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Siamo solo a metà del mese, ma non va bene lasciare che troppe letture si accumulino nella memoria.
Dai tempi del post in cui riassumevo i primi libri letti nel 2011, ne ho già da aggiungere una decina, si impone un riepilogo prima che i dettagli sfumino troppo.
Era ancora gennaio, quando mi sono immersa nella lettura di Down And Out In The Magic Kingdom, di Cory Doctorow.
Il racconto si svolge a Disneyland, nel futuro. Gli esseri umani non temono la morte: ogni inconveniente viene risolto con un corpo nuovo di zecca in cui viene impiantata la memoria del soggetto, precedentemente registrata in periodici back-up. C'è tuttavia chi si stufa di vivere, in quel caso gli è concesso di suicidarsi, ma sono veramente pochi coloro che scelgono di farla finita in maniera così drastica. La soluzione preferita dai più è la cosiddetta "deathend": ti fai semplicemente mettere a dormire per un periodo più o meno lungo, anche centinaia di anni. Dopodiché ti risvegli e riprendi a vivere, presumibilmente in un contesto talmente diverso da quello che hai lasciato, che la noia almeno per un po' non ti tormenterà più.
Un altro dettaglio interessante è il fatto di essere sempre tutti on line: le informazioni vengono istantaneamente condivise da chiunque con chiunque, non c'è bisogno di telefonini, scambio di foto o di sms perché tutto viene aggiornato al momento nella tua personale banca dati.
La vicenda gira intorno al protagonista, la sua ragazza e il suo migliore amico, impegnati strenuamente in un'impresa senza speranza, ovvero cercare di evitare che lo spirito animatore di Disneyland venga soppresso a vantaggio di nuove tecnologie più efficaci, potenti, sbalorditive e naturalmente remunerative. Il protagonista è colui che prende più a cuore la cosa, al punto da allontanare la propria ragazza nonostante inizialmente fosse partito proprio con l'idea di farlo per lei. Con la sua motivazione riesce a scaldare qualche animo, ma naturalmente incorre in molteplici difficoltà: certe battaglie non si lasciano mai combattere facilmente.
Doctorow riesce sempre a essere brutalmente attuale anche in un mondo fantastico.
Subito dopo ho letto Radiance, di Alyson Noël.
Si tratta della storia di una ragazzina di nome Riley, che muore in un incidente d’auto insieme a mamma, papà e il suo cane Buttercup. La sola che sopravvive all’incidente è Ever, la sorella maggiore di Riley. Il libro racconta proprio la storia di Riley, che dopo lo schianto attraversa un ponte e si trova nell’aldilà. Questo altro mondo si rivela essere un posto molto simile a quello in cui lei viveva quando era ancora viva, ma che si chiama QUI e in cui il tempo è sempre ADESSO. È un posto strano, visto da una prospettiva ancora più insolita: quella di una ragazzina che brama la vita e non sa come andare avanti ora che è finita. Timorosa del confronto, proprio come lo sarebbe stata al primo giorno di scuola sulla terra; prevenuta nei confronti di un giudizio che ritiene ingiusto a priori, dal momento che non le è stata data la possibilità di crescere o di vivere abbastanza; perplessa nello scoprire che i suoi genitori non hanno avuto difficoltà a trovare il proprio posto lontano da lei… infine si ritrova a ricoprire il ruolo di “acchiappa-anime”, più per mancanza di alternative, che per desiderio. E scopre di non cavarsela affatto male.
Un racconto carino, curioso e meno leggero di quanto potrebbe apparire.
Il terzo libro di questo round è stato La Verità Del Ghiaccio, di Dan Brown.
Farò un piacere a me stessa e a tutto il mondo, d’ora in poi. Non leggerò più niente che porti la sua firma. Trovo i suoi libri sempre più irritanti, spocchiosi, rimasticati e insopportabili. Credo che Dan Brown abbia un’unica abilità nella quale eccelle: riesce a prendere una qualsiasi idea potenzialmente buona, spogliarla di tutti i lati interessanti, buttarla in pasto a personaggi che sembrano la caricatura di Topolino e Gambadilegno, condire il tutto con Frasi Fatte a volontà e Cliché come se piovesse e vendere milioni di copie.
Per tutta la lettura si ha la vivida impressione di assistere a un teatrino in cui il burattinaio si mostra in continuazione ed è pure imbranato.
