WE OWE IT TO EACH OTHER,
TO TELL STORIES.

Neil Gaiman

CARESS THE TALES
AND THEY WILL DREAM YOU REAL.

Nightwish

STORIES AND SONGS
ARE THE LANGUAGE OF THE HEART.

Stephen Lawhead


ALL STORIES ARE TRUE.
Patrick Rothfuss

A DREAMER IS ONE WHO CAN ONLY FIND HIS WAY BY MOONLIGHT,
AND HIS PUNISHMENT IS THAT HE SEES THE DAWN
BEFORE THE REST OF THE WORLD.
Oscar Wilde

THE CORE OF ALL LIFE
IS A LIMITLESS CHEST OF TALES.

Nightwish
ALL THE TRUTH IN THE WORLD
IS HELD IN STORIES.

Patrick Rothfuss

mercoledì 30 maggio 2012

When women are depressed, they eat or go shopping. Men invade another country. It's a whole different way of thinking. [Elayne Boosler]

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Non è che io odi fare shopping per definizione.
Probabilmente mi piacerebbe anche, se una volta che fosse una trovassi quello che cerco alla prima uscita.

Per dire: ora vorrei un paio di pantaloncini corti per andare a correre in estate.
Che ci vuole? Non mi servono strass, fiocchetti o stampe hawaiane: mi bastano due pezzi di cotone cuciti insieme.

Quando vado per negozi, però, che ti trovo?
Trovo tre modelli, in particolare, dell'articolo in questione:

1) pantaloni professional, a prezzi esorbitanti. Ora, io sono anche molto piacevolmente sorpresa e soddisfatta della mia nuova esperienza da runner. E sono anche disposta ad accettare che gli indumenti idonei abbiano un loro perché (come ho confessato qui). Finora, però, dei semplici pantaloni da tuta sono andati benissimo. Non vedo perché per l'estate io non possa sfoggiare dei semplici pantaloncini da tuta, risparmiando soldi;

2) pantaloncini-mutanda, a prezzi decisamente abbordabili, ma spenderei volentieri qualcosina di più per qualche centimetro extra di cotone. Insomma, va bene che sono alta un metro e una banana, ma si dà il caso che tra la mia anca e il mio ginocchio ci siano comunque quasi tre spanne. Se volevo andare a correre in mutande, ne prendevo un paio a caso dal mio cassetto.

3) pantaloni al ginocchio, a prezzi abbordabili. Sì, è vero che ci sono tre spanne tra la mia anca e il mio ginocchio, ma per i pantalonicini destinati alla corsa me ne bastavano due. E pantaloncini di cotone lunghi giusto due spanne sotto il cavallo è impossibile trovarne. Giuro, ho girato due ore stamattina.

Quindi, alla fine, mi toccherà come sempre sottostare alle rigide e insulse regole del marketing e della moda, comprando quello che mi si vuole far comprare e non quello che desidero comprare.
E in spregio a tali regole, violerò i pantaloni al ginocchio che acquisterò tagliandone via una spanna. Tiè.

lunedì 28 maggio 2012

Tutta la vita è sogno, e gli stessi sogni son sogni! [Pedro Calderón de la Barca]


Come scrivevo qui pochi giorni fa, una storia di sonno e sogni stava bussando alla mia porta per farsi raccontare.
L'ho ascoltata, e alla fine l'ho raccontata:



La vita è sogno - CDG


(cliccare aull'icona in basso a destra del documento per ingrandire)

giovedì 24 maggio 2012

You wish sunrise will never fall under. [Jonsi]

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Da ieri sera c'è una nuova storia che sta bussando alla mia porta.

Mi piace quando le storie vengono a trovarmi: vengono da me perché vogliono essere raccontate e io voglio fare del mio meglio per raccontarle bene, come vorrebbero essere raccontate loro.

Ce ne sono alcune che vogliono solo danzarmi nella testa, farmi compagnia.

Ce ne sono altre, invece, che sfondano il portone, prepotenti, e non mi lasciano stare finché non le ho scritte. Una parola dopo l'altra, una riga dopo l'altra le traduco, le scrivo e le racconto.

Questa storia parla di sonno e sogni. Promette bene.

lunedì 21 maggio 2012

There are no foreign lands. It is the traveler only who is foreign. [Robert Louis Stevenson]

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- Ho prenotato le vacanze per quest'estate! 

- Benissimo! Dove ci porti?

- Stavolta ho fatto le cose in grande: vi porto in Egitto!

