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Ci sono molti libri che non ho mai letto, e che ho inserito in una lista dei "buoni propositi", per rimediare a tale carenza.
Recentemente ho letto Il Gattopardo, ambientato all'interno di una società che sta cambiando. Prima c'erano persone a cui era il titolo a dare importanza (il Principe e la sua famiglia) e poi arrivano persone che si elevano socialmente grazie ai soldi.
Naturalmente il contesto in cui si svolge la storia è molto più elaborato di così: ci sono in ballo cambiamenti ideologici epocali (con i Mille di Garibaldi) che si scontrano con mentalità e atteggiamenti semplici, radicati e immobili.
A me però in questo momento importa analizzare il risultato del cambiamento, e i suoi strascichi.
Esiste l'espressione "nuovi ricchi", che serve a indicare persone che non sono nate ricche di famiglia, ma che lo sono diventate in virtù delle loro personali fatiche. Il termine, che potrebbe anche essere visto in luce positiva, ha invece accezione negativa. Il motivo è, probabilmente, che è stato coniato dai "vecchi" ricchi, che si sono a poco a poco visti soffiare la scena da persone che secondo i loro parametri non erano meritevoli.
Fondamentalmente dentro di me alberga un animo rivoluzionario ed egalitario, quindi mi ha un po' sorpreso scoprire che in parte sto con i "vecchi" ricchi.
Mi è capitato di conoscere persone che non perdevano occasione per farmi sapere che loro, da piccoli, sono cresciuti con due paia di scarpe e niente regali di Natale, e intanto che mi informavano di ciò spendevano quantità di soldi in oggetti totalmente superflui e inutili, che avrebbero dimenticato di possedere nel giro di un mese, sulla qual cosa avrebbero poi sorriso compiaciuti.
Caro il mio "nuovo" ricco, mi spiace ma nonostante tutto il valore del denaro non sei riuscito a capirlo.
Naturalmente ci sono fior di "vecchi ricchi" che spendono i soldi solo perché li hanno, non è che la ricchezza ti dia automaticamente classe e intelligenza. Ma non è vero neanche il contrario.
Quindi è stato giusto togliere i "meriti" dati da ricchezze ereditate e titoli nobiliari, per passarli a chi lavorava e sudava per ottenere qualcosa e alla fine ce la faceva? È stato giusto inventare il concetto di meritocrazia?
Come tante, tantissime cose: in teoria, direi di sì. Ma la pratica, poi, come si è evoluta? Le persone che "ce l'hanno fatta", i "nuovi ricchi", come sono arrivati dove sono arrivati? Quali sono, i loro famosi meriti? Hanno davvero lavorato di più e meglio degli altri? O hanno rubato, evaso le tasse, calpestato altri, tradito il/la partner con la/il superiore, mostrato più scollatura delle colleghe....? Perché, diciamocelo: se sono questi i loro meriti, allora tanto valeva rimanere al punto in cui eri importante e "meritevole" perché avevi un titolo da sfoggiare, senza bisogno di rivoluzione francese, moti carbonari e tutto il resto!
In questo stralcio tratto dal libro, c'è il "nuovo ricco" don Calogero che considera quali siano le caratteristiche che ancora lo differenziano dal "vecchio" ricco, il Principe Fabrizio. Non sono i soldi, i possedimenti, quelli ormai ce li ha anche lui; sono piuttosto il comportamento, le maniere, e si rende conto che non si tratta di apparenze, orpelli inutili, ipocrisie superflue.
Ecco, in questo mi ritrovo dalla parte dei "vecchi" ricchi, come vengono descritti qui. Intorno a noi ci sono un sacco di "cafoni rivestiti", autentici buzzurri con l'orologio d'oro al polso, che sfoggiano la propria ignoranza come un pavone la coda, apposta per dimostrare al mondo che loro non hanno bisogno di essere intelligenti, non hanno bisogno di avere cultura. Abbimo deposto la nobiltà per avere questo?
Nella nostra smania di giustizia abbiamo tolto di mano il mondo ai principi per consegnarlo nelle mani di esseri sguaiati, rumorosi, maleducati, incapaci e ignoranti.
Penso con nostalgia agli eroi leggendari, ai protagonisti dei romanzi d'avventura, per i quali l'onore, la cavalleria, la lealtà, la verità... erano valori. Basta guardarsi intorno per accorgersi che non è così nella realtà e se lo fai notare vieni guardata con compassione, ti viene detto, Ma quelle sono solo storie!
Sono solo storie perché si vuole che rimangano solo storie. Poiché gli eroi di oggi non sono capaci di essere così, continuano a gridare e a stordire tutti gli altri con il suono della loro voce che proclama futilità piene zeppe di ignoranza e pregiudizi e quello diventa realtà.
Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.
