3 ore fa
lunedì 16 febbraio 2009
Why do all good things come to an end?
Ecco, avevo già deciso di mettere questo titolo al post e poi scriverlo nella maniera più demenziale che mi fosse possibile. A sto punto, però, non solo il titolo è azzeccato, ma... Sinceramente la vena demenziale è andata momentaneamente a farsi un giro nello spazio intergalattico.
Filosofeggiare sul legame vita & morte è una cosa, inventare storie su morti-non-morti è un'altra, avere a che fare con una morte inspiegabile è tutta un'altra faccenda.
Quando avevo 17 anni è morto un ragazzo al liceo. Ho rimosso il suo nome e anche la sua faccia. E' morto in un incidente del cavolo, in quello schifo di Parco Lambro alla periferia est di Milano. Potrebbe essere un parco bellissimo e in primavera obiettivamente lo è (se lo si attraversa con il naso chiuso da una molletta per panni, visto il tanfo che si alza dal Lambro, ma le piante in fiore e le collinette sono molto belle). Per me è diventato un posto odioso, soprattutto dopo un altro incidente avvenuto lì, che è costato la vita ad altri due ragazzi del liceo, con i quali quella sera sarebbe dovuto uscire anche mio fratello. Odio quel parco, odio quel fiume.
Ho perso pochissimi parenti, in genere in età "giusta" e la cosa non mi ha turbato. Lo considero naturale, sia a livello razionale che a livello emotivo.
Ho conosciuto persone la cui morte continuo ad avvertire come "sbagliata". Un ragazzo morto in un incidente, una donna in gambissima e piena di interessi stroncata da tre tumori contemporaneamente a cinquant'anni, gente giovane che si suicida... Avverto tutte queste perdite come strappi nella realtà, errori, buchi nel sistema.
La stessa sensazione mi prende, seppure avvolta da uno strato di ineluttabilità, quando penso alla morte di un paio di compagni del liceo, morti per un tumore, pochi anni dopo il diploma. La malattia mi fa meno rabbia dell'incidente, o del suicidio. Non mi sembra meno sbagliata, ma meno affrontabile.
Chiaramente, oltre tutto, il mio discorso è limitato all'ambito emotivo nel circolo di persone che conosco / ho conosciuto. A livello mondiale le morti ingiuste sono talmente tante da travolgermi completamente, ma quando non posso mettere un nome o un volto su una croce mi sento, seppure erroneamente, meno coinvolta.
Ho appena saputo che un mio compagno delle elementari si è sparato dieci anni fa (il che significa a 27 anni) per una delusione d'amore. Non avevo più contatti con lui dalla fine delle elementari, non so che vita facesse, che tipo fosse, che gente frequentasse. Non so assolutamente niente di lui. Eppure essere consapevole della sua morte mi fa rabbia e mi fa soffrire, perché la colloco all'interno di quelle "morti sbagliate", che non sarebbe dovuta accadere, che non ha senso.
E ancora un volta mi scontro con un mondo che non conosco e che non sono capace di affrontare.
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