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Il fatto è, che loro alle streghe non ci credevano veramente.
Il problema, con gli esseri umani, è che vivono vite brevi e tribolate. Basta un soffio ed essi appassiscono, muoiono, come fiori recisi. È per questo, che hanno paura. E cercano di dare un nome alla loro paura. Quando l’hanno trovato, uccidono tutto ciò che porta quel nome, perché se uccidi ciò che temi esso smette di minacciarti e perciò non è più necessario averne paura.
Quindi non è che credessero alle streghe. Non credevano neppure che le streghe potessero arrecare loro danno. Volevano solo distruggere il loro timore. Volevano distruggere un pensiero, un’immagine, un’idea. Volevano distruggere la Paura. Allora le hanno dato un corpo, le hanno dato un aspetto, un nome, dei caratteri distintivi, per poterla riconoscere. E poi le hanno dato fuoco, non lasciandone che cenere. Le urla della strega erano le urla della Paura che moriva, che si disfaceva avvizzendo su se stessa. La strega non era una persona, non era una donna, non era un essere umano come tutti loro. La strega era il Male, era l’Errore, era la Paura da sconfiggere.
E nella notte di Samhain, nella notte in cui il velo tra i mondi si scosta, nella notte in cui gli spiriti camminano in mezzo ai vivi per trovare calore e dispensare consigli, in quella notte la Paura si incarnò in una donna dalla pelle candida come latte, dai capelli rossi come il rame, dallo sguardo misterioso di un occhio celeste e uno color nocciola. Una donna che sussurrava antiche filastrocche, accarezzando il gatto al chiarore della fiamma del camino.
La donna fu catturata, i suoi capelli vennero strappati, il suo viso graffiato e i suoi begli occhi bendati, perché non potesse posare lo sguardo sui mortali, stregandoli. Fu gettata in una cella di pietra umida, sporca e puzzolente, al freddo e al buio. Le buttarono addosso oggetti, le venne fatto del male. Il gatto si dileguò, macchia nera nella notte scura.
Nessuno pensò che, se fosse stata davvero una strega, non avrebbe permesso loro di catturarla. Ma, come dicevo: loro alle streghe non ci credevano veramente.
Il mattino dopo il sole non mostrò la sua faccia splendente, ma rimase celato dietro nubi grigie e minacciose, intanto che gli uomini ergevano una grossa pira nella piazza centrale.
Il vento cominciò a soffiare quando l’ora dell’esecuzione era vicina. Una piccola folla si era radunata, per celebrare la vittoria della Luce sulle Tenebre, della Vita sulla Paura. Qualcuno aveva catturato il gatto e lo avvicinò alla pira, chiuso in una gabbietta dalle sbarre di legno, visibilmente malconcio. La strega fu condotta al centro della piazza su un carro, legata mani e piedi.
Nessuno pensò che, se fosse stata davvero una strega, avrebbe sciolto i lacci che la imprigionavano e sarebbe fuggita. Ma, come dicevo: loro alle streghe non ci credevano veramente.
Legarono la donna ai tronchi eretti su una catasta di legna e posero accanto a lei la gabbia del gatto.
Appiccarono il fuoco con delle torce, levando al cielo grida di giubilo: Morte alla strega! Il fumo cominciò a sollevarsi dalle fascine in fiamme, che crepitavano e sprizzavano piccole scintille tutto attorno.
Nessuno pensò che, se la donna fosse stata davvero una strega, non avrebbe permesso al fuoco di attizzarsi. Ma, come dicevo: loro alle streghe non ci credevano veramente.
Quando le fiamme giunsero a lambire l’orlo della veste della donna il vento d’improvviso si mise a ululare e soffiare più forte, sollevando da terra polvere, stracci e persino i bambini piccoli. Partiva esattamente dal punto in cui era legata la strega, e soffiava a raggiera verso l’esterno della pira. Le fiamme cambiarono direzione, si attaccarono al carro del boia, all’abbeveratoio e al pozzo. Gli uomini cominciarono a gridare e a correre verso le abitazioni, ma il fuoco divorava avido ogni cosa, sospinto dal vento e alimentato dalla legna in cui quasi tutto era costruito. Bruciava tutto, bruciava ogni cosa e non c’era modo di placare l’incendio, che stava risparmiando solo la donna legata sulla pira.
Nessuno pensò che, se la donna fosse stata davvero una strega, quello sarebbe stato il suo modo di vendicarsi. Ma, come dicevo: loro alle streghe non ci credevano veramente.
Due ore più tardi del villaggio erano rimasti solo mucchi di rovine carbonizzate e annerite, mentre una fitta pioggia cadeva a spegnere gli ultimi piccoli focolai. La donna e il suo gatto uscirono a passo lento dal villaggio, senza guardarsi indietro.
Non c’era più nessuno, che potesse credere alle streghe.
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