Ecco, questa tartaruga siamo noi comuni occidentali, scampati all'orribile destino di poter essere predati in ogni istante, grazie alla reclusione cui ci siamo sottoposti. Ogni tanto ci toccano pochi minuti di aria per poter continuare la nostra detenzione, e abbiamo anche chi ci invidia per essa: quelli abbandonati alle leggi crudeli dell'oceano. Viviamo in un carcere fingendo di essere ancora in pieno possesso delle nostre facoltà, chiusi nelle nostre scatole luminose, nelle nostre presunzioni di libertà, ci siamo sottratti alla polvere, agli imprevisti e, pur di sopravvivere, alla fiducia in noi stessi. La pinna amputata è la saggezza, l'arte di vivere, e noi facciamo finta che sia ancora lì perché riaverla ci potrebbe costare la pelle. Davanti a noi c'è solo un vetro attraverso il quale ci guardano delle persone che possono facilmente trovare delle metafore e le metafore sono le nostre vere catene, perché ci nobilitano, assegnandoci un significato che non c'è in attesa della morte. Così ci ritroviamo, per non essere sventrati senza neppure poter urlare il nostro dolore, a tenere la pancia al sicuro dentro una gabbia, visitati a turno da persone felici per la nostra salvezza che è in realtà la nostra umiliazione. [...] Scorgo lo sguardo dell'animale incantato su di me, sembra implorarmi di smetterla con le metafore.
[Per Sé E Per Gli Altri, Maurizio Braucci]
4 ore fa
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