Lui & Lei sono obbligati a innamorarsi. Sono circondati da supercattivi che vogliono fargli la pelle ma non ci riescono mai nonostante siano militari addestrati del corpo speciale e abbiano a loro disposizione ritrovati tecnologici e bellici che nemmeno Luke Skywalker. Si sarebbe portati a pensare che Lui & Lei siano dei supereroi, delle specie di Rambo, reduci dal Vietnam, fuggiti da Guantanamo… no, nulla di tutto ciò. Se ancora sperate di trovare qualcosa di plausibile, rinunciate ora! Lui è un oceanografo di bell’aspetto che conduce documentari in TV. Lei è un’impiegata (d’ufficio) del governo.
Lo stile di narrazione è scadente e fa notevole uso di una cosa che in gergo viene definita infodump. Vi trovate di fronte a un infodump quando nel bel mezzo di una scena l’autore ci delizia con un’informazione non richiesta, rifilata a mo’ di lezioncina e non integrata alla trama. Non solo Dan Brown sfoggia la sua cultura senza degnarsi neppure di mascherarla. Ci propina nozioni spicciole di biologia o di fisica così, senza motivo, visto che si tratta spesso di informazioni del tutto irrilevanti ai fini della storia. Evidentemente, oltre a credersi un romanziere, Mr Brown si erge a promotore della cultura delle masse.
Ma ho parlato fin troppo. E sarà magari sarà l’invidia a farmi parlare, come spesso - si sa - accade in questi casi. Mi sembra giusto e doveroso, quindi, lasciare la parola a lui, l’esimio:
"il buco aperto nel ghiaccio appariva come una piccola piscina al centro dell'habisfera. La superficie della pozza, profonda settanta metri, rimase increspata per un poco prima di acquietarsi. Il livello dell'acqua del pozzo era almeno un metro sotto la superficie del ghiacciaio, e questa discrepanza era causata sia dallo spostamento della massa del meteorite sia dalla proprietà del ghiaccio di ridurre i suo volume quando si scioglie". (pag 128)
Ho aggiunto io il corsivo. A qualcuno interessava sapere che Dan ha imparato a dovere la sua lezioncina? A me no, a nessuno dei personaggi poteva fregar di meno, visto che sono tutti del mestiere e questa cosa la sapevano perfettamente.
Ora, prima di trascrivere per voi la seconda (e ultima, state tranquilli) citazione, c’è bisogno di un piccolo riassuntino. La premessa è essenziale per cogliere la drammaticità del momento che voglio condividere con voi.
I nostri protagonisti, Lui & Lei, come si diceva prima, sono continuamente presi di mira da un manipolo di militari dei corpi speciali, qualcosa tra i servizi segreti e i mercenari legalizzati. Sono in tre, si muovono rapidi, non hanno problemi di budget e possono permettersi di sparare con prototipi di arma che se venissero trovati da un comune mortale verrebbero scambiati per prodotti alieni. In un momento in cui i Tre attaccano, Lui & Lei sono in compagnia di un’altra donna e di un altro uomo: quattro civili disarmati e soli nella sterminata distesa bianca e ghiacciata della banchisa polare. La donna viene uccisa davanti agli occhi di Lui & Lei e l’uomo quasi, ma Lui & Lei si nascondono dietro la slitta. Troppo furbi! Perché tre militari dei corpi speciali incaricati di far fuori 4 civili disarmati debbano concentrarsi sul primo cadavere e sul secondo quasi-cadavere invece di spicciarsi a far fuori anche gli altri due e tornare a casa per l’ora del tè, non lo so. In ogni caso funziona così. E quindi i nostri due riescono a farsi venire la brillante idea di agganciarsi alla cintura il telone che copriva la slitta, che immediatamente si gonfia per via del forte vento e li solleva in aria. Siccome il gruppetto era unito in cordata e l’unica a essere staccata al momento è la donna-cadavere, Lui & Lei, zavorrati dal quasi-cadavere, prendono il volo sotto allo stupefatto naso dei militari. Ma il vento è fortissimo e li trascina inesorabilmente verso il mare. Non vogliono finire in acqua, perché le tute termiche che indossano hanno una tenuta limitata e in acqua morirebbero di freddo nel giro di breve tempo, allora cercano di sganciarsi. Immaginiamoci la scena, è una situazione pazzesca! Il vento soffia e urla, presumibilmente c’è anche della pioggia che li sferza, fa freddo, si stanno trascinando un quasi-cadavere penzoloni in fondo alla corda e rischiano di essere scaraventati in mare. Cercano di sganciare il moschettone a cui è attaccato il telone, ma la pressione è troppo forte e non ce la fanno. Il bordo della banchisa si avvicina inesorabile, Lei prende la piccozza che aveva appesa alla cintura per segare la fune che li lega al telone. Io non ho mai preso parte a un corso di sopravvivenza e sono ignorante di tecniche di salvataggio in extremis, ma faccio piuttosto fatica a immaginare che una fune come deve essere quella che trasporta tre adulti in una bufera possa cedere nel giro di secondi a colpi di piccozza, in aria. In ogni caso, Lei ci riesce appena in tempo e i tre precipitano sul ghiaccio sottostante, a un pelo dall’acqua. Stremati, terrorizzati, ammaccati e contusi sollevano la testa.
