci il significato più biasimabile.
Mi viene da domandarmi: come mai? Ma eventuali motivazioni sarebbe meglio lasciarle a un'accurata auto-analisi dei soggetti in questione. Che, se la facessero, forse smetterebbero di essere così arroccati nel loro senso di auto-giustizia e mostrerebbero il critianesimo come una strada di vita piena di significato, invece che un rifugio per persone acide e pettegole, pronte a pensar male di tutti gli altri e a sparare giudizi.

giovedì 6 dicembre 2012

Above all, be the heroine of your life. [Nora Ephron]



Su Facebook esistno miriadi di gruppi.
Per qualunque cosa possiate immaginare, e anche per qualunque cosa che non sarete mai in grado di immaginare, esiste un gruppo di persone che si scambia opinioni e commenti.

Sono recentemente capitata nell'ennesimo gruppo di italiani che vivono a Berlino. Pare che gli italiani che abitano a Berlino amino creare gruppi su facebook, blog e cose così, dove incontrarsi per dare e trovare consigli, informazioni utili, a volte addirittura un appartamento o un lavoro. Più spesso per criticarsi in base alla presunta italianità vs cruccaggine, ma va beh.

Pochi giorni fa una tizia, presumibilmente nuova in città, ha chiesto urgenti consigli per affrontare il freddo, poiché le si era gelato il rimmel e andando in giro le pareva di somigliare a un sacco di patate con i tacchi. Consideriamo che ancora il freddo berlinese non è arrivato, non nevicava neppure.
Al consiglio, arrivatole da più voci, di levarsi i tacchi, che per carità non sono proprio adatti all'inverno nordico, lei ha risposto che piuttosto sarebbe morta, ma con i tacchi, perché lei è una donna.
Ora la mia prima reazione è stata: cara mia, se ti servono i tacchi per essere sicura di essere donna, mi sa che sono più donna io con i miei jeans e i miei scarponcini da trekking, e che dubbi cromosomici del genere non li ho mai!
Okay, okay: il tono era sicuramente scherzoso, ma personalmente è una cosa che mi ha sempre stressato moltissimo, l'abitudine tutta italica di fissarsi sul look. Arrivata a Berlino, dove la gente normalmente si veste in modo pratico, o anche solo come le gira quel giorno, ho tirato un bel respirone di sollievo! Nessuno che ti squadra quando sali sul vagone della metro per storcere il naso di fronte ai tuoi abbinamenti poco à la page, o al tuo cappottino dello scorso anno... che meraviglia!
Poi ogni tanto incontri un italiano, o un'italiana, che non fanno altro che criticare la maniera di vestire degli autoctoni: e le scarpe fanno pena, e i vestiti ommieidei, e i parrucchieri non sono capaci di far niente... una litania di lamentele lunga così, da chi magari in Italia con 18°C mette gli stivali con il pelo e qui insiste a girare con i tacchi anche con 5 cm di neve.

E mi sono levata questo rospo dalla gola.

sabato 1 dicembre 2012

What's this? There's white things in the air! [Jack Skellington, The Nightmare Before Christmas]

 
È il primo giorno di dicembre.
Questa mattina, quando mi sono alzata, stava nevicando. Poca poca, una spruzzata di zucchero a velo che si sta già sciogliendo, ma ci ha salutato così la prima neve dell'inverno.
Ieri pomeriggio abbiamo rivestito il nostro consueto alberello "minimalista" di Natale e aggiornato la ghirlanda appesa alla porta di casa: invece di essere decorata con foglie marroni e arancioni che parlano di autunno, ora sfoggia un bel fiocco rosso, dei rametti di sempreverde e delle piccole palline bianche e verdi.


E ho aperto la scatolina di Adventstee regalatami ieri da Elvira, la responsabile del centro culturale italo-tedesco La Melograna, con la quale collaboro organizzando il Caffè Letterario e con la quale ho anche stretto una bella amicizia.


Si tratta di un pensiero bellissimo, soprattutto per chi, come me, ama il tè: la scatola contiene infatti 24 bustine di tè, una diversa dall'altra e una per ogni giorno di dicembre, fino a Natale. Un calendario dell'avvento: senza finestrelle da aprire e cioccolatini da mangiare, ma con un buon tè da bere al calduccio ogni giorno.

Aprendo la scatola, ecco cosa si trova:


Dalla porticina si intravedono le bustine di tè, sotto una bella ghirlanda con angioletti e decorazioni. La scritta a destra recita: Sai cosa ti auguro di tutto cuore...
E ogni giorno, infatti, si riceve un augurio. Quello di oggi era: Ti auguro di trovare il tempo per cucinare i tuoi biscotti preferiti.
Il tè del primo dicembre, che ho bevuto questa mattina, era la "tisana delle notti d'inverno": rosa canina, ibisco, buccia d'arancia, cannella, garofano, pezzettini di mela, e poi profumo di arancia, mandarino, garofano, cannella e lavanda.

Dicembre mi piace, tutto è più bello e sorridere è un po' più facile.

giovedì 29 novembre 2012

To see a World ...



To see a World in a Grain of Sand 

And a Heaven in a Wild Flower, 

Hold Infinity in the palm of your hand 

And Eternity in an hour. 

[William Blake, Auguries Of Innocence] 


mercoledì 28 novembre 2012

All I want is my fair share. [Sally, The Peanuts - Charles M. Schulz]



COMPLEANNO 2010

- [raggiante] Tà-Dà! Buon compleanno! Ecco il tuo regalo!

- Uh, che bello, che bello! Finalmente avrò quella bellissima bors- aspetta: ma quello è un sacchetto di Media Markt?

- [sempre più raggiante] Sì! E c'è dentro il tuo regalo! 

 - Ma da Media Markt non vendono borse. Soprattutto non quella che volevo io!

- [ancora più raggiante] So che adori le sorprese, così... SORPRESA!!

- Uhm. Non sono sicura che... Va beh, vediamo un po'... Ma questo è un bollitore! Un bollitore elettrico per l'acqua!

- [raggiante in modo incontenibile] SÌÌÌÌÌ! Hai visto che bello? Non è meraviglioso? È di vetro, poi tu lo attacchi alla corrente - così - e ci metti dentro l'acqua - guarda quanta ce ne sta - e poi schiacci questa levetta, e...

- Oh! Le lucette azzurre! Ma quant'è carino!

- [super-raggiantissimo] Sapevo che ti sarebbe piaciuto! Buon compleanno!

- Grazie... Però, ecco. Voglio dire: il bollitore è davvero fico, ma...

- [mantenedo inalterato il livello di entusiasmo] Lo è davvero! Siccome tu ti fai sempre un sacco di tè e di tisane, non volevo più che ti scaldassi l'acqua in quel malsano, vecchio bollitore di plastica. Con questo, di vetro, sono tranquillo che non ti bevi sostanze velenose e cancerogene.

- Ecco, sì, infatti, dicevo... Un pensiero dvvero carino, ma la borsa...

- [lieve incrinatura nella voce] La borsa? Ancora con questa borsa? Non vedi che meraviglioso bollitore ti ho regalato? E cosa te ne fai poi di una borsa, quando hai questo meraviglioso bollitore?! Hai visto le lucette azzurre? Ogni donna sarebbe felice di avere questo meraviglioso bollitore!

- Non ne dubito, ma non so quale donna che chiede una borsa per il suo compleanno e riceve un bollitore - per quanto meraviglioso e con le lucette azzurre - sarebbe davvero così felice...

