ovvero: Lunghe Riflessioni Personali.
Scrivere mi è sempre piaciuto. Una passione seconda solamente alla lettura.
In entrambi casi, si tratta sotto sotto di una fuga. Fuga da pressoché qualunque cosa mi turbi al momento, o semplice fuga-e-basta: un andare lontano, da qualche altra parte.
Fin da bambina leggevo, leggevo, leggevo... Un libro dopo l'altro, dopo l'altro e un altro ancora, e la mia capacità di immaginazione si formava. Così, da sola.
Con la fantasia si nasce? Boh, e che ne so? Può darsi, ma la fantasia può essere educata, se non inculcata.
Inventare una storia di sana pianta è possibile? Mmmmmhhh... non ne sono sicura. Leggendo, ci si rende conto che è stato pressoché inventato tutto e il contrario di tutto. Come essere originali?
Credo né più e né meno come fa un musicista a inventarsi un brano nuovo con le solite, vecchie sette note. Uno che scrive ha a disposizione sempre le stesse 26 lettere dell'alfabeto (lettera più, lettera meno... poi se scrive in cirillico o in arabo chiaro che le cose cambaino... ma sto divagando) e il suo compito è combinarle in modo da creare una storia nuova.
Prenderà idee da qualcosa che è già stato scritto in passato? Più che probabile. Però può stare un po' attento: se mette la frase "Sono tuo paddddre!!" in bocca al Cattivo che combatte all'ultimo sangue con il Buono, beh. Non è colpa del lettore se fiuta una scopiazzatura, no?
Se una storia che leggiamo ci piace, e abbiamo velleità artistiche, magari ci viene da pensare, Caspita, avrei voluto scriverla io!
Pensarlo è umano, metterlo in atto è diabolico: la storia è già stata scritta, la tua sarà solo un infame plagio, probabilmente peggiore.
Supponiamo che il nostro scrittore to be abbia superato la "fase plagio". Ha un'idea che gli par buona, la mette giù. Ma si sa, come sono i personaggi: mica sempre fanno quello che ha in mente l'autore. (Se non capite questa affermazione, evitate pure di proseguire, non credo che capireste il seguito) (Sí, faccio la sbruffona)
Un autore che costringe i propri personaggi a fare cose contrarie alla logica, al buon senso, al loro carattere, alle leggi fisiche... pur di far raggiungere alla storia il finale che lui ha in mente, non è un bravo scrittore. Magari il finale è da botto, ma il percorso è talmente scivoloso e improbabile da togliergli sapore.
Idea mia, eh, per carità. Da lettrice appassionata, ritengo che un libro sia bello in quanto punto di partenza, viaggio E destinazione. A volte la partenza fa un po' cilecca, ma viene riscattata dal viaggio e dalla destinazione. Può capitare di partire nella periferia sporca e putrida di una grande città, per ritrovarsi poi in mezzo a campi di grano e papaveri e raggiungere la cascata più bella del mondo (metaforicament parlando, ricordo che sto sempre parlando di storie).
Altro è partire in Paradiso, scendere in Purgatorio e finire all'Inferno. Non si può provare un incipit diecimila volte, trovare quello perfetto e vomitare fuori tutto il resto.
Un libro deve essere scritto bene: niente errori, niente passaggi da rileggere tredici volte per identificare il soggetto e capire dove si nasconde il verbo, niente ripetizioni (sono come stecche in un brano musicale), niente punteggiatura a singhiozzo... insomma, scritto bene. E questo si impara. Si impara a forza di leggere libri scritti bene; si impara usando un dizionario; si impara provando e cestinando; si impara facendosi correggere di buon animo quel che si è scritto... ci sono centomila modi di imparare: scrivere bene non vuol dire mettere in ordine le lettere dell'alfabeto in maniera che formino parole di senso compiuto e dare una ripassata al tutto con il "correttore ortografico".
Un bel libro ha personaggi credibili, che prendono vita pagina dopo pagina, che crescono, cambiano, muoiono. Personaggi che hanno un passato: anche se non è pertinente alla storia narrata deve esistere, quantomeno nella mente dell'autore. Si capisce, quando un personaggio ha vissuto vent'anni prima di fare la sua comparsa in una storia in cui ne ha 21, oppure se è nato il giorno prima. Si capisce, poco da fare. Questo vale sia per il personaggio Noioso Direttore dell'Ufficio Postale, sia per l'Investigatore Privato Fikissimo, sia per il Pagliaccio, sia per la Creatura Fantastica.
Un Vampiro che esiste? Dracula (Dracula, Bram Stoker); Lestat, Armand (Anne Rice).
Un Vampiro che non esiste? Edduccio Cullen (Twilight, Stephenie Meyer).
Una svampitella che esiste? Becky Bloom (Shopaholic, Sophie Kinsella).
Un investigatore che non esiste? Nathan Love (L'Ultimo Testamento , Philip Le Roy).
Un Cattivo che esiste? Regal (The Farseer Trilogy, Robin Hobb).
Un Cattivo che non esiste? Herr Spiegelmann (Wunderkind, D'Andrea).
Ho sentito dire più di una volta: "bisogna scrivere solo di quello che si conosce".