- Wow, l'Egitto! Fico davvero! Non vedo l'ora di navigare sul Nilo, vedere i coccodrilli sacri, cavalcare un cammello nel deserto, entrare nelle tombe dei faraoni, bere il tè alla menta...

- Ecco, il tè alla menta lo troverai di sicuro. 

- ??? 

- Andiamo a Sharm El Sheikh, in un villaggio turistico. 

- Ma a Sharm El Sheik non c'è niente! Neppure una priamidina piccina picciò! Praticamente ci facciamo due settimane di mare, come avremmo potuto farcele a Rimini! 

- Beh, adesso non esagerare. Lì il mare è bellissimo, c'è la barriera corallina. 

- Uhm, okay. Vada per la barriera corallina. Ma una volta UNA che vado in Egitto nella vita, manco una piramide...?

- Organizzano dei viaggi, volendo. Sono circa otto ore di autobus sotto il sole lungo le strade-non strade egiziane. 

- Uhm.

- E una gita in cammello probabilmente qualcuno potrebbe farcela fare, lì nei dintorni. 

- Uhm-uhm.

- Certo sarebbe consigliabile non uscire dal villaggio. Sai com'è, la situazione è un po' instabile.

- Ah. 

- E bisogna fare attenzione all'acqua: sempre bere quella della bottiglia, preferibile anche per lavarsi i denti. E lascia perdere l'insalata, mangia qualcos'altro: verdura cotta, per esempio. 

- Verdura cotta? Ma è estate, ci saranno 50°C e non posso manco farmi un'insalatina? 

- Possiamo sempre mangiare gelati. Ah, e non dimenticare il tè alla menta!

domenica 20 maggio 2012

Methinks that the moment my legs began to move, my thoughts began to flow. [Henry David Thoreau]

Ultimamente ho scelto di andare a correre lungo la Mauerweg.
Arrivo in cinque minuti all'ingresso più vicino a casa mia, da cui partono chilometri di strada pedonale, ciclabile, pattinabile e passeggiabile lungo il Teltowkanal, che è un canale navigabile.
È un posto tranquillo, decorativo, c'è del verde, e soprattutto a qualunque ora del giorno è frequentato da gente che, come me, corre (alcuni meglio e di più, altri peggio e di meno), ma anche da ciclisti e pattinatori che si allenano, e c'è persino una signora cicciotta che incontro quasi ogni volta, che con la sua magliettona rosa procede a passo spedito agitando le braccia e tenendo in mano due piccoli pesi. Insomma, praticamente una palestra.

Oggi ho terminato la terza settimana del mio absolute beginner training plan, spingendomi più lontano di quanto non fossi mai arrivata prima.
Al ritorno, prima di lasciare la Mauerweg e tornare sulla strada normale, mi sono concessa qualche minuto seduta su una panchina, tracannando acqua, asciugandomi il sudore dalla faccia e considerando che se non voglio avere la faccia pezzata nel giro di una settimana è meglio che mi procuri un paio di occhiali da sole meno enormi di quelli che indosso in quest'ultimo periodo.

Davanti a me, vedevo questo:


Dietro di me, invece, c'era lui:


Stavo per fare anche una foto di me stessa, per immortalare la mia immagine: volto grondante e paonazzo; ciocca sudaticcia che spunta dalla bandana; coda di cavallo tricolore poggiata su una spalla; maglietta geek d'ordinanza da cui escono gli auricolari per sentire la musica... purtroppo la batteria del cellulare (con cui stavo scattando le foto) mi ha abbandonato proprio in quel momento, quindi toccherà lavorare di immaginazione. E, forse, tutto sommato è molto meglio così!

venerdì 18 maggio 2012

The only thing that interferes with my learning is my education. [Albert Einstein]

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È sempre bello imparare nuove cose.

Ultimamente ho imparato un paio di cosette interessanti riguardo:  

1) la corsa;
2) l'orto.

Cominciamo da 1) la corsa:
 a) l'abbigliamento denominato idoneo non serve solo a tirarsela. C'è un motivo per le scarpe idonee, per le calze idonee, i pantaloni idonei, la maglietta idonea, lo zainetto idoneo. Il motivo è: farsi meno male e stare più comodi mentre si corre;
b) anche i reggiseni sportivi hanno probabilmente ragione di esistere: la mia esperienza insegna che la scelta di un romantico reggiseno a balconcino rosa con i fiocchetti lilla è non idonea.

Proseguiamo con 2) l'orto:
a) abitare in una casa con giardino sul retro non offre ipso facto garanzie sulla buona riuscita di un'auto-produzione di ortaggi;
b) tutti i tutorial e gli how-to riferiti all'allestimento dei cosiddetti raised beds hanno ragione di esistere, perché
c) usare la vanga è un'esperienza devastante.