... in attesa di trovarne almeno una, decide di premunirsi per il futuro ...

- A proposito del mio prossimo compleanno, stavo pensando...

- Sì?

- Ecco... Se invece della borsa decidi di regalarmi un altro meraviglioso elettrodomestico, mi prenderesti un frullatore un po' vintage, sai quelli con il bicchiere alto di vetro...?

- [aggrottando la fronte] Borsa? Ma quale borsa?

domenica 25 novembre 2012

One For The Books, by Joe Queenan


One For The Books - Joe Queenan



☆☆☆ 

“The average American reads four books a year, and the average American finds this more that sufficient.”
These are the first words of the book “One for the books”, by Joe Queenan.
The thought of anyone thinking that reading just four books a year is sufficient horrifies any Reader-with-capital-R.
Joe Queenan is such a Reader: he reads always, there are books in every single room of his house, starts reading any book that seems promising and has read many which did not (and were not).
He speaks to any other Reader, sure to be fully understood in his passion and compulsion towards books.
Funny, witty and only sometimes a bit ostentatious.

Thanks to Penguin Book (USA) and Netgalley for providing a copy of the book.

* * *
“L’americano medio legge quattro libri l’anno, e l’americano medio ritiene che questo sia sufficiente.”
Questo è l’incipit del libro “One for the books”, di Joe Queenan. 
Il pensiero che chiunque possa pensare che quattro libri l’anno siano sufficienti farebbe inorridire qualunque Lettore con la ‘elle’ maiuscola.
Joe Queenan è uno di loro: legge sempre, tiene libri in ogni stanza della casa, comincia a leggere qualsiasi libro che gli sembri interessante e ne ha anche letti molti che non lo erano.
Parla a tutti i Lettori come lui, con la certezza di essere capito appieno nella sua passione e compulsione nei confronti dei libri.
Divertente, arguto e solo a tratti un po’ pretenzioso.

Grazie a Penguin Book (USA) e a Netgalley per avermi concesso una copia in lettura.

The Time Keeper, by Mitch Albom

.
The Time Keeper - Mitch Albom


☆☆☆☆

A very long time ago, a man had the idea to try and keep time: he started doing so by means of sticks, sun and water. But for all his unique knowledge, he discovered he could not control, change or stop time. 
Trying to delay his beloved wife’s death, he challenged the gods and in return for his folly he was banished in a cave for the longest of times, condemned to hear the women and men in the world forever wishing for time to stop, or to last longer.
Eventually, his freedom is granted upon the accomplishment of a task: he must teach the true meaning of time to a young girl and an old man. He owns now a magical hourglass, that he can use to slow and even to stop time, which he does in order to complete his mission and be free. 
A touching novel by Mitch Albom, a story about the value and meaning of time and life, about the past, the present and the future of each person.

Thanks to Hyperion and NetGalley for providing a copy of the book.

* * *

Tanto tempo fa, un uomo pensò che voleva misurare il tempo: cominciò a farlo, servendosi di bastoni, del sole e dell'acqua. Nonostante la sua conoscenza, che lo rendeva unico, si rese presto conto di non poter controllare il tempo, né cambiarlo, né fermarlo.
Nel tentativo di ritardare la morte di sua moglie, l'uomo sfidò gli dei. 
Come punizione per la sua follia venne esiliato in una grotta per un tempo lunghissimo, condannato ad ascoltare gli uomini e le donne del mondo invocare più tempo, o pregare che il tempo si fermasse.
Alla fine, gli viene promessa la restituzione della sua libertà, a condizione che insegni il valore del tempo a due persone: una ragazza e un vecchio. Ora è in possesso di una clessidra magica, con la quale è in grado di rallentare e persino di fermare il tempo a suo piacimento, cose che farà per riuscire a portare a termine la sua missione ed essere finalmente libero.
Un romanzo toccante di Mitch Albom, una storia che racconta il valore e il significato del tempo e della vita, parlando del passato, del presente e del futuro di ognuno di noi.

Grazie a Hyperion e NetGalley per la copia del libro messa a mia disposizione.

Time is [...] a big ball of wibbly wobbly... timey wimey... stuff. [The Doctor]



Il tempo è un argomento affascinante.

È un bene prezioso, è una maledizione; passa troppo velocemente, non passa mai; lo si sfrutta, lo si spreca, lo si rimpiange, lo si desidera...
Si potrebbe parlare per ore, del tempo - che è già di per sé un concetto interessante.

Ho trovato questo articolo, che parla del sistema più accurato di misurazione del tempo che esista sulla terra: il calendario bulgaro.
Risale al 5505 a.C. ed è basato sull'osservazione dei movimenti di Giove e del sole.
È più preciso del calendario gregoriano attualmente in uso: secondo l'antico sistema di misurazione del tempo bulgaro, l'anno conta 365 (o 366) giorni; è suddiviso in 4 quarti, 52 settimane e 13 mesi (il tredicesimo mese è costituito da 1 solo giorno: capodanno).
Grazie a tali suddivisioni, ogni anno una stessa data cade sempre nello stesso giorno della settimana.
Secondo questo calendario, l'anno 2010 (misurato con il calendario gregoriano) corrispondeva all'anno 7515, il che indica che i Bulgari sono il popolo che possiede il più antico sistema di misurazione del tempo esistente al mondo.

Ora, io non voglio certo mettermi a competere con i Bulgari. Ma nemmeno con Cesare o con San Gregorio, se è per quello.

Ho semplicemente una necessità psicologica, legata allo scorrere del tempo, e ho deciso di affrontarla a modo mio.
Considerato che non riesco mai a fare tutto quello che voglio nell'arco di una settimana, e che il lunedì, con i suoi impegni, risulta essere il giorno più pesante - cosa che si rivela traumatica, perché inizare la settimana con una botta di stress non fa bene a nessuno - ho capito che mi serviva più tempo.

Le intuizioni più geniali e le scoperte più sensazionali sono sempre partite da grandi necessità, il Genio si esprime al meglio quando è messo alle strette, si sa.

Dove mai potevo andare a recuperare più tempo? Le varie opzioni a cui ho pensato inizialmente sono, per ora, relegate all'universo della fantascienza: macchine del tempo; rallentamento della rotazione terrestre per aumentare la durata del singolo giorno; la clonazione... No: a me serviva qualcosa di fattibile, e mi serviva subito.

Il pensiero di ridurre i miei impegni, specialmente il lunedì, mi ha attraversato il cervello, lo confesso, ma questa soluzione mi lasciava l'amaro in bocca, una sensazione di fallimento e incompiutezza che preferivo, se possibile, evitarmi. Ho una psiche delicata, devo tenerne conto.
Finché un giorno è arrivata l'illuminazione: avevo bisogno di più tempo? Me lo sarei semplicemente preso. In fondo davanti a me c'è tutta l'eternità, non è che il tempo manchi, ce n'è infinitamente più di quanto potrei mai sognare di utilizzare. Quindi, perché non prendermene un po', se mi serviva così tanto?