Ma Jessica Fletcher (nientemeno! La mitica Signora in Giallo!) in una puntata disse che non è vero. MA aggiunse che l'importante è la coerenza interna. Signore e Signori. Ho citato Jessica Fletcher. Ovviamente non si tratta di una pietra miliare della letteratura, manco di un sassolino... eppure ci è arrivata. O meglio, il suo sceneggiatore ci è arrivato.
Non che ci voglia molto, è talmente ovvio che dovrebbe essere scontato. Ma non lo è, non nella letteratura contemporanea. Si vuole fare della narrativa sperimentale, probabilmente, accennando dei dettagli che incuriosiscono e lasciandoli inspiegati, per dare la possibilità al lettore di usare l'immaginazione.
Ora, io vedo diversi bachi in questa teoria, il più grande è che se voglio usare l'immaginazione mi scrivo una storia per conto mio. Se ne leggo una è perché ho voglia di vedere quel che un altro ha immaginato.
Poi, diciamolo: spingendo all'eccesso questa teoria, avremo storie di due pagine in croce, così concepite:
Drago affamato assale villaggio. Paesani fuggono. Tizio inforca bicicletta e imbraccia baionetta. Raggiunge Drago, tira schioppettata. Drago vira, va a sbattere contro montagna, muore. Tizio in bicicletta legge interiora Drago. Profetizza e diventa Precselto. Tutti lo seguono, circondano casetello su altissimo picco senza strade di accesso, mettono in atto piano infallibile, uccidono Orco. Villaggio salvo. Tizio in bicicletta sposa principessa.
A tutte le vostre perplessità riguardo a cosa ci faccia una bicicletta a disposizione di un tizio in un villaggio attaccato da un Drago; dove stesse il Drago fino a un attimo prima; da dove arrivi la baionetta e perché si trovi in possesso del Tizio in bicicletta; cosa se ne frega un Drago sputafouoco di una schioppettata; quando hanno preparato il piano infallibile e in cosa consiste; eccetera... c'è un'unica risposta: immaginazione.
Insomma, io ho poco tempo e pochi soldi e amo leggere romanzi. Non mi va di sprecare tempo e buttare soldi per leggere storie costruite a caso, scritte maluccio e che non mi dicono quello che ho bisogno di sapere per entrare nella storia e credere che sia vera.
Raccontare una storia è un'arte. Tu, Scrittore, mi devi incantare. E se mi dai qualche informazione, voglio potermi permettere di dare per scontato che sia vera. Perché adoro imparare in questo modo, senza accorgermene. E non voglio imparare cose sbagliate solo perché tu, per pigrizia, o perché amavi più la tua storia della verità (storica, o scientifica...) mi consegni un'informazione sbagliata.
Ci sono i gusti, cioè criteri di giudizio soggettivi, e ci sono ragioni, cioè criteri di giudizio oggettivi.
Consideriamo un Sacro Testo, Il Nome della Rosa.
Parlando di criteri soggettivi (=gusti) confesserò: non mi è piaciuto.
Parlando di criteri oggettivi, è uno dei libri più ben fatti in cui io mi sia imbattuta. Per le prime duecento pagine si respira un'atmosfera soffocante, pesante, densa e vischiosa. Ci si sente in trappola, l'idea di non poter uscire da qual convento fa sembrare affascinante l'idea di mangiarsi una manciata di chiodi arrugginiti. Non sarei sopravvissuta in quel convento, ora ne ho la certezza. Perché? Perché ho letto Il Nome della Rosa, che ti ci butta dentro, ti fa respirare l'aria che c'era lì, ti fa camminare nel buio e nell'umidità di quei corridoi, ti fa sdraiare in un mucchio di paglia puzzolente... Ogni singolo dettaglio è vero, è storicamente documentato. Se imparo qualcosa, posso stare sicura di avere imparato qualcosa di giusto.
Altro Mostro Sacro? Jane Austen, che non ha mai sollevato le sue britanniche chiappe dalla sedia. Ha decisamente scritto qualcosa che conosceva. Non ha scritto altro, in verità. E che cosa conosceva, Lady Austen? La vita dei salotti mondani inglesi, i pettegolezzi e i sotterfugi delle ragazze "per bene".
Non sembra esaltante, e infatti ci sono molti lettori che considerano le opere della Austen una Noia, con la ENNE maiuscola (= gusti). Eppure, Lady Jane racconta quel che succede in quelle case e in quei salotti con una freschezza e una semplicità che ti consentono di entrarci. Sei anche tu nel salotto insieme a Emma. Ascolti anche tu i pettegolezzi riguardo a Mr. Darcy e, guarda un po': ci credi anche tu, proprio come Elizabeth Bennet!
Scrivere si impara, come si impara a leggere, a cucinare, a cantare, a cucire, a pitturare una parete.
Posso cucinare, anche se non sono cuoco? Certamente, e posso anche invitare i vicini a cena una sera. Magari mi faranno i complimenti e se ne andranno deliziati, metti che sono tedeschi e gli ho cucinato le lasagne, questo è praticamente certo: piangeranno dalla commozione.
Posso dare una mano di bianco in casa anche se non sono imbianchino? E come no! Magari riesco anche a fare poche macchie sul pavimento, specialmente se si tratta dell'utima parete di casa.
Posso scrivere una storia, anche se non sono scrittore? Accomodati, ma abbi il coraggio di confrontarti.
1 ora fa
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