Ho imparato entrambe le lezioni a mie spese e ne concludo che in parte sono una dannata snob che pensa di saper giudicare le cose prima di conoscerle realmente. In parte la mia è una semplice reazione d'insofferenza all'imperante abitudine alle cose inutili, che non mi ha reso in grado di riconoscere la verità dietro alla proposta commerciale.

lunedì 14 maggio 2012

È la nostra luce, non la nostra oscurità che ci spaventa.

La nostra più grande paura non è quella di essere inadeguati. La nostra più grande paura è quella di essere potenti al di là di ogni misura.

 


È la nostra luce, non la nostra oscurità che ci spaventa. 
 
Noi chiediamo a noi stessi, chi sono io per avere talento, per essere brillante, favoloso, magnifico? In realtà, chi siamo noi per non esserlo?
Agire da piccolo uomo non aiuta il mondo. Non c'è nulla di illuminante nel rinchiudersi in se stessi così che le persone intorno a noi si sentiranno insicure.
Noi siamo nati per rendere manifesta la gloria che c'è dentro di noi. Non è solo in alcuni di noi, è in tutti noi!
Se noi lasciamo la nostra luce splendere, inconsciamente diamo alle altre persone il permesso di fare lo stesso.
Appena ci liberiamo dalla nostra paura, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.
[Nelson Mandela 1994, Discorso inaugurale]

venerdì 11 maggio 2012

Whether you believe you can or believe you can't, you're probably right. [Henry Ford]

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E così sto per concludere la seconda settimana del favoloso absolute beginner training plan.
Di nuovo.
Un piccolo incidente di percorso mi aveva bloccato esattamente a questo punto del programma, all'incirca un mese fa.
Così, nutrendo una fiducia piuttosto scarsa nelle mie neonate abilità di runner, ho pensato di riprendere dal giorno uno, livello zero.

Dopo aver completato senza quasi spillare una goccia di sudore le prime quattro giornate di allenamento, ho arbitrariamente deciso di saltare a pié pari tutto quello che si frapponeva tra quel momento e il momento in cui avevo sospeso.
Quindi ieri, invece di proseguire con la giornata numero cinque, mi sono portata sulla Mauerweg lungo il canale pronta ad affrontare la giornata numero undici.

[Senza scendere in tediosi dettagli: il programma che sto seguendo prevede che per il momento il mio allenamento consista in un numero variabile di serie alternate corsa/camminata veloce.]

Alla penultima serie ho cominciato a pensare che forse avevo esagerato, passando spudoratamente dal giorno 5 al giorno 11. Però poi mi sono messa a respirare con un sistema che ho imparato al corso di yoga e nel giro di venti secondi non avevo più neppure il fiatone. Certo, questa scoperta ha provocato uno scoppio di ilarità scomposta che mi ha fatto perdere di nuovo il ritmo, ma a quel punto partiva la camminata veloce e sono riuscita a ripigliarmi in tempo per l'ultima serie.

A 65 secondi dalla fine non riuscivo più a mantenere la concentrazione sufficiente per la respirazione magica, sbanfavo disordinatamente e stavo già considerando che fermarmi un minuto dalla fine non era poi una tragedia. In quel momento mi sono accorta che l'mp3 mi stava propinando Arabesque e in un attimo ho avuto le ali ai piedi, ho ripreso a respirare bene e quando il timer mi ha avvisato che il tempo era scaduto avrei potuto andare avanti a correre ancora... almeno fino alla fine della canzone!

Avevo una voglia matta di mettermi a fare un balletto di esultanza, tanto era magnifico avercela fatta. Mi sono concessa di ridere sonoramente mentre mi stretch-avo i muscoli.

Ma come ho fatto a NON correre per tutta la vita?

mercoledì 9 maggio 2012

All that I can see is just another lemon-tree [Lemon Tree, Fool's Garden]

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- Ma cos'hai nel piatto?

- Una slurposissima insalata mista: rucola, pomodorini, cetrioli, ravanelli e feta, condita con pesteda e olio d'oliva. *sbaaaaav* 

- Mamma, tu ormai sei drogata di pesteda. Dovresti disintossicarti.

- Sì, è vero. E poi mangi solo insalata in questi giorni!

- Molla subito il vasetto della pesteda! E mangio solo insalata perché non mi va nient'altro, non ho proprio voglia di niente a parte insalata. Voglio dire: sarebbe un problema se non avessi voglia di mangiare altro che patatine fritte, ma l'insalata...! 