Lunedì scorso ho pertanto dato il via al mio personale Progetto Temporale: vivrò in un mondo scandito in settimane, ma la mia vita scorrerà suddivisa in decimane. Il che significa, semplicemente, che oggi, domenica, per tutto il mondo è il secondo giorno del fine settimana, mentre per me è solo il  settimo giorno della mia decimana, che terminerà mercoledì. Quindi domani, lunedì, non sarà il primo giorno, ma semplicemente un altro giorno, dopo il quale, guarda un po', comincerà il mio fine decimana.  La mia decimana seguente partirà di giovedì e si concluderà dieci giorni dopo, un sabato: il lunedì seguente cadrà giusto a metà della decimana: una fatica sopportabilissima. Inoltre, non avrò più la dead-line mentale dei sette giorni per concludere un determinato progetto: ora di giorni ne ho dieci, sufficienti per fare quello che normalmente mi prefiggo.
Mi sono così presa il tempo che mi serviva per evitare di sentirmi sempre sotto pressione, in ritardo o "al pelo". E lo so benissimo che ora pensate che sono matta, e che questa è un'idea balzana: a me sta bene che continuiate a pensarlo, perché se a un certo punto tutto il mondo cominciasse a organizzarsi in decimane, mi toccherebbe rifare tutto.

giovedì 22 novembre 2012

Rock and roll is a nuclear blast of reality in a mundane world where no-one is allowed to be magnificent. [Kim Fowley]



Adesso una mamma non può nemmeno stare in mansarda a lavorare, con la musica a tutto volume in cuffia, che suo figlio si precipita di sopra urlando e con gli occhi fuori dalle orbite al ritorno da scuola:

- Ma si può sapere dove seiiiii????? È mezz'ora che ti chiamo: ho visto il tuo cappotto appeso in ingresso, le scarpe al loro posto... e tu non rispondi! Pensavo che qualcuno fosse entrato in casa e ti avesse fatto a pezzi!!!

mercoledì 21 novembre 2012

Make good art. [Neil Gaiman]



ovvero:  
dei Traumi Infantili

Questa storia risale al mio Natale da dodicenne.

Mio fratello E. quello stesso Natale aveva 11 anni e tra i regali scartati la mattina del 25 dicembre aveva trovato una valigetta di legno piena di articoli da disegno: tempere, pennelli, matite colorate, spugnette e carboncino.

Io avevo ricevuto una valigetta uguale il Natale precedente: erano i gloriosi anni '80 e la ditta (americana) per cui lavorava papà elargiva doni di Natale ai figli dei dipendenti fino agli 11 anni di età. L'ultimo regalo, il più grosso, era appunto la valigetta dei colori.

Nel corso dell'anno avevo utilizzato le tempere e le matite colorate nelle ore di arte a scuola. Il carboncino non l'avevo toccato e per quel che ne so è ancora lì: che ci dovevo fare? Boh?

Un pomeriggio, durante quelle vacanze di Natale, entrai in camera di E., come facevo spesso, per chiacchierare un po', magari far qualcosa insieme per tirare sera.
E. era seduto sul pavimento, la valigetta dei colori aperta di fianco a lui, e teneva in mano un foglio, che stava osservando attentamente.
Quando sono entrata, ha posato il foglio a terra e probabilmente ha cominciato a chiacchierare del più e del meno (vado un po' a intuito, non ricordo con precisione cosa ci siamo detti).

La mia attenzione però era tutta al foglio che E. aveva appena messo da parte: sicuramente un esempio di disegno a carboncino in dotazione alla valigetta. Rappresentava un'auto sportiva ferma ai margini di una foresta, sulla riva di un laghetto, che naturalmente rifletteva tutto.

Ehi, ma cos'è quello?, ho indagato: nella mia valigetta, l'anno prima, non c'erano esempi da copiare! Che ingiustizia!

Oh, quello?, ha replicato E. con somma indifferenza, Niente, volevo solo provare il carboncino!

La mia risposta, allora come adesso è una nuvoletta bianca, straboccante di puntini di sospensione. A cui ha fatto seguito l'immediato pensiero: Okay: E. ha sempre disegnato meglio di me, sono pronta ad ammetterlo. Ma questo è veramente troppo. Non prenderò mai più una matita in mano, per tutta la vita.


martedì 20 novembre 2012

La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie. [John Maynard Keynes]



- Sai, ho letto un libro, poco tempo fa, che credo ti piacerebbe molto! L'avevo in prestito, ed era in inglese, ma posso sempre comprartene una copia in italiano e regalartelo a Natale, che ne dici? 

- Ah, no. Per me, niente libri!

- Perché? Non vuoi più leggere?

- Non è quello. È che i libri, come del resto anche i giochi per la Wii, i CD, i DVD, le VHS ... è tutta tecnologia obsoleta. È ora di dire basta! 

- Va beh, dici basta, e poi? Sarà pure tecnologia obsoleta, ma è quello che ancora utilizziamo per leggere, giocare, ascoltare la musica, guardare i film... No? Se no, come vuoi fare?

- Ma capisci: ormai non bisogna più comprare queste robe! Vuoi leggere un libro, ascoltare un CD, guardare un film...? Lo scarichi gratis da internet! 

- [ride] Ahahahahaha, ma se non lo fai mai?!

- [serissimo] Certo che no, ma ti pare? Non si scarica la roba gratis da internet: è illegale! 

- Uhm. [resta con milioni di domande in sospeso, senza speranza di ottenere una risposta coerente e soprattutto senza sapere cosa regalargli a Natale]

venerdì 16 novembre 2012

My priorities are where they should be. [Stephen Moffat]


È così: è tutta questione di avere priorità nella vita.

Ieri sera, come ogni giovedì sera, sono andata a lezione di yoga. Ci vado in macchina, perché il posto è un po' lontanuccio e in auto risparmio quei 15-20 minuti che a quell'ora della sera mi viene comodo passare a casa.
Di solito lì intorno non è facilissimo trovare parcheggio: siamo comunque a Berlino, quindi non è impossibile, ma in ogni caso si tratta di una zona un po' affollata.
Il "mio" posto, quello in cui lascio sempre la macchina, era già occupato e quindi ho dovuto cercare sistemazione altrove.
Ho trovato un buchetto in fondo alla strada, e ci ho incastrato la mia macchinina.

Ma facciamo un passo indietro, perché per spiegare questa faccenda delle priorità è importante sapere che nella mia borsa tengo sempre questa bustina:

Lato gatto
Lato spillette




























Il contenuto di questa bustina? Presto detto, eccolo qua:

Il contenuto, da sinistra:
cavetto per ricaricare il Kindle; pinguino USB;
chiavetta USB un po' più seria;
mp3 con girocollo e auricolari; cavetto per ricaricare l'mp3.

Insomma: è il mio pronto intervento tecnologico.

Quando sono in auto, collego  l'mp3 all'ingresso USB dello stereo tramite cavetto nero, e così ascolto quello che mi va. 

Conclusa questa indispensabile premessa, torniamo al nostro racconto: ieri sera, si diceva, ho parcheggiato la macchina in fondo alla via.
Ho spento il motore, ho staccato l'mp3 dall'ingresso USB e l'ho riposto nella bustina, dopodiché ho aperto lo sportellino sotto al cruscotto e ci ho lanciato la bustina in questione.
Ho tolto le chiavi dal quadro, ho preso la borsa, ho aperto la porta e sono uscita dall'auto. È stato a quel punto che mi sono resa conto della grande differenza tra il parcheggio che occupo di solito - di fronte a un bar bello illuminato - e quello in cui mi ero infilata ieri - in un angoletto buio e poco frequentato.
"E se mi rubano l'auto?", ho pensato.
Preda di tale preoccupazione, sono tosto rientrata in auto e ho recuperato la bustina dal vano portaoggetti. Insomma: c'era dentro il cavetto del Kindle, dopotutto. Per non parlare della chiavetta USB dall'aspetto serio, che ospitava una manciata di e-book e un film. Nonché l'mp3 con tutta la mia musica. Mica potevo rischiare di perdere tutto quel ben di Dio, nel caso di furto d'auto.

