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Comincio a postare le foto dei libri di cui parlerà questo post, quando lo avrò scritto!
Al momento però mi sto preparando un profumatissimo chili vegetariano, le cui esalazioni paradisiache e promettenti rischiano di farmi svenire sulla tastiera, quindi se ne riparla dopo pranzo.
*** PRIMA PARTE ***
Il primo libro si intitola
La Leva Calcistica Del '79, l'autore è
Francesco Guiotto.
Mi è capitato tra le mani grazie a una catena di lettura a cui ho partecipato su aNoobi. Una catena di lettura funziona esattamente come quella che da bambina chiamavo "biblioteca circolante": in un gruppetto di persone ciascuna mette a disposizione un proprio libro, ci si mette in fila e ce li si passa fino a esaurimento. È un'iniziativa simpatica e divertente, che permette di ritrovarsi tra le mani titoli che non si sarebbero magari mai scelti da soli. È sicuramente il caso di questo, che mi ha emozionato e fatto sorridere.
Si tratta del racconto di un gruppo di amici, quegli amici di cui sei sicuro, che non hanno segreti, che sono parte della tua vita quanto un braccio o una gamba. Amici dei quali non sai fare a meno: con loro tutto ti sembra possibile e nulla inconcepibile. Amici che riescono a esserti tanto vicini da entrarti dentro l'anima e che riescono a ferirti come nessun altro al mondo sarebbe in grado di fare.
Tra follie, sogni, amori che nascono, svicolano e muoiono per poi rinascere altrove, altri che invece restano solidi e granitici come montagne, si svolge un'intera stagione per questi ventenni, che imparano, vedono, scoprono la vita nella maniera avida, esagerata e strabiliata che appartiene a loro.
Mi ha commosso in parte perché non sono tanto lontana di età a questa "classe" e quello che ho vissuto io pochi anni prima non è molto differente da quello che vivono loro. Mi sono ritrovata in tanti piccoli dettagli e ho rivisto il mio fratellino più piccolo (lui sì, classe '79) crescere insieme ai suoi amici. Ho ascoltato con nostalgia la colonna sonora della loro stagione, diversa dalla mia ma così importante.
Mi sono segnata una frase, che per me esprime benissimo il desiderio di andare oltre, che per quanto tipico di un giovane non deve necessariamente perdersi negli oscuri meandri del "diventare grandi". Io per esempio mi ci ritrovo anche oggi:
Il mio senso è continuare a inseguire un sogno che ancora non riesco a sognare, una foto che non ho ancora potuto scattare, una canzone che ancora non ho avuto modo di ascoltare. Perché alla fine non si finisce mai di crescere.
Ho letto poi
Elric Of Melniboné, di
Michael Moorcock.
Confesso di non ricordare la vicenda alla perfezione, purtroppo ho trovato lo stile utilizzato per la narrazione un po' troppo pesante e serio.
Il lbro è il primo di una saga, il cui protagonista è Elric, un albino a capo di un grande e potente regno, stabile da lunghissimo tempo ma minacciato dalle popolazioni barbariche confinanti, che però non destano grandi preoccupazioni: il regno ha la sua fama a proteggerlo e il mare che circonda la capitale è stato stregato per cui nessuna nave è in grado di superarlo.
Elric ha un cugino, che vorrebbe occupare il trono al suo posto e che ha alcuni sostenitori convinti che Elric possa essere un demone. Elric, dal canto suo, preferirebbe occuparsi d'altro e non di regnare. Tra l'altro la sua costituzione debole lo costringe a essere dipendente da pozioni che gli infondono la forza necessaria a sostenere le fatiche cui la sua carica lo sottopone, il che naturalmente gli causa fastidi e rischia di farlo soccombere per mano del malvagio cugino.
Le vicende che conducono verso l'epilogo di questo primo capitolo della saga vedono Elric impegnato a contrastare un'invasione al regno e a difendersi dai ripetuti tentativi del cugino di sopprimerlo e prendersi il trono. Sarà costretto a invocare l'intervento delle forze sovrannaturali che governano il Caos e si ritroverà a intraprendere un viaggio a bordo di una nave magica che naviga indifferentemente acqua e terre emerse, al termine del quale si ritroverà padrone di una spada speciale: nera e senziente. Che si intuisce gli servirà per fare casino nei libri a seguire in nome del dio dei Caos.
