WE OWE IT TO EACH OTHER,
TO TELL STORIES.

Neil Gaiman

CARESS THE TALES
AND THEY WILL DREAM YOU REAL.

Nightwish

STORIES AND SONGS
ARE THE LANGUAGE OF THE HEART.

Stephen Lawhead


ALL STORIES ARE TRUE.
Patrick Rothfuss

A DREAMER IS ONE WHO CAN ONLY FIND HIS WAY BY MOONLIGHT,
AND HIS PUNISHMENT IS THAT HE SEES THE DAWN
BEFORE THE REST OF THE WORLD.
Oscar Wilde

THE CORE OF ALL LIFE
IS A LIMITLESS CHEST OF TALES.

Nightwish
ALL THE TRUTH IN THE WORLD
IS HELD IN STORIES.

Patrick Rothfuss

mercoledì 28 luglio 2010

Maledetti bastardi, sono ancora vivo!

Tra le cose che non sopporto proprio, ai primi posti, c'è la gente "di successo".

Okay, prima di dare fiato alla solita tromba che sbraita, tutta invidia, questa è la classica storia della volpe e l'uva, almeno fermatevi a considerare il mio punto di vista.
Che parte da una considerazione, in verità, molto, ma molto banale: da quel poco che sapete di me, credete veramente, in coscienza e in tutta onestà, che io possa essere invidiosa di qualcuno che è pieno di soldi perché li ha fregati a qualcun altro, seppure subdolamente? Spero che la risposta basti a placare ogni dubbio. Perché è un indignato NO.

Sto traducendo l'ennesima spatafiata di "lezioni per diventare una persona di successo", altresí dette "corsi per migliorare se stessi", oppure "automotivazione", oppure quello che volete, il risultato è lo stesso: già al titolo comincio a sentire la sensazione di nausea che preme alla bocca dello stomaco.

Le perle di saggezza di questi "Maestri" sono sempre, sempre, sempre le stesse: che lo scopo sia motivare un team di venditori di scopetti per water; spingere alla dieta una persona sovrappeso che non riesce a dimagrire; ispirare un manager che vuole ricevere una promozione... sentirete sempre le stesse cose.

Si parlerà di sogni, possibilmente di cuore, di visione, di futuro nonché di progetti.
Si propone il successo economico (o il raggungimento del peso-forma, ma la ricerca della ricchezza è più pericolosa) come unico tipo di aspirazione verosimile, si dà per scontata l'equazione ricchezza = felicità, aggiungendo a piacere tutte le variabili del caso (2 x ricchezza = 2 x felicità; 1000 x ricchezza = 1000 x felicità ... afferrato?).

Quindi è quella, la visione che tu devi avere per te stesso e se non ce l'hai non sei nessuno.
A questo punto, non c'è più limite: se il mio vicino di posto sogna due Ferrari e tre panfili, io sono una sfigata a visionare solo una Ferrari. Perché solo una? Penso forse di non meritarne una seconda, di non essere in grado di ottenerla? Ma perbacco, io devo essere la miglior me stessa che possa esserci, non vorrò mica porre limiti alla mia bravura/efficienza/cappero-volete-voi?!

La parte (immancabile!) delle testimonianze è pensata per fornire a noi, aspiranti persone di successo, la visione che ci mancava, la motivazione che non verrà mai meno, la perla che ci cambierà la vita. Massime come "nulla accade, se non è preceduto da un sogno" si sprecano, vengono proposte come scritte da porre a caratteri cubitali sullo screen-saver o come memo su un post-it appiccicato allo specchio del bagno. Mi chiedo se a nessuno sia mai venuto in mente di tatuarselo sull'avambraccio destro.

Mano a mano che vado avanti a leggere queste vaccate il mio stomaco si stringe sempre di più, sento già in bocca il sapore del panettone del Natale scorso.
Perché sono vaccate, mi dispiace. Sono le vaccate che la gente "di successo" si racconta e ci racconta per dare una giustificazione morale e santissima a tutto quel che di più o meno sporco ha combinato per arrivare dove è arrivata.
Ti insegnano che mentire va bene, oh certo non devi chiamarlo "mentire", in fondo se ci rifletti bene non è proprio "mentire". Quando giri un pochino la frase/le parole per essere sicuri che il tuo interlocutore capisca proprio proprio bene quello che vuoi fargli capire (che ha bisogno as-so-lu-ta-men-te del tuo fa-vo-lo-so scopino per il water, sebbene sia venuto da te per una friggitrice, per esempio).
Si tratta di aiutare le persone e cosa c'è di più bello, santo e giusto che diventare ricchi sfondati essendo consapevoli di avere aiutato tante persone?! (Inserire cori angelici a piacere)

Quante palle, quante enormi palle.
Invidiosa, ma di chi? Di qualcuno che non ha mai in tutta la propria vita superato la fase pedagogica dei tre anni di età? Entro quell'età, infatti, i manuali insegnano che un bambino non considera gli altri, per lui esiste solo se stesso e il mondo attorno a lui. È l'immagine della trottola. Quando va a dormire il mondo cessa di esistere perché lui non ne ha bisogno. Ma se ha bisogno ecco che tutti devono scattare sull'attenti. Una bugia non è ancora bugia, perché detta con innocenza, allo scopo inconsapevole di modificare la realtà secondo i propri bisogni, unica cosa importante.
Per queste persone "di successo" il mondo non ha mai cessato di esistere se non in funzione di loro stessi, delle loro necessità che poi sono cresciute in brame e desideri, che considerano loro diritti. Che qualcun altro possa rimetterci perché un loro desiderio/diritto sia soddisfatto è qualcosa di talmente avulso dalla loro mente, anche perché travestono la cosa da "bisogno altrui soddisfatto", per quanto le unghie possano stridere sul vetro nella spiegazione.
Nemmeno concepiscono, che ci sia qualcuno al mondo che non crede che il proprio valore sia misurato dal conto in banca, dai metri quadri della residenza, dal numero di auto intestate a suo nome.