- Sì, vabbè, però ti stai trasformando in una pecora. 

- O in una mucca.

- In un'erbivora, insomma.

venerdì 4 maggio 2012

A clean house is a sign of a wasted life.

Un giorno può capitare che tu, che ti svegli sempre come un fringuello al sorgere del sole - o quantomeno al suono della sveglia - sia costretta a rotolare giù dal materasso e a trascinarti come uno zombi privo di auto-coscienza per cominciare la giornata.

Può capitare che, mentre meccanicamente adempi alle usuali mansioni relative alla procedura "preparazione-figlio-per-la-scuola", i pertugi ai lati della tua testa che fungono da condotti auditivi captino un mi sento poco bene provenire dall'ominide seduto all'altro capo del tavolo.

Può capitare di riuscire a connettere due neuroni quel tanto che basta da decidere di prendere l'ominide e portarlo dal dottore, dove può capitare di farsi due ore di attesa mentre un terzo neurone, risvegliato prepotentemente da tanta agitazione, continua a lamentarsi, ma non potevamo starcene a letto, queste due ore?!

Può anche capitare che piova, e che tutto questo accada in una giornata che sulla tua agendina, ottimisticamente pensata per ospitare tre giorni per pagina, sia scomparsa sotto appunti e appuntamenti.

Può persino capitare che, proprio quel giorno, tu sia preda di una acuta crisi da sindrome pre-mestruale (in debito ritardo, dal momento che la sindrome pre-mestruale si chiama così perché colpisce prima del ciclo, non durante o dopo) per cui ti costa un discreto sforzo di volontà reprimere il groppo alla gola quando vedi che gli alberi rosa in Parchimer Allee stanno già sfiorendo e per un altro anno non saranno più rosa, nonché trattenerti dal ruggire in risposta all'educato Buona giornata della cassiera del supermercato, che probabilmente non voleva essere sarcastica e prenderti in giro, come ti suggerisce il tuo sballatissimo sistema ormonale, ma solo essere gentile.

E così la giornata prosegue: dentro casa, fuori casa, sull'U-Bahn, sull'S-Bahn, sul tram, a piedi, sotto la pioggia, con il sole, al telefono, su internet, tra colleghi, tra amici, tra familiari... e fumosamente si conclude nel letto.

La mattina seguente capiterà che ti alzi un po' meno rintronata, che la sindrome pre-mestruale sia più gestibile, che l'ominide non si lamenti, che il meteo sia un po' più stabile e che la giornata sulla tua agendina sia ancora quasi visibile.

Capiterà anche che tua figlia si alzi presto per preparare una torta per la colazione, che mangeranno lei e i suoi amici in visita naturalmente, visto che i membri ufficiali della famiglia sono già in piedi e carburati da un po'.
E mentre profumi cioccolatosi che non ti riguardano invadono la cucina e le tue narici, l'ardire di tua figlia la porta a osservare che il pavimento della cucina è ancora sporco, quand'è che lo lavi?
A quel punto ti faresti volentieri un pianto a causa delle piantine di pomodori che curi amorevolmente da settimane e sono ingiallite lo stesso, e già che ci sei sbraneresti pure la collega della biblioteca che osa chiederti a che ora sei arrivata?, sicuramente per tenderti un tranello.

E meno male che agli alberi sfioriti e alla cassiera gentile hai già pensato ieri.


mercoledì 2 maggio 2012

La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me. [Luigi Pirandello, Uno, Nessuno e Centomila]

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Odio le scatole.

Non tutte quante: quelle che servono per riporre segreti, tesori, ricordi, oggetti, vestiti, strumenti... quelle sono bellissime. Quelle sono mondi da aprire, ritrovare e scoprire.

Odio le scatole che in realtà sono trappole. Le scatole dentro cui la gente chiude altra gente, chiude i pensieri, chiude le emozioni, chiude le battaglie, chiude la libertà, la fantasia, la vita.

Come puoi presumere di sapere tutto di me, di conoscermi e capirmi, di sapere di cosa ho bisogno... se non mi ascolti? Se non mi guardi?

Come puoi presumere di avere il diritto di compatirmi, di spiegarmi la mia infelicità, di definire i miei sogni, di rimpiangere quella che ero... se non ti assumi l'onere di scoprire chi sono adesso? Se non fai la fatica di demolire la scatola dentro la quale mi hai rinchiuso?

Non voglio essere cambiata, da te né da nessuno.
Non ho bisogno di essere cambiata, di essere migliorata, di essere resa più simile all'immagine che tu hai di me. La me che hai in mente tu non è migliore della me che sono, e lo sapresti anche tu, se solo mi guardassi. E se non ti piace quel che vedi, girati dall'altra parte.

