venerdì 29 aprile 2011
I see it in your hands: three fingers draw a beam.
Il suddetto bambino che si sveglia pimpante e ti tira impietosamente giù dal letto;
Aiutare sempre il solito bambino alle prese con le sue prime ricerche su internet e presentazioni Power Point per la scuola: una sui giardini pensili di Babilonia e una sul suo interprete musicale preferito- alias David Garrett;
Ritirare il bucato di ieri - farne e stenderne uno nuovo - svuotare la lavapiatti - preparare il pranzo - sparecchiare e riempire la lavapiatti - mentre Kate e William si sposano ignari di tutto;
Fare il letto - lavare il bagno - raccattare giornaletti dispersi in soggiorno;
Rammendare calzini bucati;
Soccorrere una ragazza alle prese con un libro in inglese su cui deve fare una relazione - mettersi a leggere il libro in questione;
Andare al supermercato con le bottiglie di plastica da riciclare e tornare a casa con due pacchi di patatine (alla paprika e al bacon) fortemente voluti dal bambino di cui più sopra;
Rimettersi a leggere il libro in inglese;
Preparare cous cous e verdure per la cena - preparare un porridge per il bambino che, dopo mezzo pacco di patatine al bacon e due fette di pane tostato non si sente di affrontare il cous cous - sparecchiare - riempire la lavapiatti - ripulire la terrazza;
Scoprire che stai collassando sul libro in inglese e domandarti, Ma come mai? Eppure sono in vacanza!
martedì 26 aprile 2011
Like a moth I'm drawn into your flame
Oggi l'ho emulato, lamentandomi dell'incipiente logorio dei miei jeans nuovi.
Cioè?, mi è stato chiesto da Qualcuno Che Mi Conosce.
Beh, li ho appena comprati, ho insistito, sarà neanche un... ehm, forse du... uhm, prima di Nat... diciamo Novembre?
Okay, diciamo Novembre. Diciamo fine Novembre. Fanno suppergiù cinque mesi di jeans indossati praticamente vita-natural-durante, leviamo venti-venticinque giorni per il lava-asciuga.
Insomma, non sono di marca, ma potevano fare di più. E poi è vero: sono praticamente nuovi, solo c'è un punto un po' consumato, magari riesco a recuperarlo con un rattoppo alla buona.
Comunque va bene: visto che devo già andare per negozi perché Luca ha bisogno qualcosina, ne approfitterò anche per andare a caccia di jeans. E di calzini, già che ci sono. Sì, perché non me ne restano proprio senza buchi. A guardar bene le scarpe hanno le cuciture che stanno insieme perché recitano tre Avemarie ogni volta che si ritrovano sui miei piedi. Ma non esageriamo.
Okay, non sono tipo da shopping, ammettiamolo.
Nel negozio di scarpe, mentre Luca decideva di che numero prendere le running shoes nere con inserti arancioni di nota marca (il terzo paio delle stesse scarpe che prende a fila: gli piacciono proprio!), ho giocato a indossare un paio di scarpucce carine. Scarpucce a ballerina, scamosciate, con cinturino. Facendo attenzione e non mostrare i buchetti in cima al calzino destro.
Commento di Luca: Naaaa, lascia perdere, non è proprio il tuo stile!
Risposta mia (tentativo di sarcasmo): E quale sarebbe il mio stile? Scarpe sfondate e calzini bucati?
Luca: Ma mamma! Tu sei bellissima comunque!
[Autostima schizza alle stelle]
Luca- di nuovo: E poi, che importa? Anch'io vado sempre in giro con le scarpe sfondate e i calzini bucati!
[Autostima precipita irrimediabilmente verso il centro della terra e si sloga una caviglia]
Ho lasciato le scarpucce pucce al negozio, ma mi sono rifatta con 1) un paio di jeans; 2) un secondo paio di pantaloni, di cotone, lungezza a metà polpaccio, verde militare; 3) un dolcevita di cotone nero in saldo, per rimpiazzare quello a cui ho tranciato un braccio con un lavaggio in lavatrice (avevo chiuso il suddetto braccio fuori dallo sportello e quello si è attorcigliato su se stesso finché si è strozzato, è la legge del fil di ferro. Sì, sono anche un'abile massaia); 4) una maglietta di cotone a maniche corte, di colore indefinibilmente chiaro, con un cuore/logo della pace costruito con le parole "harmony" e "friends": fa molto freak, non poteva mancare nel mio guardaroba; 5) ben quattro paia di calzini di cotone nero. Senza buchi.
E crepi l'avarizia, dopo un tale pomeriggio di shopping selvaggio (alla lista vanno aggiunte: scarpe per Luca, costume da bagno per il suddetto nonché mine per il compasso e fazzoletti di carta atti a tamponare un'emergenza nasale in corso) ci siamo pure fermati per un dolcetto merendoso!