O no?


giovedì 15 novembre 2012

I’m wearing shoes made of sea foam. [Jarod Kintz]



Una volta l'anno, più o meno in questo periodo, non so perché mi viene voglia di un paio di scarpe pucciose.
Non particolarmente pucciose, intendiamoci. Solo un po' più pucciose degli scarponcini da trekking, delle scarpe da ginnastica, degli anfibi o delle Converse che abitualmente rivestono le mie estremità.

Un anno fa tale insopprimibile desiderio mi ha portato alla consapevolezza dei miei piedi a triangolo: un numero mi stringeva in punta ma era comodo al tallone, il numero successivo stava bene in punta ma il tallone usciva. Avevo scovato un modello che mi piaceva, ma dopo millemila giri a provare scarpe che lo proponevano più o meno uguale, ho rinunciato. Il piede a triangolo stava bene negli scarponcini.

Quest'anno mi sono invaghita di un modello simile a quello dello scorso anno, ma più lezioso. E ho scoperto che adesso va di moda, nelle catene di negozi di calzature presso le quali sono solita rifornirmi, pubblicizzare la taglia XXL per le scarpe da donna: finalmente le stangone di 1,80 m con misura piede 43 potranno trovare scarpe da indossare senza raggomitolare le dita dei piedi.
Ciò è bene, non dico di no.
Peccato, però, che contemporaneamente, a quanto pare, le donne affette da cenerentolite non siano più in grado di ottenere un paio di scarpe sotto al numero 39.
Ora, io ogni tanto una scarpa numero 38 l'ho anche presa: se si tratta di un modello che calza bene, chiuso e possibilmente invernale così lo posso imbottire con quelle 2-3 paia di calzettoni di lana... insomma, riesco anche a trascinarmele dietro, quelle scarpe. Ma con il 39 la cosa diventa improponibile: dovrei indossarle tenendomi addosso le pantofole!
Per ora ho visitato solo due negozi, non so se buttarmi a capofitto nella ricerca di un paio di scarpe pucciose e leziose numero 36-37 o lasciar perdere senza neppure tentare.

Ardua sentenza.

martedì 13 novembre 2012

Fiction gives us a second chance that life denies us. [Paul Theorux]


Oggi gironzolavo in un grande libreria Hugen Dubel, curiosando tra espositori di bigliettini augurali; calendari; segnalibri e naturalmente libri.
Mi trovavo lì a caccia di libri e di idee per qualche regalino di Natale, non avevo impegni pressanti e me la sono presa abbastanza comoda: prendevo, sfogliavo, posavo, accarezzavo...

Da Hugen Dubel hanno una simpatica abitudine: qualcuno dei libri esposti è presentato da uno dei commessi, che lo ha letto e lo consiglia.
Fidarsi, o non fidarsi?
Tendenzialmente, preferisco fiidarmi del giudizio di un commesso, piuttosto che delle lodi sperticate di cui talvolta la critica letteraria è ignobile propugnatrice nel caso di libri che al più andrebbero definiti mediocri.

Quindi normalmente, quando mi imbatto nei suggerimenti dei commessi di Hugen Dubel, quanto meno li leggo, perché sono curiosa, specialmente nel caso si tratti di libri di cui ho sentito parlare, o che ho letto (perché così ho modo di confrontare la mia opinione con quella del commesso: sebbene si tratti un confronto unilaterale, è sempre interessante).

Ender's Game
Orson Scott Card
Oggi ho visto sullo scaffale Ender's Game, di Orson Scott Card. Accanto al libro, il consiglio spassionato di Stephen, vergato a mano su un bigliettino: Una storia avvincente, bei personaggi e molte sorprese: piacerà anche a chi di solito non si avvicina alla fantascienza. Ecco, più o meno diceva così.

Dentro di me ho pensato: Forte, 'sto Stephen!, perché Ender's Game mi è piaciuto un sacco, gli ho dato 5 stelle!

Proseguendo lungo il ripiano, ho trovato affiancati The Name of the Wind e The Wise Man's Fear, di Patrick Rothfuss. 

The Name Of The Wind
Patrick Rothfuss

The Wise Man's Fear
Patrick Rothfuss

Il commento di Stephen era in entrambi i casi entusiasta: i toni erano del tipo,  
Il più bel fantasy in cui mi sia imbattuto negli ultimi anni, intrigante e simpatico, leggetelo e non ve ne pentirete!

Considerato che i romanzi di Patrick Rothfuss sono forse gli unici libri che ho riletto negli ultimi anni, e che Patrick Rothfuss in persona è uno dei miei idoli personali, quasi quasi volevo sposarmelo, questo Stephen!


È stato quindi con una doccia ghiacciata di disillusione e sogni infranti, che pochi passi più in là ho visto i tre volumi di Fifty Shades, sotto ai quali occhieggiavano i consigli di Stephen: uno dei migliori romance degli ultimi tempi. 

Okay,è vero: questo potrebbe anche voler dire che il genere romance in blocco è un disastro negli ultimi tempi, ma detta in quel modo... cosa devo pensare di Stephen, ora? Che sta cercando di convincere anche me, che adoro Ender's Game e venero Patrick Rothfuss, a leggere l'abominio della James? Non si tratterà piuttosto di uno scherzo? Scommetto che era lì dietro, pronto a balzare fuori dalla pila di libri ancora da sistemare e gridare "Smile! You're on Candid Camera!". Non l'ha fatto probabilmente perché, proprio in quel momento, un cliente aveva bisogno e lui si è distratto, e quando finalmente era libero per farmi lo scherzone io ormai mi ero allontanata.

... Vero Stephen??

domenica 11 novembre 2012

I will honor Christmas in my heart. [Charles Dickens]



Di tutte le feste tradizionalmente osservate nella società a cui mio malgrado appartengo, la mia preferita è il Natale.
Poi, per carità: ogni occasione è buona per fare festa, vedersi con le persone a cui si tiene, farsi regali, cucinare qualcosa di speciale, trascorrere bei momenti... ma il Natale è per me una festa unica.

Nella maggior parte dei casi adoro pensare al regalo giusto per la persona giusta, girare per le vie in cerca di un oggetto speciale, che abbia un significato particolare per chi lo riceve e possa così comunicare: ho pensato a te, proprio a te, quando ho scelto questo regalo, sei nel mio cuore e spero che ogni volta che vedrai questa cosa ti ricorderai di me.

Le luci colorate per le strade; il profumo di rami di abete, di zucchero a velo, miele e pan di zenzero; l'aroma del vino caldo; le note delle musiche tipiche di questo periodo, a cui non si può proprio fare a meno; le decorazioni, i pacchetti, i nastri, le carte dorate... non rinuncerei a niente di tutto questo!

Il mio Natale culmina la sera della Vigilia, nella ormai sovraffollata casa in cui sono nata e cresciuta, in cui ci si ritrova tutti per l'unica volta dell'anno. Considerato quanto siamo sparpagliati in giro per l'Europa, già questo è un piccolo miracolo.
Mentre lo stereo ripropone carole tradizionali o rivisitate (per esempio quelle della Trans-Siberian Orchestra sono molto apprezzate!), il cane si agita perché la sua cuccia è stata spostata dalla consueta postazione in salotto. Non riesce più nemmeno ad accedere alla zona del divano e delle poltrone, tante sono le gambe in cui inciampa, e allora rimedia aggiungendo le sue feste e i suoi scodinzolii all'eccitazione generale.

