Ho un amore viscerale per i jeans.
Probabilmente quando sono nata ne indossavo un paio, la prima frase di senso compiuto da me pronunciata deve essere stata, Mamma: jeans!
Non so, fanno parte di me, della mia identità. Sto bene solo in jeans, mi sento comoda solo in jeans, non riesco a immginarmi vestita in un modo diverso se non quando mi "travesto" per andare a incontri ufficiali, matrimoni o funerali (e se appena posso ne scelgo un paio che sembrano pantaloni "normali", ma invece sono jeans).
Per me andare a far compere di vestiario significa andare a scegliere un nuovo paio di jeans e la ricerca può durare giorni, perché un paio di jeans non vale l'altro. Ne esistono miriadi di modelli diversi e a me, in fondo, piace variare.
No, no: non scherzo! Ci sono le diverse tonalità di blu o nero (in verità ce ne sono di tutti i colori, ma cerco sempre di mantenere una certa sobrietà nella scelta del colore, e poi il blu dei jeans o il nero vanno su tutto); c'è il tessuto più o meno robusto, o rovinato, o decorato; ci sono con la gamba strettissima, stretta, larga, larghissima; ci sono a vita media, bassa o bassissima...
Una volta erano a vita alta. Non li rimpiango: da quando ho provato il primo paio a vita bassa ho scoperto che mi sta molto meglio, quindi non ho ricordi nostalgici a riguardo. Anzi, li avevo addirittura rimossi.
Nei gloriosi anni '80 sognavo jeans guardando gli spot in TV.
E non ero la sola, potete credermi. Persino la mia insegnante di inglese del liceo, che veniva a scuola con gonnellone fiorate, si fermava incantata a osservare la pubblicità dei Levi's 501 che rese famoso Nick Kamen. E che dire quando, pochi anni più tardi, persino Brad Pitt contribuì alla causa! Ma lo spot che davvero mi faceva sognare era questo. Sognavo di avere un boyfriend che mi regalasse un paio di jeans. Sognavo un boyfriend. Sognavo i jeans. Mi sarei accontentata dei jeans. Lo spot aveva fatto centro.
Peccato che costassero decisamente di più di quanto potessi permettermi all'epoca.
Non so voi, ma io non ho mai ricevuto la paghetta settimanale. Se avevo bisogno di un paio di jeans, i miei genitori mi compravano un paio di jeans. Non mi compravano certo un paio di Levi's 501, ahimé. Così rimanevo, senza boyfriend e senza jeans, a sognare davanti allo spot.
Dieci giorni fa sono entrata in un negzio di abbigliamento di seconda mano a Berlino e - meraviglia delle meraviglie - proprio all'ingresso era sistemato un tavolo con decine di Levi's501 a 29,99 € cadauno! Per un istante ho contemplato lo sciorinamento spudorato di tanta magnificenza, rimanendo sbalordita nonché impietrita dinanzi a cotanto sciallo. Decine di Levi'S 501 a portata di portafogli! Non riuscivo a credere a tanta sfacciata fortuna.
Come Will Smith in Io, Robot viveva di rendita avendo comprato scorte di All Star da durargli fino a che morte non li separasse (lui e le scarpe), così avrei fatto anch'io: mi sarei comprata una pila di Levi's 501 e non avrei mai più avuto bisogno di comprare un altro paio di jeans in vita mia!
*PLOP*
La bolla della mia fantasia selvaggia ha fatto proprio quel rumore, scoppiando.
I Levi's 5010 sono jeans a vita alta. Decisamente, molto, del tutto alta. E io ricordo fin troppo bene come il mio fondoschiena risalti, inequivolcabillmente sottolineato nella sua rotondità da un paio di jeans a vita alta. E diciamolo: non ne esce particolarmente bene. La moda dei pantaloni a vita bassa ha drasticamente ridotto il suo impatto visivo.
Lo so: sono cose personali, turbe psichiche e traumi infantili che non dovrebbero varcare la porta dello studio dello psicanalista. Ma io non ho mai avuto uno psicanalista, mi sono sempre bastati i jeans. E ora dovrò fare per sempre a meno dei Levi's 501.
È stato uno shock, lo confesso. Come quando un mito viene sbriciolato davanti ai vostri occhi.
Mi sono ripresa solo filosofeggiando su quanto tutta questa storia mi abbia, in fondo, risparmiato: non ho litigato furiosamente con i miei per ottenere un paio di jeans che, una volta indossati, mi avrebbero impietosamente svelato l'amara e orrida verità: non mi stavano bene! Ma a quel punto avrei avuto l'obbligo morale (verso me stessa) di acquistarli comunque e l'obbligo morale (verso i miei) di indossarli. Un gesto, insomma, del quale mi sarei pentita amaramente e dalle cui conseguenze psicologiche non mi sarei mai riavuta.
Insomma: procrastinare talvolta è la parola magica.
4 ore fa
Nessun commento:
Posta un commento