WE OWE IT TO EACH OTHER,
TO TELL STORIES.

Neil Gaiman

CARESS THE TALES
AND THEY WILL DREAM YOU REAL.

Nightwish

STORIES AND SONGS
ARE THE LANGUAGE OF THE HEART.

Stephen Lawhead


ALL STORIES ARE TRUE.
Patrick Rothfuss

A DREAMER IS ONE WHO CAN ONLY FIND HIS WAY BY MOONLIGHT,
AND HIS PUNISHMENT IS THAT HE SEES THE DAWN
BEFORE THE REST OF THE WORLD.
Oscar Wilde

THE CORE OF ALL LIFE
IS A LIMITLESS CHEST OF TALES.

Nightwish
ALL THE TRUTH IN THE WORLD
IS HELD IN STORIES.

Patrick Rothfuss

sabato 22 dicembre 2012

And then I understood that it was all machine-sewn. [Henrik Ibsen]


- Ah, e poi nei giorni in cui sei qui avrò bisogno del tuo aiuto: devo fare l'orlo a un paio di jeans. 

- Va bene, mamma, no problem: te lo faccio io.

- Ma no, non è necessario, basta che mi aiuti a prendere le misure, poi faccio io!

- Tu? Cioè, vuoi dire che tu ti metti a cucire?! Ma è davvero la fine del mondo, allora!

- Ah-ah, simpatica. È che ho trovato un tutorial su Pinterest, e sembra facilissimo! 

- Er... Mamma, sì che è facilissimo: infili l'ago e lo tiri fuori, lo entri e lo esci, lo entri e lo esci, lo entri e lo esci...

martedì 18 dicembre 2012

La burocrazia è la scienza dell'intercapedine. [Cesare Mori]



Ho saputo che recentemente sono passati in tv diversi servizi su Berlino e la Germania, da cui appare che qui tutto funziona alla perfezione e insomma W l'organizzazione tedesca, ecc.
Ora quindi mi sento in dovere di rivelarvi ciò che nessun servizio tv vi dirà mai: avete presente il demone della burocrazia? Quello che vi fa smoccolare da un ufficio all'altro, in cerca di un certificato che da un lato vi si presenta come indispensabile e dall'altro manco sanno che esista...? Ecco, tale demone esiste anche qui e ha un'aggravante mostruosa: parla tedesco!!!!!! Parole chilometriche dal significato misterioso lurkano nell'oscurità e vi ghermiscono quando già pensavate di essere alfine giunti, non senza avventurose peripezie, alla fine del (ventesimo) formulario.

Oggi mi è capitata l'ennesima situazione tipica da burocrazia teutonica: ho deciso di revocare il mio "Steuernummer", una specie di partita iva. Vado all'ufficio, e consegno il mio nome e il suddetto numero all'impiegato spiegandogli cosa voglio fare. Costui cerca nel sistema, e mi fa sapere che quel numero che gli ho dato non è più valido dal 2008.
Gli faccio sapere che sì, in effetti nel 2008 avevo chiesto di chiuderlo, ma lo avevo riaperto in quello stesso ufficio meno di un mese più tardi. Quello stesso ufficio mi manda ogni anno a giugno una lettera che riporta quel particolare numero e che mi ricorda di presentare la dichiarazione dei redditi, cosa che faccio puntualmente ogni luglio, utilizzando proprio quel numero lì.
Ebbene? Il sistema dice che il mio numero non è più valido dal 2008, quindi devo andare al piano di sopra, in quel tale ufficio, per cercare di chiarire la cosa. Però quel tale ufficio non è aperto in questo momento, devo tornare giovedì - altra eventualità totalmente tipica.

Ringrazio e saluto e poi mi infilo su per le scale - ho un addestramento burocratico italiano da far impallidire i già pallidi nordici, io!