Sometimes I think that truth is a place.
Sometimes I think that truth is a place. In my mind, it is like a city: there can be a hundred roads, a thousand paths, that will all take you, eventually, to the same place. It does not matter where you come from. If you walk toward the truth, you will reach it, whatever path you take.
[Neil Gaiman, The Truth Is A Cave In The Black Mountains]
Talvolta penso che la verità sia un luogo. La immagino come una città: ci possono essere un centinaio di strade, un migliaio di sentieri, e tutti ti porteranno, alla fine, allo stesso posto. Non importa da dove parti. Se cammini verso la verità, la raggiungerai, qualsiasi strada tu prenda.
[Neil Gaiman, The Truth Is A Cave In The Black Mountains]
lunedì 25 aprile 2011
History, Stephen said, is a nightmare from which I am trying to awake
- Sei sicuro di voler giocare? L'ultima volta hai perso a ogni turno e ti sei arrabbiato da matti!
- Questa volta non succederà! Ieri mi sono allenato tutto il pomeriggio a barare!
venerdì 22 aprile 2011
Tie strings to clouds
Go sing, too loud
Make your voice break - Sing it out
Go scream, do shout
Make an earthquake...
You wish fire would die and turn colder
You wish your love could see you grow older
We should always know that we can do anything
Go drum, go proud
Make your hands ache - Play it out
Go march through crowds
Make your day break...
You wish silence released noise in tremors
You wish, I know it, surrender to summer
We should always know that we can do anything
Go do, you'll learn to
Just let yourself, fall into landslide
Go do, you'll learn to
Just let yourself, give into low tide
Go do!
Tie strings to clouds
Make your own break - Let them grow
Let them grow (Endless summers)
Let them grow (Endless summers)
(Go do endless summers)
You wish sunrise will never fall under
You wish surprise will never stop wonders
You wish sunrise will never fall under
We should always know that we can do anything
Go do!
I stand amid the roar
Take this kiss upon the brow!
And, in parting from you now,
Thus much let me avow-
You are not wrong, who deem
That my days have been a dream;
Yet if hope has flown away
In a night, or in a day,
In a vision, or in none,
Is it therefore the less gone?
All that we see or seem
Is but a dream within a dream.
I stand amid the roar
Of a surf-tormented shore,
And I hold within my hand
Grains of the golden sand-
How few! yet how they creep
Through my fingers to the deep,
While I weep- while I weep!
O God! can I not grasp
Them with a tighter clasp?
O God! can I not save
One from the pitiless wave?
Is all that we see or seem
But a dream within a dream?
giovedì 21 aprile 2011
Flee, you can. Escape, you cannot.
Escapist, paradise seeker
Farewell now time to fly
Out of sight, out of time, away from all lies
A nightingale in a golden cage
That's me locked inside reality's maze
Come someone make my heavy heart light
Come undone bring me back to life
It all starts with a lullaby
[The Escapist, Nightwish - Dark Passion Play 2009]
mercoledì 20 aprile 2011
Misty taste of moonshine, teardrop in my eye
"I was wondering what you're doing here" , I said half-honestly.
[...]
She stopped about a dozen feet from me. "Have you figured it out yet?", she asked.
"Excuse me?"
"Why I'm here." She smiled gently. "I've been wondering the same thing for most of my life, you see. I thought if you had any ideas...", she gave me a wry, hopeful smile.
I shook my head [...]
"All I've been able to guess is that you're going somewhere."
She nodded seriously. "That's as much as I've guessed too."
She paused to look at the circle the horizon made around us. The wind caught her hair and she brushed it back again. "Do you happen to know where I'm going?"
[...] "Dont' you know?"
"I have suspicions." [...] "But I've been wrong before."
A silence settled over our conversation. [...] Suddenly she dropped her hands to her sides and looked up at me.
"Where are you going?"
"The University."
She arched an eyebrow, looking ten years older. "So certain." She smiled and was suddenly young again. "How does it feel to know where you are going?"
[The Name Of The Wind, Patrick Rothfuss]
lunedì 18 aprile 2011
She can do no wrong
Probabilmente quando sono nata ne indossavo un paio, la prima frase di senso compiuto da me pronunciata deve essere stata, Mamma: jeans!
Non so, fanno parte di me, della mia identità. Sto bene solo in jeans, mi sento comoda solo in jeans, non riesco a immginarmi vestita in un modo diverso se non quando mi "travesto" per andare a incontri ufficiali, matrimoni o funerali (e se appena posso ne scelgo un paio che sembrano pantaloni "normali", ma invece sono jeans).