C'è ancora qualche ritardatario che elemosina un brandello di carta colorata, un nastrino e un paio di forbici per impacchettare un ultimo regalino, da aggiungere all'enorme pila sistemata davanti alle vasche delle tartarughe.
Il pane esce dal forno, caldo e profumato, e qualcuno comincia a fare la spola tra la cucina e il tavolo in salotto, che in questa occasione è il centro della festa: antipastini, bicchieri e bottiglie comiciano a trovare posto sulla tovaglia rossa e verde.
Sulla testa dei più ardimentosi compaiono cerchietti con corna di alce o cappellini rossi e bianchi, e fa già così caldo che si decide di aprire la finestra.
Quando ciascuno è riuscito a prendere posto a tavola, si inaugura la serata con il primo brindisi, e poi ci si comincia a passare vassoi e bottiglie, continuando a chiacchierare, a ridere, a essere felici di ritrovarsi tutti insieme.
A turno ci si alza per portare via piatti sporchi e portarne di puliti; cambiare le bottiglie vuote con altre piene; altro pane per favore!; c'è ancora un po' di stracchino?; non si potrebbe cambiare CD?!; ehi, questa senape l'hanno portata S. ed E. da Parigi, è buonissima!; e dove sono i dolcetti da Berlino?; buono questo vino che ho preso dal contadino fuori Roma, vero?; ma avete visto questi splendidi gufetti di legno scolpiti dal babbo di I.?; quando si aprono i regali, non riesco più ad aspettare!; prima il panettone, e poi non è ancora mezzanotte!; nooooo, il cane ha mollato di nuovo, apri la finestra!
...
E infine arriva l'ora di spacchettare e il rituale prevede il rispetto di regole ferree: uno o due volontari prendono un pacchetto dal mucchio, ne leggono l'etichetta per individuare il destinatario e glielo passano. Il destinatario in questione poggerà il regalo sul tavolo di fronte a sé, e aspetterà che il mucchio sia spianato e ciascuno abbia davanti la rispettiva pila di pacchettini.
Questa prima fase riesce a durare anche mezz'ora, dal momento che per aumentare il divertimento si è soliti impacchettare i regali a pezzi (per esempio: in un pacchetto si può trovare una tazza da tè, e in un altro il relativo piattino), in modo da aumentare il numero di doni finale!
A questo punto, a turno si aprirà un regalo alla volta, fino a esaurimento. Naturalmente il dono ricevuto va esibito, commentato e ammirato rumorosamente, intanto che vengono sgranocchiate uvette ricoperte al cioccolato e bicchierini di limoncello cambiano in continuazione di mano.
Questa seconda fase va avanti per ore, non si finisce mai prima delle 2.00!

È il momento più divertente e caldo d'affetto, perché tra persone che si vogliono bene i regali sono sempre sentiti da chi li fa e apprezzati da chi li riceve.
Non importa il valore economico dell'oggetto che cambia proprietario, è il suo peso in affetto che conta. È amore solido che passa di mano in mano, ed è bellissimo.
Non rinuncerei a questi momenti per niente al mondo.

Ora è passato Halloween e anche San Martino è alle spalle: tra qui e il Natale c'è poco più di un mese, il che significa che è tutto già iniziato...

giovedì 8 novembre 2012

lunedì 5 novembre 2012

L’envie est un feu qui dessèche. [Chevalier de Méré]

 
invìdia [in'vidja] s.f. 1sentimento di cruccio astioso per qualità o fortune altrui [fonte: dizionario italiano]

Ciao, mi chiamo Chiara e non sono invidiosa.

Davvero, credetemi: ho svariati problemi e sicuramente numerose turbe, ma l'invidia non è un mio problema.

Da quel punto di vista ho raggiunto un buon equilibrio:

- sono consapevole dei miei difetti: a volte scelgo di conviverci e a volte provo a migliorarmi, ma non provo invidia nei confronti di chi non li ha, perché so che è una cosa molto stupida: nessuno è perfetto e se quel qualcuno non ha i miei difetti, ne ha sicuramente altri che non vorrei, quindi a che pro invidiarlo?

- non ho problemi a riconoscere la bellezza e/o la bravura in un'altra donna, lo faccio con sincerità e serenità. Quindi se mi sentite dire cose tipo "quella c'ha le labbra che sembrano un canotto", no: non è l'invidia che me lo fa dire.

- sono grossomodo soddisfatta di quello che possiedo: non invidio chi ha la casa più grande, o ha tante case, macchine costose, gioielli e vestiti in quantità, conti in banca come Paperon dè Paperoni... Ho imparato a stare bene con quello che ho: a volte è di più, a volte di meno, non mi interessa quantificare e paragonarmi agli altri, perché alla fine quel che conta è se io sono contenta.

- Mi piacerebbe avere la possibiltà, economica e di tempo, di viaggiare di più. Molto di più. E in questo caso, sì: invidio chi può farlo e chi lo fa, e non ho problemi a dichiararlo. Spesso utilizzo la formula: sono verde come il detersivo per i piatti, per riderci su, perché ci tengo comunque a comunicare che la mia invidia è "sana", se così si può dire. È più un grosso sospiro nostalgico, un quanto mi piacerebbe andare in giro per il mondo, verrei con te anche se dovessi starmene  raggomitolata nella tua valigia! Insomma: faccio quello che posso e per il resto spero di farmi raccontare dagli amici che bei posti hanno visitato. Sono abbastanza trasparente? Ecco, perché nel caso mi sentiate esclamare "ma come si fa a spendere 20.000 euro per due settimane in un villaggio turistico!" non si tratta di invidia. Mi sto mangiando le mani perché, porca paletta, li avessi io 20.000 euro da spendere per un viaggio, di sicuro non me ne andrei in un villaggio turistico con i balli di gruppo sulla spiaggia e l'aqua-gym a mezzogiorno. No: nemmeno se si tratta di Bali.

Un ultimo appunto: trovo molto fastidioso quando esprimo una critica e qualcuno la liquida in fretta sostenendo che sono mossa dall'invidia. È una risposta a mio parere piuttosto superficiale, indica che chi mi sta parlando non mi conosce e soprattutto non ci tiene a conoscermi, altrimenti si informerebbe sul motivo che mi ha spinto a criticare una data cosa/persona/situazione.
In generale, affermare "Sei solo invidiosa" tronca ogni possibile comunicazione, perché come dovrei rispondere? Non sento il bisogno di giustificarmi per aver espresso una critica, al più in alcuni casi è possibile spiegare (per esempio quando critico un libro: in genere lo faccio perché ho delle motivazioni che sono in grado di esporre; nel caso invece di una critica superficiale del tipo "ha le labbra come un canotto" non c'è molto da spiegare: è una semplice, banale e - sono pronta ad ammetterlo - probabilmente superflua osservazione).

In conclusione: non invidiamoci, la vita è troppo breve per sprecare tempo in questo modo.

lunedì 29 ottobre 2012

L'amore guardò il tempo e rise



E l’amore guardò il tempo e rise,
perché sapeva di non averne bisogno.
Finse di morire per un giorno,
e di rifiorire alla sera,
senza leggi da rispettare.

Si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva.
Fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
il tempo moriva e lui restava.