Busso alla porta dell'ufficio aperto solo di giovedì e *cough* dico che dal piano terra mi hanno detto di salire. Che non è proprio una bugia al 100%.
Il mio tedesco stentato commuove una impiegata (e questo è un miracolo di Natale, non la norma) che ascolta la mia triste storia, apre la mia pagina sul pc, e conferma che il mio numero è valido. Quindi mi porge il formulario di rito e mi aiuta a compilarlo. E questo è un altro immenso miracolo, non potete avere idea di quanto sia immenso.

domenica 16 dicembre 2012

Self righteousness belongs to narrow-minded. [Toba Beta]

 
La settimana scorsa ho fatto un'imprevista capatina in una libreria dell'usato.
Proprio prima di uscire, ho visto esposto il libro Tuck Everlasting di Natalie Babbit. Siccome un paio di anni fa ne avevo letto una citazione che mi era piaciuta molto e avevo tentato di ordinarlo senza successo, l'ho arraffato immantinente e me lo sono portato a casa, dove l'ho letto in poche ore, considerato che è un libro breve, per bambini.
Si tratta di una fiaba, i cui protagonisti sono i quattro membri della famiglia Tuck, che, dopo aver bevuto acqua da una sorgente nel folto di un bosco, scoprono che per loro il tempo si è fermato: non invecchiano, né muoiono.
La descrizione della fonte è bella di per sé: si dice che il tempo è una ruota che gira, e quella sorgente è il centro della ruota, che sta fermo. Con tinte molto delicate, il racconto si snoda attorno ai temi importanti di vita, morte ed eternità.

La frase che mi aveva colpito due anni fa, e che mi aveva spinto a cercare di procurarmi il libro, è questa: Don't be afraid of death; be afraid of an unlived life. You don't have to live forever, you just have to live. ["Non aver paura della morte, temi piuttosto una vita non vissuta. Non è necessario vivere per sempre, l'importante è vivere."]

Ora è successo questo: sulla mia pagina facebook mi piace condividere le citazioni che mi piacciono. Sia due anni fa, quando l'avevo appena letta, sia l'altro giorno, dopo averla riletta, l'ho postata sulla mia bacheca. E sia due anni fa, sia l'altro giorno, ci ho poi trovato sotto dei commenti.
In particolare, si è trattato in entrambe le occasioni di commenti da parte di persone lontanissime da me e dalla mia vita, delle quali non saprei assolutamente nulla, se non fosse per facebook che mi aggiorna, e che non si sono mai sognate di commentare alcunché di mio in precedenza. Persone, in entrambi i casi, che si professano cristiane. E che non lo fanno discretamente, con le proprie azioni. Lo fanno strombazzandolo a parole, anche su facebook. Il tipo di persone che danno l'impressione di considerarsi migliori degli altri, anche se probabilmente non lo ammetterebbero mai apertamente.

Beh, per tagliar corto: in entrambi i casi il commento era negativo. Bocciava cioè il concetto espresso dalla citazione. La ragione addotta è che il cristianesimo afferma che noi vivremo sì per sempre, che la morte non è che un passaggio, che la vita terrena è un sacrificio, che l'unica cosa davvero importante è l'eternità (sottinteso evidente: che comincia dopo che siamo morti).
In un caso sono stata giudicata superficiale per avere accettato un'idea vaga e ambigua come veritiera. L'idea vaga e ambigua sarebbe quella di "vita piena", concetto da me espresso in un tentativo di replica, nel quale proponevo di considerare che "non temere la morte" e "vivere" non facessero a botte con un credo religioso che prometteva l'eternità.
Attenzione: le espressioni "temi piuttosto una vita non vissuta" e "l'importante è vivere" sono state giudicate vaghe e ambigue solo in seconda battuta, quando ho fatto presente che il sottinteso "vita dissoluta e sprecata" fosse arbitrario. Il primo significato attribuito da queste persone, infatti, era precisamente quello: vivere a fondo la propria vita = buttarla via.

È chiaro che, proprio per la sua natura, una citazione è breve e non potevo certo ricopiare l'intero libro per esser certa che chi leggesse capisse l'esatto valore di quella frase. Trovo però quantomento curioso, che questi cristiani dichiarati abbiano avuto l'immediata reazione di leggerci il significato più biasimabile.
Mi viene da domandarmi: come mai? Ma eventuali motivazioni sarebbe meglio lasciarle a un'accurata auto-analisi dei soggetti in questione. Che, se la facessero, forse smetterebbero di essere così arroccati nel loro senso di auto-giustizia e mostrerebbero il critianesimo come una strada di vita piena di significato, invece che un rifugio per persone acide e pettegole, pronte a pensar male di tutti gli altri e a sparare giudizi.

giovedì 6 dicembre 2012

Above all, be the heroine of your life. [Nora Ephron]



Su Facebook esistno miriadi di gruppi.
Per qualunque cosa possiate immaginare, e anche per qualunque cosa che non sarete mai in grado di immaginare, esiste un gruppo di persone che si scambia opinioni e commenti.