Per me andare a far compere di vestiario significa andare a scegliere un nuovo paio di jeans e la ricerca può durare giorni, perché un paio di jeans non vale l'altro. Ne esistono miriadi di modelli diversi e a me, in fondo, piace variare.
No, no: non scherzo! Ci sono le diverse tonalità di blu o nero (in verità ce ne sono di tutti i colori, ma cerco sempre di mantenere una certa sobrietà nella scelta del colore, e poi il blu dei jeans o il nero vanno su tutto); c'è il tessuto più o meno robusto, o rovinato, o decorato; ci sono con la gamba strettissima, stretta, larga, larghissima; ci sono a vita media, bassa o bassissima...
Una volta erano a vita alta. Non li rimpiango: da quando ho provato il primo paio a vita bassa ho scoperto che mi sta molto meglio, quindi non ho ricordi nostalgici a riguardo. Anzi, li avevo addirittura rimossi.
Nei gloriosi anni '80 sognavo jeans guardando gli spot in TV.
E non ero la sola, potete credermi. Persino la mia insegnante di inglese del liceo, che veniva a scuola con gonnellone fiorate, si fermava incantata a osservare la pubblicità dei Levi's 501 che rese famoso Nick Kamen. E che dire quando, pochi anni più tardi, persino Brad Pitt contribuì alla causa! Ma lo spot che davvero mi faceva sognare era questo. Sognavo di avere un boyfriend che mi regalasse un paio di jeans. Sognavo un boyfriend. Sognavo i jeans. Mi sarei accontentata dei jeans. Lo spot aveva fatto centro.
Peccato che costassero decisamente di più di quanto potessi permettermi all'epoca.
Non so voi, ma io non ho mai ricevuto la paghetta settimanale. Se avevo bisogno di un paio di jeans, i miei genitori mi compravano un paio di jeans. Non mi compravano certo un paio di Levi's 501, ahimé. Così rimanevo, senza boyfriend e senza jeans, a sognare davanti allo spot.
Dieci giorni fa sono entrata in un negzio di abbigliamento di seconda mano a Berlino e - meraviglia delle meraviglie - proprio all'ingresso era sistemato un tavolo con decine di Levi's501 a 29,99 € cadauno! Per un istante ho contemplato lo sciorinamento spudorato di tanta magnificenza, rimanendo sbalordita nonché impietrita dinanzi a cotanto sciallo. Decine di Levi'S 501 a portata di portafogli! Non riuscivo a credere a tanta sfacciata fortuna.
Come Will Smith in Io, Robot viveva di rendita avendo comprato scorte di All Star da durargli fino a che morte non li separasse (lui e le scarpe), così avrei fatto anch'io: mi sarei comprata una pila di Levi's 501 e non avrei mai più avuto bisogno di comprare un altro paio di jeans in vita mia!
*PLOP*
La bolla della mia fantasia selvaggia ha fatto proprio quel rumore, scoppiando.
I Levi's 5010 sono jeans a vita alta. Decisamente, molto, del tutto alta. E io ricordo fin troppo bene come il mio fondoschiena risalti, inequivolcabillmente sottolineato nella sua rotondità da un paio di jeans a vita alta. E diciamolo: non ne esce particolarmente bene. La moda dei pantaloni a vita bassa ha drasticamente ridotto il suo impatto visivo.
Lo so: sono cose personali, turbe psichiche e traumi infantili che non dovrebbero varcare la porta dello studio dello psicanalista. Ma io non ho mai avuto uno psicanalista, mi sono sempre bastati i jeans. E ora dovrò fare per sempre a meno dei Levi's 501.
È stato uno shock, lo confesso. Come quando un mito viene sbriciolato davanti ai vostri occhi.
Mi sono ripresa solo filosofeggiando su quanto tutta questa storia mi abbia, in fondo, risparmiato: non ho litigato furiosamente con i miei per ottenere un paio di jeans che, una volta indossati, mi avrebbero impietosamente svelato l'amara e orrida verità: non mi stavano bene! Ma a quel punto avrei avuto l'obbligo morale (verso me stessa) di acquistarli comunque e l'obbligo morale (verso i miei) di indossarli. Un gesto, insomma, del quale mi sarei pentita amaramente e dalle cui conseguenze psicologiche non mi sarei mai riavuta.