[Luigi Pirandello]

sabato 27 ottobre 2012

One ghost per serving, by Nina Post


One ghost per serving - Nina Post

☆ ☆ ☆

Eric Snackerge è un uomo attraente e sexy.
È stato posseduto per 18 mesi da un fantasma, e per questo motivo non ricorda nessuno degli avvenimenti che hanno contribuito a buttare all'aria la sua vita: era sul punto di diventare un avvocato di grande successo, e ora vive in un camper; lavora come cameriere in un bar dove è costretto a indossare corna, pantaloncini cortissimi e aderenti e un bolero che non sta mai chiuso; sua moglie vuole divorziare e trasferirsi in una città lontana portando la figlia con sé.
Sembra che le cose non possano essere più deprimenti di così, ma di sicuro possono complicarsi!
Rex, lo spirito che ha posseduto Eric per 18 mesi, vuole essere accompagnato ai raduni di un gruppo di sostegno per fantasmi che vogliono liberarsi dalla loro smania di possedere gli umani. 
Nel frattempo la "Quantal Organic Yogurt" mette in atto una discutibile strategia commerciale volta a fare del "Quantal yogurt" lo yogurt più venduto del paese. 
Eric si trova più coinvolto di quanto vorrebbe nei loro piani, che prevedono l'utilizzo di particolari fantasmi che, mescolati allo yogurt, creano dipendenza.
Tra molte spassose avventure e disavventure, Eric, Rex e gli altri fantasmi del gruppo di sostegno riusciranno a salvare il mondo e il matrimonio di Eric.

Grazie alla Curiosity Quill Press per avermi concesso una copia in anteprima.
***
Eric Snackerge is a handsome and sexy man who has lost 18 months of his life being possessed by a spirit. As a consequence of which, his life has fallen apart: he was about to become a successful lawyer, but now he lives in a bus; he works as a semi-naked waiter in a ladies' bar; his wife wants to divorce him and move far away with their daughter.
Things couldn't be more depressing, but can surely be more complicated!
The spirit who used to possess him, Rex, wants him to be his human sponsor at a self-help gathering of spirits willing to stop possessing humans. 
Meanwhile a yogurt producer targets Eric during a crazy commercial campaign that aims to make Quantal yogurt the most wanted yogurt in the country by means of addictive "commercial ghosts" mixed to the yogurt.
Through many funny adventures and misadventures, Eric, Rex and the ghosts from the self-help group succeed in saving the world and Eric's marriage.

Thanks to Curiosity Quill Press for the preview.




venerdì 26 ottobre 2012

When a man cannot choose he ceases to be a man. [A. Burgess]



Qualche giorno fa mi è tornato in mente un racconto di Dino Buzzati, Il disco si posò.
Per qual motivo mi sia tornato in mente, non saprei dirlo, ma ormai ho imparato che il mio cervello viaggia per sentieri a me sconosciuti e ho da tempo stabilito di lasciarglielo fare.

Il racconto parla di una coppia di extra-terrestri che una sera atterra sul tetto di una chiesa, sul nostro mondo. Il curato li osserva e nota la loro curiosità nei confronti della croce, così si offre di spiegare loro il significato di un tale simbolo. Lo fa, partendo da Adamo ed Eva, fino ad arrivare alla venuta di Gesù, alla sua morte e alla sua resurrezione.
Gli alieni sono stupefatti: anche sul loro pianeta esiste l'albero della conoscenza del bene e del male, proprio come nell'Eden biblico. E anche a loro Dio aveva comandato di non mangiarne i frutti. La differenza è che loro hanno obbedito!
Quale non è, poi, la loro sorpresa e indignazione nello scoprire che, una volta che Dio si fu preso la briga di scendere sulla terra per rimettere le cose a posto, gli esseri umani lo avevano ammazzato!
Inizialmente il curato è umiliato dalla purezza spirituale dei nuovi arrivati, ma subito ha un moto di orgoglio: ha scoperto che gli alieni non pregano, quindi è sicuro che si sentano molto soli, nonostante il loro comportamento impeccabile. Alla fine conclude che Dio preferisce di sicuro i terrestri, che, pur con tutte le loro pecche, alla fine della giornata gli rivolgono la parola, e che comunque una vita perfetta deve essere senz'altro una vita noiosa.

Dino Buzzati è un autore che apprezzo: i suoi racconti dicono sempre qualcosa e personalmente mi piace anche il suo stile di scrittura.
Il disco si posò mi lascia la bocca piena di osservazioni, che in alcuni casi hanno forse più a che fare con il mito della creazione che con il racconto in sé.

Per prima cosa, direi che il concetto di libertà di scelta rimane pesantemente mortificato dalle minacce, e questo vale sempre, in ogni contesto, la mia non è una presa di posizione anti-religiosa.
In bocca a Dio sono state messe le parole del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare: perché nel giorno che tu ne mangerai, per certo sarà la tua morte.
Considerato che Adamo ed Eva erano appena stati creati e non avevano mai visto né conosciuto nulla prima di quel momento, sicuramente non avevano idea 1) di trovarsi in un paradiso; 2) di cosa fosse bene; 3) di cosa fosse male; 4) di cosa fosse morte.
Mi spiego: un conto è dire a qualcuno Se ti butti dal dodicesimo piano ti spiaccichi al suolo, perché le cose cadono sempre dall'alto verso il basso e il marciapiede è più duro di te; un altro è dirgli Tieni questa cosa bellissima, ma non devi usarla mai altrimenti succederà qualcosa che non sai cos'è e io non te la spiego.
La prima differenza tra le due frasi è che nel primo caso si tratta di una legge fisica ineluttabile, mentre nel secondo caso è una decisione arbitraria del proprietario della cosa bellissima.
La seconda differenza è che nel primo caso ho effettivamente una scelta: mi è stato spiegato in modo comprensibile cosa mi succede se decido di buttarmi dal dodicesimo pino. Nel secondo caso, invece, vengono utilizzati termini che esprimono concetti sonosciuti: come posso scegliere consapevolmente, se non comprendo di quali conseguenze si sta parlando?
Citando Pratchett & Gaiman, dal loro "Good Omens": People couldn't become truly holy, he said, unless they also had the opportunity to be definitely wicked (= Le persone non possono diventare davvero sante, disse, a meno che non abbiano anche l'opportunità di essere completamente malvage).

Erano felici, Adamo ed Eva, prima di mangiare il frutto proibito? Come potevano esserlo? O in ogni caso: come potevano rendersi conto di esserlo? Non avevano conosciuto altro! Non avessero dato retta al serpente, prima o poi all'albero sarebbero arrivati comunque spinti dalla noia! In questo sono d'accordo con il don Pietro del racconto; gli extra-terrestri, con la loro vita da perfettini primi della classe si dovevano annoiare di brutto!
Ma qui abbiamo una contraddizione, perché invece di annoiarsi debitamente, gli alieni sono addirittura riusciti a costruire un'astronave che ha permesso loro di viaggiare nello spazio e raggiungere il nostro pianeta, prima che noi fossimo in grado di farlo! Il che significa che tutte le scoperte che abbiamo compiuto noi esseri umani (e molte altre), sono state compiute anche da loro: il fuoco, per esempio, o la ruota. Solo che mentre noi - avendo acquisito la conoscenza del bene e del male - siamo in grado di utilizzare ogni scoperta in modo costruttivo o distruttivo, loro possono utilizzare ciò che scoprono solamente... aspetta un attimo: se non conoscono né il bene, né il male, come possono utilizzare bene o male ciò che scoprono?
Secondo me, in una situazione di assenza della conoscenza dei concetti di bene e male, non si scopre un bel niente. Perché se non si sente il bisogno di migliorare la propria condizione, non si inventa né si scopre niente, ma il bisogno di migliorare la propria condizione si avverte solamente se si è consapevoli che detta condizione possa essere migliorata, ergo: bisogna conoscere e saper distinguere ciò che è bene da ciò che è male, ciò che è meglio da ciò che è peggio.