Non sto raccontando balle, se affermate che la cosa non vi interessa o non fa per voi, vi dedicheranno un sorriso di compatimento e non vi crederanno.
Sosterranno che cercate delle scuse (quanto gli piace, questa parola! Non esistono mai delle spiegazioni, o dei punti di vista: sempre e solo scuse) per non dare del vostro meglio (giudicandolo con i loro parametri, ovviamente) nella vita di tutti i giorni; saranno convinti che quantomeno alla fine della giornata rivolgete loro un guizzo di invidia pensando al loro successo; vi bolleranno come "pigri"; decideranno di salvarvi da voi stessi invitandovi a un aberrante numero di meeting motivanti e sbattendovi in faccia il loro portafoglio (che spesso, attenzione, è molto meno gonfio di quanto vi mostrino, ma è una delle loro bugie a fin di bene).

Ti ricordano che sogni di andare in Australia e non lo hai ancora fatto, invece se avessi una visione e vivessi come loro mettendovi il post-it con gli obiettivi per il mese sopra la crema da notte, ci potresti andare.
E se per me il viaggio in Australia non valesse il resto della mia vita venduto a massime eterne che mi fanno vomitare?
Inconcepibile, ma rassegnamoci: queste persone di successo hanno una capacità di immaginazione che definire protetta da un paraocchi è offrire loro una promozione sul campo ad honorem.
Si credono superiori, perché hanno cominciato da uno scantinato e adesso sono proprietari di un grattacielo di 37 piani in centro.
E chi se ne frega, possiamo dirlo o vogliamo limitarci a pensarlo?

Okay, adesso qualcuno potrebbe, legittimamente, domandarsi, Ma si può sapere perché hai tanto il dente avvelenato contro queste persone? Che ti hanno fatto? Sempre che sia vero che non sei invidiosa...

Rispondo. Sensazione di nausea a parte, risolvibile stando alla larga dai soggetti in questione e bannandoli dalla mia vita appena ne fiuto la presenza, vorrei riportare un brano tratto dal libro "Gomorra", di Roberto Saviano, un brano in cui cerca di proporre la mentalità che sta dietro il mondo della camorra (grassetti miei):

Tutti, anche i più premurosi verso la propria incolumità, finiscono nella gabbia della pensione, tutti prima o poi si scoprono cornuti, tutti finiscono con una badante polacca.
Perché crepare di depressione cercando un lavoro che fa boccheggiare, perché finire in un part-time a rispondere al telefono?
Diventare imprenditore. Ma vero. Capace di commerciare con tutto e di fare affari anche col nulla.
Ernst Jùnger direbbe che la grandezza è esposta alla tempesta. Lo stesso ripeterebbero i boss, gli imprenditori di camorra. Essere il centro di ogni azione, il centro del potere. Usare tutto come mezzo e se stessi come fine.
Chi dice che è amorale, che non può esserci vita senza etica, che l'economia possiede dei limiti e delle regole da seguire, è soltanto colui che non è riuscito a comandare, che è stato sconfitto dal mercato. L'etica è il limite del perdente, la protezione dello sconfitto, la giustificazione morale per coloro che non sono riusciti a giocarsi tutto e vincere ogni cosa.
La legge ha i suoi codici stabiliti, ma non la giustizia che è altro. La giustizia è un principio astratto che coinvolge tutti, passabile a seconda di come lo si interpreta di assolvere o condannare ogni essere umano: colpevoli i ministri, colpevoli i papi, colpevoli i santi e gli eretici, colpevoli i rivoluzionari e i reazionari. Colpevoli tutti di aver tradito, ucciso, sbagliato. Colpevoli d'essere invecchiati e morti. Colpevoli di essere stati superati e sconfitti. Colpevoli tutti dinanzi al tribunale universale della morale storica e assolti da quello della necessità. Giustizia e ingiustizia hanno un significato solo se considerate nel concreto. Di vittoria o sconfitta, di atto fatto o subito. Se qualcuno ti offende, se ti tratta male, sta commettendo un'ingiustizia, se invece ti riserva un trattamento di favore ti fa giustizia.
Osservando i poteri del clan bisogna fermarsi a questi calibri. A queste maglie di giudizio. Bastano. Devono bastare. È questa l'unica forma reale di valutazione della giustizia. Il resto è solo religione e confessionale.
L'imperativo economico è foggiato da questa logica. Non sono gli affari che i camorristi inseguono, sono gli affari che inseguono i camorristi.
La logica dell'imprenditoria criminale, il pensiero dei boss coincide col più spinto neoliberismo.
Le regole dettate, le regole imposte, sono quelle degli affari, del profitto, della vittoria su ogni concorrente. Il resto vale zero. Il resto non esiste.


Unico commento: non credo che sentirete mai tutto così nudo e crudo, a un meeting per l'automotivazione. D'altronde, se non riuscite e leggere tra le righe, avete già perso.

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