Non cercare di aggiustarmi, non sono rotta. Se non ti piace come sono, vai via. Non hai bisogno di me, come io non ho bisogno di te.
Non mi serve un'amicizia fasulla come quella che mi offri, solo per riuscire a modificare quelle cose di me che ritieni sbagliate.
Non ingannarmi, piuttosto lasciami sola.
Io sono io, sono viva e non voglio stare dentro la tua scatola.

martedì 1 maggio 2012

Quel che non si spera accade più spesso di quel che si spera. [Tito Maccio Plauto]

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Tutto ebbe inizio due giorni fa.
Il cielo stellato e sereno faceva da tetto alla prima grigliata in giardino dell'anno.

La protagonista di questa storia aveva trascorso la settimana a pulire e scrostare le sedie e il tavolo, rimasti esposti alle intemperie invernali; a fregare le mattonelle del terrazzo; a spogliare le piante dei rami secchi; ad addomesticare gli arbusti; a sparpagliare simpatici sassolini bianchi e terriccio fresco; a riposizionare il suo tentativo d'orticello e altre amenità faticose e correlate.
Tutto era perfetto.
C'erano persino quattro lanterne fatte in casa a illuminare gli scalini di pietra che collegano la terrazza al giardino. L'aria era tiepida, il cibo e la birra ottimi, la compagnia ilare al punto giusto.

Rientrati in casa, i nostri hanno caricato la lavastoviglie di piatti e utensili sporchi e sistemato la pastiglietta di detersivo nell'apposito contenitore, lasciandola avvolta nella sua plastichina idrosolubile come da istruzioni.
Il mattino seguente, la spia della lavastoviglie segnalava chiaramente che il ciclo di lavaggio era stato regolarmente portato a compimento. Ed è stato allora, che si è consumata la tragedia.
Aprendo il portello, infatti, dietro alla regolamentare nube di vapore si sono intraviste stoviglie sporche, unte e opache.
Una veloce ricostruzione dei fatti ha portato alla luce la verità: la plastichina idrosolubile non si era idrosolubilizzata a dovere, rimanendo appesa per un lembo al gancetto del contenitore. La pastiglietta di detersivo non aveva quindi avuto modo di raggiungere il comparto stoviglie sporche e tutto il ciclo di lavaggio aveva perso la sua utilità.

Alle doverose, educate recriminazioni che hanno fatto seguito all'amara scoperta, sono quindi succeduti gravi incovenienti e disagi: bicchieri puliti ormai irreperibili; cucchiaini divenuti improvvisamente merce preziosa; contrabbando selvaggio di tazze; cicli di lavaggio completamente sfasati.

La sera seguente, sotto un altro cielo stellato, è stata gustata una pregiata pizza fatta in casa, su piatti raccattati da armadi dimenticati e posate riciclate. I bicchieri per la birra sono stati riesumati da collezioni di antichità rimaste intoccate per decenni.
Il tutto è stato poi debitamente impilato nel lavello e sui ripiani circostanti, in attesa che la lavastoviglie, a cui erano stati imposti ritmi di lavoro serratissimi, terminasse il ciclo di lavaggio in corso. Cosa che si è verificata quando ormai l'allegra compagnia, stremata da un lungo e soddisfacente giro in battello sulle molteplici ramificazioni del lago di Tegel, giaceva scomposta e sfatta sui divani del salotto e quindi momentanemanete inabilitata a procedere al cambio delle stoviglie.

Stamattina presto la nostra protagonista, immersa in soffici meandri, ha chiaramente distinto un rumore di stoviglie smosse e rimosse provenire dalla cucina. Ha sorriso, godendo del teporino da cui era avvolta, immaginando la figlia, circonfusa di un'aura di santità, intenta a rendere alla stanza fulcro della vita familiare un aspetto decoroso e, soprattutto, un'agibilità ormai dimenticata.

Quali non sono stati, quindi, il suo disappunto e la sua delusione, nel constatare che, lungi dall'adempiere a sì nobile impresa, la fanciulla in questione si era prodigata nell'imbrattamento di uteriori stoviglie e utensili preparando una torta glassata sulla quale campeggiava a chiare lettere il beffardo monito: NO YOU CAN'T.

E la nostra storia si conclude quindi con un'efferata azione da parte della protagonista, la quale, colta da raptus maniacale, ha metodicamente bistrattato ogni singolo elemento fuori posto a portata di mano finché la cucina stessa non ha implorato pietà e ha cominciato a riordinarsi da sola.