Chiedo scusa a chi apprezza la storia e conosce il libro meglio di me se ho commesso errori nel riportare ciò che ricordo degli avvenimenti, al momento la mia memoria mi trasmette solo che l'ho trovato molto lungo, troppo lento, troppo "gioco di ruolo" per i miei gusti nonostante alcune trovate carine. E poi non mi garbano le divinità che si lasciano convocare dai mortali per supportarli - ma c'è un prezzo da pagare, normalmente in fedeltà. Preferisco un altro genere di fantasy, personalmente.
Una lettura diversa è stato
Characters And Viewpoint, manuale di scrittura di
Orson Scott Card.
Ho apprezzato maggiormente la parte relativa alla creazione dei personaggi, forse perché è la cosa che amo fare di più quando invento una storia. I personaggi che considero meglio riusciti, tra i miei, sono in effetti quelli che rispondono alle aspettative di questo testo: sono quelli che danno al lettore un motivo per interessarsi a loro e alle loro vicende; sono quelli che reagiscono in maniera realistica e che danno la possibilità di immedesimarsi con loro anche se siamo caratterialmente diversi; sono quelli che, pur rimanendo tra le pagine di un libro, riescono a trascinarci nella loro vita.
Un trucco che devo assolutamente
ricordarmi di ricordare è che una storia deve essere interessante
da subito. Chi legge deve avere chiaro sin dalle prime due pagine
perché la storia vale la pena di essere letta, deve
capire quello che sto dicendo e deve
credere in quello che gli dico.
Chissà se riuscirò mai a creare il mio Personaggio?
Poi ho letto
Ghost Girl, di
Tonya Hurley.
Una lettura decisamente leggera, purtroppo niente più che
carina, anche se data l'idea avrebbe potuto essere qualcosa di più.
Charlotte è la protagonista, una ragazzina che passa sempre inosservata ovunque. La gente si dimentica di lei, non la vede neppure, non le parla, non la considera. Lei è "Miss Nobody". Quando muore, nessuno pare accorgersene o tantomeno ricordarsene. Eppure muore a scuola, in orario di lezione!
Da morta, però, finalmente Charlotte riesce a farsi notare e addirittura a diventare amica di un'altra ragazza, che riesce a vederla e le dà il permesso di possedere il suo corpo per un periodo. Periodo nel quale Charlotte, con assoluta spavalderia, ne approfitta per conquistare il ragazzo dei suoi sogni. Che la ricambia - o ricambia la proprietaria del corpo?
Scritto in maniera un po' sciatta e niente di straordinario nella storia, carine le citazioni sull'amicizia a inizio capitolo.
Nel fumetto
Vampire Loves, di
Joann Sfar, troviamo un vampiro malinconico di nome Ferdinand, che d'abitudine morde le sue vittime con un dente solo, per far pensare alla puntura di una zanzara.
La sua ex-ragazza (una donna-albero) torna da lui e la conversazione che hanno è la seguente:
- Non mi lascerai un'altra volta? - Non ti ho lasciato, ti ho solo tradito. Se non mi avessi scoperta non ci sarebbe stato alcun problema. - Può darsi, però ti ho scoperta. - Non è colpa mia, se tu mi hai scoperta. Ho fatto di tutto per essere discreta. - Cosa? Adesso la colpa è mia? - Beh... No, ma se mi amavi, non avevi nessun motivo di spiarmi. Tu devi fidarti di me. - Ma io non ti ho spiato! Ero passato a salutare il mio amico Michael - è colpa mia se tu eri nel suo letto? - È impossibile parlare con te. Ti scaldi subito.
Ferdinand desidera essere amato, ma la sua relazione con la ragazza-albero è complicata, sebbene lei sia alla ricerca dell'amore tanto quanto lui.
Tra streghe, vampiri, popolo-albero e fantasmi, entrambi cercheranno di riempire la propria vita, ma torneranno tra le braccia l'uno dell'altra, giusto in tempo per litigare di nuovo.
Divertente, leggero e innocuo. Non sono in grado di giudicare i disegni, che personalmente ho trovato molto semplici ma gradevoli.