Ci sono molti libri che non ho mai letto, e che ho inserito in una lista dei "buoni propositi", per rimediare a tale carenza.
Recentemente ho letto Il Gattopardo, ambientato all'interno di una società che sta cambiando. Prima c'erano persone a cui era il titolo a dare importanza (il Principe e la sua famiglia) e poi arrivano persone che si elevano socialmente grazie ai soldi.
Naturalmente il contesto in cui si svolge la storia è molto più elaborato di così: ci sono in ballo cambiamenti ideologici epocali (con i Mille di Garibaldi) che si scontrano con mentalità e atteggiamenti semplici, radicati e immobili.
A me però in questo momento importa analizzare il risultato del cambiamento, e i suoi strascichi.
Esiste l'espressione "nuovi ricchi", che serve a indicare persone che non sono nate ricche di famiglia, ma che lo sono diventate in virtù delle loro personali fatiche. Il termine, che potrebbe anche essere visto in luce positiva, ha invece accezione negativa. Il motivo è, probabilmente, che è stato coniato dai "vecchi" ricchi, che si sono a poco a poco visti soffiare la scena da persone che secondo i loro parametri non erano meritevoli.
Fondamentalmente dentro di me alberga un animo rivoluzionario ed egalitario, quindi mi ha un po' sorpreso scoprire che in parte sto con i "vecchi" ricchi.
Mi è capitato di conoscere persone che non perdevano occasione per farmi sapere che loro, da piccoli, sono cresciuti con due paia di scarpe e niente regali di Natale, e intanto che mi informavano di ciò spendevano quantità di soldi in oggetti totalmente superflui e inutili, che avrebbero dimenticato di possedere nel giro di un mese, sulla qual cosa avrebbero poi sorriso compiaciuti.
Caro il mio "nuovo" ricco, mi spiace ma nonostante tutto il valore del denaro non sei riuscito a capirlo.
Naturalmente ci sono fior di "vecchi ricchi" che spendono i soldi solo perché li hanno, non è che la ricchezza ti dia automaticamente classe e intelligenza. Ma non è vero neanche il contrario.
Quindi è stato giusto togliere i "meriti" dati da ricchezze ereditate e titoli nobiliari, per passarli a chi lavorava e sudava per ottenere qualcosa e alla fine ce la faceva? È stato giusto inventare il concetto di meritocrazia?
Come tante, tantissime cose: in teoria, direi di sì. Ma la pratica, poi, come si è evoluta? Le persone che "ce l'hanno fatta", i "nuovi ricchi", come sono arrivati dove sono arrivati? Quali sono, i loro famosi meriti? Hanno davvero lavorato di più e meglio degli altri? O hanno rubato, evaso le tasse, calpestato altri, tradito il/la partner con la/il superiore, mostrato più scollatura delle colleghe....? Perché, diciamocelo: se sono questi i loro meriti, allora tanto valeva rimanere al punto in cui eri importante e "meritevole" perché avevi un titolo da sfoggiare, senza bisogno di rivoluzione francese, moti carbonari e tutto il resto!
In questo stralcio tratto dal libro, c'è il "nuovo ricco" don Calogero che considera quali siano le caratteristiche che ancora lo differenziano dal "vecchio" ricco, il Principe Fabrizio. Non sono i soldi, i possedimenti, quelli ormai ce li ha anche lui; sono piuttosto il comportamento, le maniere, e si rende conto che non si tratta di apparenze, orpelli inutili, ipocrisie superflue.
Ecco, in questo mi ritrovo dalla parte dei "vecchi" ricchi, come vengono descritti qui. Intorno a noi ci sono un sacco di "cafoni rivestiti", autentici buzzurri con l'orologio d'oro al polso, che sfoggiano la propria ignoranza come un pavone la coda, apposta per dimostrare al mondo che loro non hanno bisogno di essere intelligenti, non hanno bisogno di avere cultura. Abbimo deposto la nobiltà per avere questo?
Nella nostra smania di giustizia abbiamo tolto di mano il mondo ai principi per consegnarlo nelle mani di esseri sguaiati, rumorosi, maleducati, incapaci e ignoranti.
Penso con nostalgia agli eroi leggendari, ai protagonisti dei romanzi d'avventura, per i quali l'onore, la cavalleria, la lealtà, la verità... erano valori. Basta guardarsi intorno per accorgersi che non è così nella realtà e se lo fai notare vieni guardata con compassione, ti viene detto, Ma quelle sono solo storie!
Sono solo storie perché si vuole che rimangano solo storie. Poiché gli eroi di oggi non sono capaci di essere così, continuano a gridare e a stordire tutti gli altri con il suono della loro voce che proclama futilità piene zeppe di ignoranza e pregiudizi e quello diventa realtà.
Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.