In conclusione: se teniamo per buono il racconto dell'albero della conoscenza del bene e del male, i due extra-terrestri non sarebbero mai potuti atterrare sul tetto della chiesa di don Pietro.

In quanto al fatto che Dio preferisca gli esseri umani, credo che questo cozzi con il concetto cristiano di Dio creatore e padre: un padre non deve fare preferenze tra i suoi figli!
E se ci avesse davvero creati desiderando per noi una vita senza conoscenza di bene e male, di cosa dovrebbe essere contento? Ciascuno di noi sceglie in continuazione di agire bene o male!
Mi tornerebbe di più se Dio avesse concesso la conoscenza del bene e del male agli esseri umani e poi avesse detto Mò, adesso io sono contento solo se scegliete il bene. (Sebbene il seguito debba in questo caso essere E però se scegliete il male vi punirò per l'eternità, la scelta non è proprio liberissima, eh. Dev'essere anche per questo, che tanta gente sceglie alla fine di non credere neanche a una parola di questa storia...)

giovedì 25 ottobre 2012

Ready Player One


"You're probably wondering what happened before you got here. An awful lot of stuff, actually. Once we evolved into humans, things got pretty interesting. We figured out how to grow food and domesticate animals so we didn't have to spend all of our time hunting. Our tribes got much bigger, and we spread across the entire planet like an unstoppable virus. Then, after fighting a bunch of wars with each other over land, resources, and our made-up gods, we eventually got all of our tribes organized into a 'global civilization'. But, honestly, it wasn't at all organized, or civilized, and we continued to fight a lot of wars with each other. But we also figured out how to do science, which helped us develop technology. For a bunch of hairless apes, we've actually managed to invent some pretty incredible things. Computers, Medicines. Lasers. Microwave ovens. Artificial hearts. Atomic bombs. We even sent a few guys to the moon and brought them back. We also created a global communication network that let us talk to each other, all around the world, all the time. Pretty impressive, right?

"But that's where the bad news comes in. Our global civilization came at a huge cost. We needed a whole bunch of energy to build it, and we got that energy by burning fossil fuels, which came from dead plants and animals buried deep in the ground. We used up most of this fuel before you got here, and now it's pretty much all gone. This means that we no longer have enough energy to keep our civilization running like it was before. So we've had to cut back. Big-time. We call this the Global Energy Crisis, and it's been going on for a while now.

"Also, it turns out that burning all of those fossil fuels had some nasty side effects, like raising the temperature of our planet and screwing up the environment. So now the polar ice caps are melting, sea levels are rising, and the weather is all messed up. Plants and animals are dying off in record numbers, and lots of people are starving and homeless. And we're still fighting with each other, mostly over the few resources we have left.

[Ready Player One by Ernest Cline]

martedì 23 ottobre 2012

Sometimes...



Sometimes
 
I miss

All the lives

I haven't lived

All the places

I haven't been to,

All the people 

I haven't met,

All the stories

I haven't heard. 




lunedì 22 ottobre 2012

What I really meant...



- Mamma, che film è questo: "Biancaneve e il cacciatore"? Da dove arriva?

- Oh, me l'ha passato lo zio. Lui ha detto che non è male, ma io sono poco convinta. 

- Uhm. Come mai?

- Mah, tanto per cominciare non sopporto l'attrice che fa Biancaneve.

- Ihihihih, è vero, è la stessa di Twilight! Quella scema di Bella! E poi?

- E poi, boh. Non so, ho letto dei commenti che dicevano quanto poco credibile fosse la situazione in cui Biancaneve si trova, tipo che resta imprigionata per secoli e appena la tirano fuori dal suo buco si mette a roteare come Bruce Lee. Comunque non l'ho visto, non basarti su quello che dico perché potrei non avere ragione! 

- Okay. In effetti, penso che in fondo lo guarderò.

- Davvero?

- Sì... Metti che un sabato piove e io sono a casa malato...! 

martedì 16 ottobre 2012

For my dreams I hold my life [Nightwish]


Robin Hobb & Tuomas Holopanien
Seattle, September 2012



Due tra le persone che ammiro di più al mondo, per quello che sono capaci di creare e di suscitare con i loro pensieri, le loro parole e la loro arte. E si sono incontrate! Magari la prossima volta ci sarò anch'io!!!

lunedì 15 ottobre 2012

Good books, like good friends, are few and chosen. [Louisa May Alcott]


Ci sono, eh, sono sempre viva e vegeta.
Un po' nostalgica, forse. Togliamo pure il forse, ma è una nostalgia piacevole, che ispira ricordi dolci e sorrisi sereni.
Ho trascorso una settimana di vacanza in Italia, facendo base a Milano e spostandomi un po' qua e là.
È stata una settimana all'insegna del vedere persone, e in questo devo dire che si è trattata veramente di una settimana estrema!
Si va dalla reimpatriata con aperitivo in centro a Milano con le compagne delle elementari, al pomeriggio con liquore al pistacchio e torta al cioccolato davanti a un caminetto scoppiettante a casa del mio fratellino & girl, al raduno del Giardino Segreto (gruppo su aNobii) nella giornata di sabato in quel di Parma: da conoscenze vecchie di una vita a persone mai viste prima.

Ci sono stati i bambini delle elementari di Novara che mi hanno accolto con entusiasmo e affetto, a cui ho raccontato leggende pellerossa e con cui ho costruito acchiappasogni coloratissimi (e che mi hanno invitato a pranzo con loro: ho accettato, mettendo a repentaglio i miei timpani non allenati!).

C'è stata la merenda all'ospizio con la bisnonna, con i suoi occhi indimenticabili, che sprizzavano tutta la gioia del mondo a vederci lì con lei e per lei.

C'è stata la cena con i nipotini, mentre Luca e il cuginetto si sfidavano a tutti i giochi della Wii più uno, la nipotina mi si appollaiava in braccio e mi raccontava di tutti i suoi regali per il compleanno e delle sue innumerevoli maestre, un po' italiane e un po' straniere chissà-da-dove.

C'è stata la cena con i fratelli racimolati nel milanese per l'occasione, conclusasi con panettone e carole natalizie a sorpresa.

C'è stata la camminata fino in Duomo, di libreria in libreria, alla disperata ricerca di due titoli che non trovavo - e alla fine sono tornata a casa con un terzo aggiunto: le librerie sono luoghi di perdizione, quando fanno il 40-50% di sconto, poi, sono veramente irresistibili!

E ci sono state le due forme di pane di zucca cucinate nel forno della mamma; Sara da andare a prendere all'uscita della sua nuova scuola; i suoi primi compiti "a tema"; il cane che mi è venuto a svegliare domenica mattina alle 6.30 scodinzolando e portandomi speranzoso la pallina; la pizza con la mia amica Chiara-un-nome-una-garanzia; il museo egizio a Torino, dove qualcuno dei nuovi amici di aNobii si è fatto vivo per mostrarmi le bellezze della città; una più vecchia conoscenza di aNobii incontrata a sorpresa in aeroporto...