*** SECONDA PARTE ***
(Non tutta perché sto crollando, finirò domani!)
Il libro
The Giver, di
Lois Lowry, è un romanzo ambientato nel futuro, in una società organizzata in comunità dalle dimensioni relativamente ridotte, nelle quali tutto, ma proprio tutto, è organizzato e gestito in nome del decoro, dell'ordine, dell'efficienza e della mancanza di emozioni.
Lo so, non suona poi tanto originale. La cosa
davvero scioccante è constatare che le regole sui cui gira l'intera comunità di cui si narra non sono poi così campate per aria, se si considera quelle su cui si basa la società a cui noi stessi apparteniamo. Certo, nel libro si raccontano situazioni "estreme", come l'annullamento sistematico di ogni pulsione sessuale tramite l'assunzione vita natural durante di sostanze chimiche che la tengano repressa. O come la cerimonia del "rilascio" degli anziani, in cui dopo una festa meravigliosa in loro onore, i poveretti vengono addormentati per sempre - senza che ufficialmente nessuno sappia nulla. La stessa sorte che tocca ai bambini "non conformi", ovvero che non riescono a trascorrere una notte di sonno senza svegliarsi e piangere superato l'anno di età (danno fastidio, creano disagio), o addirittura al più fragile di due gemelli (che confusione due persone uguali nella stessa comunità!). Ecco, queste cose sembrano orribili, ma poi ce ne sono altre che ho ritrovato con grande angoscia molto "plausibili". Per esempio la decisione che i bambini fino all'età scolare vengano vestiti con giacchette che si abbottonano sulla schiena, per insegnare loro la collaborazione e l'interdipendenza. Che c'è di male, è una cosa positiva, no? Se devono vivere in una società è bene che imparino da subito a funzionare come ingranaggi della stessa e che lo facciano con gioia. Oppure che tutti ricevano una bicicletta al compimento dei 9 anni, o che le bambine abbiano il rito di passaggio che le porta dai codini a una pettinatura più "adulta": per loro è un gran momento, vengono onorate dinanzi a tutta la comunità.
Nella
nostra società, quella vera, se un bambino di 5-6 anni non riesce a stare seduto sulla sedia in aula per tutte le ore di lezione imposte dal rito della scuola elementare, viene trattato come "problematico", viene sottoposto a test d'intelligenza e a visite psicologiche allo scopo di individuare sintomi della cosiddetta Sindrome da Disturbo dell'Attenzione e Iperattività. Nel caso detti sintomi vengano malauguratamente riscontrati, al bambino possono essere prescritte delle medicine che hanno lo scopo di "stordirlo" in maniera da farlo rientrare nei ranghi. Ma è per il suo bene, lui
deve imparare che ci sono luoghi in cui
bisogna stare seduti. Non è pazzesco? Non è fantascientifico? Non è tremendo? Eppure succede!
Quello che mi fa sempre molta rabbia di questo genere di racconti, è che raccontano una fantasia che è molto più realtà di quanto siamo disposti ad ammettere o accettare. Quanto è lungo il passo dalla medicina per far star seduto un bambino in classe, al suo "rilascio"? Angoscia, angoscia, angoscia. Libro molto bello, alla fine del quale Jonas, un bambino prescelto per essere il custode dei ricordi, si rende conto di quanto gli esseri umani stiano perdendo e prova ad agire di conseguenza.
Adesso faccio un riassunto. Perché
Shaman's Crossing è il primo libro della saga
Soldier's Son di
Robin Hobb. Il secondo si intitola
The Forest Mage e il terzo
Renegade's Magic. Li metto tutti insieme, anche se il terzo finirebbe nel prossimo post.
Premetto che sono una fan abbastanza sfegatata di Robin Hobb. Soldier Son però non mi ha conquistato e sono contenta di aver letto altro di suo, prima.
In realtà la trama è solida e l'ambientazione è curatissima, come sempre. La storia però ci mette davvero, davvero
troppo a svilupparsi e le menate mentali del protagonista sono
infinite. Vien voglia di andar lì e prenderlo a schiaffoni.
Cercherò di riassumere in poche parole: il protagonista è Nevare Burvelle, secondogenito in una famiglia di "nuovi nobili", ovvero una famiglia in cui il padre, impegnato militarmente, si è distinto di fronte al re, che lo ha elevato di rango e gli ha donato delle terre.