Sono recentemente capitata nell'ennesimo gruppo di italiani che vivono a Berlino. Pare che gli italiani che abitano a Berlino amino creare gruppi su facebook, blog e cose così, dove incontrarsi per dare e trovare consigli, informazioni utili, a volte addirittura un appartamento o un lavoro. Più spesso per criticarsi in base alla presunta italianità vs cruccaggine, ma va beh.

Pochi giorni fa una tizia, presumibilmente nuova in città, ha chiesto urgenti consigli per affrontare il freddo, poiché le si era gelato il rimmel e andando in giro le pareva di somigliare a un sacco di patate con i tacchi. Consideriamo che ancora il freddo berlinese non è arrivato, non nevicava neppure.
Al consiglio, arrivatole da più voci, di levarsi i tacchi, che per carità non sono proprio adatti all'inverno nordico, lei ha risposto che piuttosto sarebbe morta, ma con i tacchi, perché lei è una donna.
Ora la mia prima reazione è stata: cara mia, se ti servono i tacchi per essere sicura di essere donna, mi sa che sono più donna io con i miei jeans e i miei scarponcini da trekking, e che dubbi cromosomici del genere non li ho mai!
Okay, okay: il tono era sicuramente scherzoso, ma personalmente è una cosa che mi ha sempre stressato moltissimo, l'abitudine tutta italica di fissarsi sul look. Arrivata a Berlino, dove la gente normalmente si veste in modo pratico, o anche solo come le gira quel giorno, ho tirato un bel respirone di sollievo! Nessuno che ti squadra quando sali sul vagone della metro per storcere il naso di fronte ai tuoi abbinamenti poco à la page, o al tuo cappottino dello scorso anno... che meraviglia!
Poi ogni tanto incontri un italiano, o un'italiana, che non fanno altro che criticare la maniera di vestire degli autoctoni: e le scarpe fanno pena, e i vestiti ommieidei, e i parrucchieri non sono capaci di far niente... una litania di lamentele lunga così, da chi magari in Italia con 18°C mette gli stivali con il pelo e qui insiste a girare con i tacchi anche con 5 cm di neve.

E mi sono levata questo rospo dalla gola.

sabato 1 dicembre 2012

What's this? There's white things in the air! [Jack Skellington, The Nightmare Before Christmas]

 
È il primo giorno di dicembre.
Questa mattina, quando mi sono alzata, stava nevicando. Poca poca, una spruzzata di zucchero a velo che si sta già sciogliendo, ma ci ha salutato così la prima neve dell'inverno.
Ieri pomeriggio abbiamo rivestito il nostro consueto alberello "minimalista" di Natale e aggiornato la ghirlanda appesa alla porta di casa: invece di essere decorata con foglie marroni e arancioni che parlano di autunno, ora sfoggia un bel fiocco rosso, dei rametti di sempreverde e delle piccole palline bianche e verdi.


E ho aperto la scatolina di Adventstee regalatami ieri da Elvira, la responsabile del centro culturale italo-tedesco La Melograna, con la quale collaboro organizzando il Caffè Letterario e con la quale ho anche stretto una bella amicizia.


Si tratta di un pensiero bellissimo, soprattutto per chi, come me, ama il tè: la scatola contiene infatti 24 bustine di tè, una diversa dall'altra e una per ogni giorno di dicembre, fino a Natale. Un calendario dell'avvento: senza finestrelle da aprire e cioccolatini da mangiare, ma con un buon tè da bere al calduccio ogni giorno.

Aprendo la scatola, ecco cosa si trova:


Dalla porticina si intravedono le bustine di tè, sotto una bella ghirlanda con angioletti e decorazioni. La scritta a destra recita: Sai cosa ti auguro di tutto cuore...
E ogni giorno, infatti, si riceve un augurio. Quello di oggi era: Ti auguro di trovare il tempo per cucinare i tuoi biscotti preferiti.
Il tè del primo dicembre, che ho bevuto questa mattina, era la "tisana delle notti d'inverno": rosa canina, ibisco, buccia d'arancia, cannella, garofano, pezzettini di mela, e poi profumo di arancia, mandarino, garofano, cannella e lavanda.

Dicembre mi piace, tutto è più bello e sorridere è un po' più facile.