E ora cedo la parola a Dan, che ci offre il punto di vista di Lui:
“Allora si rese conto di ciò che era successo: erano scivolati dal ghiacciaio principale su un lastrone più basso. Grande come una pista da hockey, era in parte crollato, pronto a staccarsi e precipitare in mare da un momento all'altro.
"Il fenomeno del calving", pensò Tolland, osservando la precaria piattaforma su cui era disteso.” [pag 233)
E certo! A cos’altro vuoi pensare in un tale frangente, se non alla definizione scientifica del fenomeno di formazione degli iceberg?!
Bastano poi due accenni ai famosi Lui & Lei. Lui è bello e lavora in TV, milioni di donne nel paese sono innamorate di lui, ma lui è forse uno sbruffone che cambia ragazza come cambia i calzini? Giammai! Lui è un Puro Di Cuore, devotamente fedele alla buonanima di sua moglie, opportunamente morta e sepolta al momento in cui questo popò di storia si svolge. E Lui & Lei si innamorano perché verso la fine del libro Dan Brown se ne ricorda e strizza tra un paragrafo e l’altro frasi del tipo: “Lei si rese conto dell’espressione dolce negli occhi di lui”, o “Lui finalmente capì cosa voleva dire sua moglie, quando sul letto di morte gli aveva promesso che un giorno si sarebbe innamorato ancora” e ancora un po’ ci si aspetta di vedere qualcuno che cavalca solitario verso il tramonto.
Insomma, talmente deludente che non so che parte evitare di descrivere. Ma diciamo basta qua.
Il quarto libro di questo post è Uomini Che Odiano Le Donne, di Stieg Larrson.
Nonostante lo spropositato successo che ha avuto, l’ho trovato un bel libro. Forse non da giustificare lo sproposito nel successo, ma mi è parso un bel giallo, ben costruito, con personaggi credibili e reazioni realistiche.
Un giornalista si ritrova, a causa di varie vicissitudini, ad avere un anno di tempo a disposizione. Accetta quindi di lavorare per un anziano signore, che lo incarica ufficialmente di redigere la sua biografia, ma ufficiosamente è interessato a scoprire che fine ha fatto la sua nipote prediletta, scomparsa qualcosa come cinquant’anni prima e da lui creduta morta, assassinata da un membro non identificato della loro numerosa e acidissima famiglia. Il giornalista accetta e si lascia suo malgrado coinvolgere dalle vicende che mano a mano si svelano sotto i suoi occhi. Viene aiutato nelle sue ricerche da una ragazza molto particolare, anticonvenzionale, molto cinica e crudamente realista, sempre pronta ad aspettarsi il peggio dalle persone. E spesso ci azzecca. Alla fine il mistero si svela e il nostro bravo giornalista torna gloriosamente a fare il suo lavoro.
Non mi ha fatto impazzire, ma la storia è coinvolgente. Ho già in programma di leggere i seguiti.
A seguire ho letto World Of Wonders, di David Gerrold.
Ne ho già scritto qui e ne approfitto così taglio un pochino questo post che per colpa di Dan Brown si è allungato a dismisura.
È stata quindi la volta di The Forest House, di Marion Zimmer Bradley.