Insomma, è stata una bella settimana: bella da vivere e bella da ricordare.

Parma - IV Raduno del Giardino Segreto di aNobii

lunedì 1 ottobre 2012

I know what I need! Fish fingers and custard! [The Doctor]

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- In bocca al lupo per il test di biologia! Ti ricordi tutto per bene?

- Credo di sì, non era difficile.

- Ripasso rapido dell'ultimo minuto: ripetimi i vari passaggi del cibo nel sistema digerente!

- Okay! Bocca, denti, lingua, saliva, esofago, stomaco, succhi gastrici, intestino, PROT. 

- PROT? Prot è giusto, ma in biologia si chiama...

- Uhm... Sedere? Didietro? Posteriore?


[Luca, anno 2012]
 

venerdì 28 settembre 2012

Time is more complex near the sea. [John Steinbeck]

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- Mamma, sono troppo agitato, non riesco a dormire.

- Vieni qui! Sdraiati vicino a me, ci rilassiamo insieme. ...Pronto?

- Sì...

- Allora immagina di essere sdraiato sulla sabbia, in riva al mare. Respira profondamente, e pensa alle onde che vanno avanti e indietro sulla spiaggia. Lentamente... inspira, l'onda viene verso di te; espira, l'onda torna al mar--

- Ma l'acqua mi bagna oppure no? 

- Come preferisci tu, immagina quello che vuoi, devi sentirti a tuo agio.

- Okay. Allora le onde mi coprono, come una coperta.

- Va bene. Ricominciamo: inspira, l'onda viene su di te; espira, l'onda si ritira dolcemente. Inspira... espira... inspira... espira... insp--

- Eh, mamma? Ci sarebbe un problemino.

- Quale?

- Con tutte queste onde che vanno avanti e indietro su di me e sulla spiaggia, adesso ho la bocca piena di sabbia! 

[Luca, anno 2010]

mercoledì 26 settembre 2012

Imagine all the people living life in peace. [John Lennon]

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Mentre cammino per le strade di Berlino, indosso scarpe spagnole.

Sulla spalla sinistra sta appesa la borsa per il laptop, fatta a mano ad Amburgo.

Sulla spalla destra, la borsa con i miei effetti personali, con disegnata sopra la bandiera del Regno Unito.
Dentro detta borsa si trova il mio Kindle americano, che ospita testi in italiano, in inglese e in tedesco.
La borsa contiene anche una sciarpa di cotone realizzata in Nepal (?) equo-solidalmente; un CD prodotto in Germania; un libro cartaceo in inglese; un DVD di una serie televisiva tedesca e altri ammennicoli di svariata provenienze.
C'è anche un portafoglio, con la scritta "LONDON COLLEGE" in bianco su fondo blu, che contiene 5 biglietti della Metro parigina e 2 della U-Bahn berlinese, oltre a una moneta da 2,00 € irlandese.

Nella mano destra porto un sacchetto che contiene due piatti di spaghetti e verdure "to go" presi al chioschetto cinese.

Nella tasca destra del mio tedeschissimo giubbino tengo le chiavi di casa, attaccate a un portachiavi che raffigura un pupazzetto francese.

Non è bello avere l'internazionalità addosso? Non è bello sentirsi parte del mondo intero, sapere di essere collegati con persone che non vedremo mai e non conosceremo mai, che vivono dall'altra parte del pianeta?
Mi dicono che tutto questo è possibile perché dall'altra parte del pianeta queste persone che non vedrò e non conoscerò mai vivono praticamente da schiave.
Mi dicono che altrimenti non potrei vivere questa internazionalità, che senza lo sfruttamento di milioni di persone sarebbe impossibile accorciare le distanze tra un posto e l'altro nel mondo e sarei confinata entro un raggio di pochi chilometri, mentalmente e fisicamente.

Io non ci credo, posso non crederci?
Posso anche credere che per tutti i privilegi di cui godo devo ringraziare lo squilibrio sociale del mondo, ma mi rifiuto di credere che in altro modo non sarebbe stato possibile ottenere tali privilegi per tutti. E se anche fosse vero, se non fosse possibile ottenere esattamente questi stessi privilegi... ma chi se ne frega? Vogliamo dirlo, che noi esseri umani potremmo essere felici anche senza I-Phone 5? Senza playstation? Avremmo probabilmente altro, possibile che non siamo capaci di immaginarci felici in una condizione differente da quella in cui già siamo? E se anche avessimo un po' meno, ma lo avessimo tutti...? Non sarebbe infinitamente meglio?

Preferirei pensare con gioia a chi sta dall'altra parte del mondo, piuttosto che con sensi di colpa che non possono sfociare in niente di utile perché sono incastrata in un sistema che non mi permette di vivere altrimenti.

martedì 25 settembre 2012

Shall I not have intelligence with the earth? [Henry David Thoreau]

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E così, quest'anno ho fatto il mio piccolo P.O. (Progetto Orto).

Dopo tanta teoria e auto-didattica, ho comprato un sacco di terra, una scatola di compost e qualche sacchettino di semi.
Ho dato avvio alla mia mini-serra privata sui davanzali in camera da letto, baciati dal sole primaverile: lattuga, coste, peperoni e peperoncino sono sbucati dal terriccio verdi e promettenti.
Quando fuori la temperatura ha cominciato a essere tollerabile e le mie creature hanno cominciato a mostrare i muscoli, ho trapiantato le coste e spostato all'aperto i vasi con lattuga, peperoni e peperoncino.
Siamo riusciti ad assaporare la lattuga, a farla ricrescere e ad assaporarla una seconda volta, prima che l'estate alluvionale la annegasse senza pietà.
Peperoni e peperonicino hanno subíto un blocco della crescita, passando dal davanzale della camera da letto al giardino, e un giorno una lumaca più ardimentosa delle altre si è divorata i due centimetri di stelo verde che spuntavano dalla terra.
Nel frattempo, mi ero procurata due piantine di pomodoro e le avevo sistemate in un punto soleggiato del giardino.

È giunto il momento di tirare le somme e con estrema soddisfazione posso affermare di aver messo a dura prova il mio proverbiale pollice nero.Perché qualcosa è cresciuto, e qualcosa è sopravvissuto!

Questa sera, prima di cena, sono andata in giardino munita di un paio di forbici per tagliare qualche foglia dalle piante di coste.
La vicina di sinistra era intenta a zappettare in mezzo a un tripudio di fogliame - presumibilmente rape o qualcosa della famiglia.
Ci siamo salutate e scambiate i soliti convenevoli.
Mi vede armata di forbici in zona coste e chiede: Uh, che bello, cos'è? Una qualche verdura italiana?
Rispondo: Uhm, veramente sono coste.
Lei: Ah. Non dovrebbero essere un po' più grandi?
Io: Eh, uh, ecco. Forse la terra non è molto buona? Non so, non avevo mai avuto un orto prima...
Lei: Ah, certo, la terra non è un granché. Però sono così carine!

Coste piccole ma così carine.

Tornando in casa con il mio mazzo di coste tra le mani, mi è caduto l'occhio sulle piante di pomodoro del vicino di destra: alte due metri e piene di frutti rossi, grossi e visibilmente polposi.
Il che mi ha portato alla memoria i miei pomodori, frutto delle mie piantine, orgoglio e vanto del mio orto e dal sapore di sole e di verde. I miei cinque pomodori.

I miei cinque pomodori, quando erano ancora tre.
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