Insomma: procrastinare talvolta è la parola magica.
sabato 16 aprile 2011
Davanti a noi c'è solo un vetro
[Per Sé E Per Gli Altri, Maurizio Braucci]
venerdì 15 aprile 2011
Toivo jää, tie rakkauteen.
bianco e nero,
ALTO
e basso, grande
e piccolo,
bello
e brutto,
eroe e traditore, cielo
e terra,
nord
e sud,
vicino
e l o n t a n o,
guerra
e pace,
lacrime e sorrisi,
lungo
e corto,
freddo e caldo,
amico
e nemico,
donna
e uomo,
egoismo e altruismo,
fantasia
e realtà,
sole
e pioggia, coraggio
e paura,
verità
e menzogna,
virtù
e vizi, pieno
e vuoto,
vittima
e carnefice,
premio
e castigo,
vecchio
e giovane,
odio
e amore, sole e luna,
feroce
e mansueto,
opaco e trasparente,
trionfo
e sconfitta,
salita
e discesa,
maschio
e femmina,
notte
e giorno, acqua
e fuoco,
speranza
e sconforto,
mare
e montagna,
ricco
e povero, sì
e no,
desiderio
e nostalgia,
vero e falso,
leale e disonesto,
forte
e debole,
negativo
e positivo,
devozione
e disprezzo,
caldo e freddo,
rispetto
e oltraggio,
fedeltà e tradimento,
yin e yang, presto e tardi,
uguale
e contrario.
giovedì 14 aprile 2011
A thing of beauty is a joy for ever
Un uomo e una donna passarono davanti a quell'angolo e la donna disse:
"Pover'uomo, quanto sembra triste! Ti prego, diamogli qualcosa!"
L'uomo rispose:
"Lui sta seduto a quell'angolo ogni giorno. Un soldo o due non basteranno a cambiare le sue giornate."
"Aspetta qui, torno subito", aggiunse subito dopo.
Dopo pochi minuti l'uomo tornò: in mano teneva una rosa fucsia in procinto di sbocciare.
La porse al mendicante, che sollevò il viso, aprì gli occhi e abbozzò un sorriso sorpreso alla vista del fiore.
Per quattro giorni, passando davanti a quello stesso angolo, l'uomo e la donna non videro il mendicante.
Al quinto giorno, lo ritrovarono seduto per terra, gli occhi bassi, l'espressione assente.
La donna esclamò:
"Eccolo, è tornato! Pensavo che avesse cambiato posto!"
L'uomo le rispose: "No, te l'ho detto: lui sta sempre lì. In questi giorni non ha avuto bisogno di venire a chiedere soldi alla gente che passeggiava."
La donna chiese:
"Ma perché? Di cosa è vissuto?"
"Della rosa", rispose l'uomo.
*** non conosco l'autore di questo brano, da me liberamente ricordato e trascritto ***
È così bello vivere di una rosa, ogni tanto.
mercoledì 13 aprile 2011
Troubles melt like lemon drops
Mamma: Che canzone è?
Luca: Si intitola "Somewhere Over The Rainbow".
Mamma: Oh, la canzone del Mago di Oz!
Luca: Intendi il Mago di IZ!
martedì 12 aprile 2011
I stay. I pray I see you in heaven one day.
Mike Oldfield moonlight shadow von rapace0
lunedì 11 aprile 2011
Die Mauer
[...]
Tagliavo in due la città, ma non seguivo una linea diritta: visto dall'alto, nella parte centrale ero frastagliato in tanti angoli per seguire il vecchio quartiere Mitte, che venne inghiottito dalla cortina di ferro. Dietro alla barriera di cemento armato si estendeva la "terra di nessuno", attraversata soltanto dai soldati che tenevano al guinzaglio i cani. Le finestre delle case che davano sull'Ovest vennero murate, le famiglie trasferite altrove. Gli abitanti della Berlino federale restarono invece al loro posto. [...]
Avevo il groppo in gola, al tempo stesso affascinato e sopraffatto. Davanti a me zampillava la storia novecentesca. Un geyser esplosivo di rinnovata speranza in cui si consumavano tutte le scorie. Sentivo il peso del tempo, ma anche la sua leggerezza. Tutto passa. L'acqua del fiume trova sempre il suo sfogo. I semi ricrescono. La vita rinasce in modi imprevedibili, batte qualsiasi schema. Ti lascia al palo, coi tuoi ragionamenti, i tuoi progetti, le tue calcolatrici, le tue misure.
[...]
Le torri di controllo comparivano a intervalli regolari lungo il confine: ce n'erano 293, oltre a una cinquantina di bunker. I Vopos, come venivano soprannominate le guardie, spesso giovanissime, svlgevano il servizio di leva. Erano incuriositi e mortificati. Toccate i miei resti al Checkpoint Charlie, in Potsdamer Platz, in Mauerstraße, in Gartenstraße, in Niederkirchnerstraße, in Mühlenstraße, dovunque sono rimasto. Quei moncherini, quegli arti spezzati, faranno riprovare anche a voi le loro sensazioni.
[tratto da: "Berlin", di Eraldo Affinati]