Ho deciso di prendere in mano un libro della Zimmer Bradley dopo essermi imbattuta in numerose recensioni entusiaste. L’unico libro suo che avevo preso in mano precedentemente era stato “Le Nebbie Di Avalon”, alla tenera età di 17 anni, e lo avevo mollato quasi subito per la noia. Vedi mai che con l’età riesca ad apprezzarla?, mi sono detta. E ho attaccato “The Forest House” . Confesso di avere impazientemente tentato di spingere i personaggi con la forza del pensiero a fare qualcosa dopo aver realizzato che a pagina 100 il riassunto della storia poteva essere questo: giovane soldato romano precipitato per errore in una trappola per orsi viene soccorso da famiglia di Britanni. *GH*
Ho proseguito la lettura, non tanto per l’implacabile azione, ma per l’ambientazione dipinta con una precisione e una delicatezza che ho trovato davvero ammirevoli. Non so se quella che sto per fare sia un’osservazione idiota o sessista, ma percepivo nettamente che dietro alle pagine del libro ci fosse una donna. Come quando entri in una casa e vedi fiori sul tavolo e cuscini dcorativi sul sofa.
Insomma, alla fine devo ammettere che il libro mi è piaciuto, ma che lo stile della Zimmer Bradley mal si confà alla mia natura impaziente, figlia probabilmente di una vita frenetica e troppi film di Hollywood. Credo che leggerò altro di suo, ma solo quando mi sentirò di rallentare il ritmo.
Anche del libro numero sette ho già parlato. Si tratta di The Complete Idiot's Guide To Pilates Method, di Karon Karter. Non c’è molto altro da aggiungere, se non la considerazione che la teoria è decisamente la parte più facile. Decisamente.
Il libro seguente è stato First Love, Last Rites, di Ian McEwan.
Si tratta di una raccolta di racconti e non mi ha lasciato particolarmente soddisfatta. Il primo racconto, Solid Geometry, è forse il più surreale dell’intera raccolta e credo quello che ho apprezzato maggiormente. Gli altri sono troppo malinconici e si svolgono su ambientazioni volutamente squallide, ma sono un po’ stanca di Malinconia & Squallore Senza Via D’uscita.
Su consiglio di un contatto anobiiano subito dopo ho intrapreso la lettura di un altro libro dello stesso autore: Atonement.
E questo mi ha entusiasmato.
Si tratta di una storia articolata su diversi livelli. La base della vicenda è una grande casa inglese in tempi antecedenti la seconda guerra mondiale. È estate e nel giro di pochi giorni si svolge l’episodio che dà ragione a tutto quello che segue. La fautrice del destino di una manciata di persone è Briony, una ragazzina che all’epoca aveva tredici anni. Ha una fantasia molto fervida, anzi: di più. Nella sua immaginazione crea episodi, assegna ruoli e a un certo punto trascina il suo mondo di fantasmi e idee all’interno del mondo reale, sconvolgendo la vita di più di una persona. Quando, più grandicella, si rende conto di quello che ha fatto, è troppo tardi per rimediare, ma a suo modo lei sente di doverci provare.
Il finale è triste da strapparti il cuore, ma è talmente azzeccato che non fa che accrescere il valore e la bellezza di questo romanzo.
Infine ho letto Sostiene Pereira, di Antonio Tabucchi.
Un racconto delicato, triste e bellissimo, di un Portogallo che si sveglia sotto la dittatura e di un giornalista che si dedica alla pagina culturale di un quotidiano.
Pereira è un uomo normale, non è un fervente patriottico e neppure un ardito rivoluzionario. Non usa la pagina culturale di cui è responsabile per fare propaganda pro- o anti-dittatura, ma traduce brani di poeti e scrittori che trova interessanti . È affezionato al ricordo della moglie morta, a cui si rivolge quotidianamente osservando il suo volto in una vecchia fotografia. È un po’ sovrappeso, soffre di cuore e fa la vita dello scapolo, con la governante che gli fa trovare pronto il mangiare regolarmente. E nella sua routine si innestano sia la dittatura, con le sue esigenze, sia una giovane coppia di rivoluzionari, che lui continua ad aiutare discretamente senza riuscire a spiegarsi bene perché. E quando infine lo spettro della dittatura gli si palesa inconfondibile e crudele, prende l’unica decisione che un uomo desideroso di concludere la propria vita in pace con il mondo e con la propria coscienza può prendere.
Lo stile è particolare e sempre molto leggero anche quando gli episodi sono scottanti. Il libro si fa leggere volentieri, le pagine si susseguono delicate e intrecciate l’una all’altra. Un pomeriggio tranquillo che lascia un po’ di amaro in bocca, inevitabilmente portando alla constatazione che la storia si ripete sempre.