La tradizione, che ìn realtà è più un credo religioso, vuole che in ogni famiglia il primo figlio si dedichi ad amministrare le terre di prorietà, il secondogenito diventi soldato e il terzogenito si faccia prete.
A Nevare, quindi, tocca diventare soldato. Lui non ha obiezioni, gli va bene, ma il padre decide di temprarlo un po' prima di mandarlo all'accademia, perché gli pare un tipo troppo morbido e teme che non farà onore al nome della casata. Lo manda quindi a trascorrere un periodo di formazione con un guerriero selvaggio - con la cui popolazione ci sono sempre raporti molto tesi, un po' come tra gli Europei e i Pellerossa a suo tempo. In quei giorni, a Nevare capita una specie di esperienza mistica, che però influenza la sua intera esistenza, molto più che se si fosse trattato solo di un sogno.
Quel che succede, in pratica, è che la magia si impossessa di Nevare, provocando in lui una sorta di sdoppiamento della personalità: una ligia al dovere e disicplinata e l'altra istintiva e selvaggia.
Non solo! La faccenda si complica sempre di più, dal momento che la magia si accumula nel corpo di Nevare come grasso, così che il poverino diventa sempre più enorme e naturalmente tutti lo schifano, la fidanzata lo pianta, le sorelle lo dipsrezzano, la cavalleria lo congeda e infine il padre addirittura lo disereda.
Nevare comprende che è la magia che sta operando in lui con uno scopo e piano piano si rende conto che quello scopo è proteggere le foreste che il suo popolo sta distruggendo con assoluta mancanza di rispetto nei confronti degli alberi sacri e delle tribù che vi abitano. Deve trovare il modo di allontanare o sconfiggere gli invasori.
Per centinaia di pagine siamo costretti a sorbirci le paranoie di Nevare, che insiste nel voler mantenere la sua fedeltà al suo popolo d'origine, che però l'ha sdegnato, disprezzato, cacciato, accusato e quasi ucciso piuttosto che darla vinta alla magia e aiutare le tribù della foresta.
A momenti alterni la sua personalità selvaggia prende il sopravvento e lui si cruccia. In altri momenti prende il sopravvento lui e disfa tutto quello che l'altro ha costruito nel frattempo. Va avanti così a lungo, che alla fine mi sono sentita vagamente presa in giro quando la situazione si é praticamente risolta da sola. Insomma, Robin Hobb ha sempre uno stile fantastico, e le sue ambientazioni sono costruite con eccellenza, ma questa storia è stata una sofferenza da finire.
*** FINALMENTE, LA FINE ***
Il Collo Mi Fa Impazzire, di
Nora Ephron, è una breve raccolta di considerazioni autobiografiche e umoristiche, che vanno dall'amore sviscerato e irrazionale per un appartamento nel cuore di Manhattan, alla incomprensibile rassegnazione a spendere ore e soldi dietro a un'effimera sensazione di bellezza da una manicure o da una parrucchiera, quando il collo mostra inesorabile e impietoso i segni dell'età che avanza.
Humor un po' sbiadito per i miei gusti e articoli non sempre gradevolmente legati tra di loro, una lettura leggerissima e rapida adatta a staccare il cervello per un po'.
L'ultimo libro di questa tranche è
Berlin, di
Eraldo Affinati.
Una vera sorpresa, mi è stato prestato da un'amica che, come me, vive qui e non potrebbe vivere altrove. Sono i monumenti e le strade che parlano e raccontano una Berlino sempre viva, sempre diversa e pulsante. Una città che ha vissuto talmente intensamente la propria storia, da diventare Storia essa stessa e da sussurrartelo a ogni angolo.
Una serie di istantanee forma questo libro, che verrà amato da chi ama questa città, da chi è capace di leggere la sua storia nelle statue, nei grattacieli, nel Muro; di sentire la voce della Dea della Vittoria, dell'Aquila nel Reichstag, nell'immobilità della Stanza del Silenzio; di vedere in questa città
il ritratto impossibile di un camaleonte: una città che sembra più vera di quella autentica, ma è fantastica come una leggenda.