Interroghiamici questa sera sul concetto di umanità.
In base a cosa definiamo un essere vivente umano?
Generalmente, si tratta di una definizone fisica. Non bisogna superare un test di intelligenza, non è necessario dimostrare di possedere qualche dote in particolare. È sufficiente essere nati in una famiglia di esseri umani, è una specie di eredità a cui si ha diritto per nascita, non per merito.
Il fatto è che poi utilizziamo questo stesso termine, umano, per definire, per esempio, un cane che fa dondolare la culla di un neonato (nato umano) per farlo addormentare quando piange e la mamma non è lì. E la mamma, che non è lì a prendersi cura del proprio figlio, lei è umana?
È più umana una donna che si veste con un tailleur fresco di tintoria, sfoggia un taglio di capelli e una manicure da 250,00 € e affida i figli per 20 ore al giorno a una au-pair per andare a dirigere non si sa quale impresa, o è più umana una donna che vende il proprio ultimo nato per una manciata di dollari, che le consentiranno di tenere in vita per un altro mese gli altri dieci figli che ha?
È piu umana una donna che soffoca il proprio bambino con il cuscino perché è nato con la sindrome di Down, o è più umana una gorilla che adotta un cucciolo di lupo e lo tratta come se fosse suo?
È più umano il riccone quarantenne che paga per una nottata con una spogliarellista minorenne e tradisce la moglie, o è più umano il lupo che divide la preda catturara con la compagna ferita?
È più umano il miliardario che ordina alle ruspe di abbattere le baracche di centinaia di zingari in una gelida giornata di dicembre, o sono più umane le maestre di scuola a stipendio precario da 900,00 €/mese che aprono le proprie case ai bambini rimasti senza tetto?
Organizziamo missioni umanitarie per portare aiuti, cibo, vestiti e soldi ad esseri umani cui uno tsunami o un terremoto ha portato via tutto. E organizziamo guerre e inviamo multinazionali in Paesi che a breve dipenderanno da noi per un'altra missione umanitaria.
Dove sta l'umanità? Nella guerra, nel cibo, nella mano tesa, dove?
Non abbiamo neppure inventato dei parametri, per definire la nostra stessa umanità.
Come un re, che regna perché nato figlio di re in un Paese in cui la carica si eredita alla nascita, non deve dimostrare di essere in grado di regnare per farlo. Allo stesso modo, nessuno di noi è tenuto a dimostrare di avere umanità dentro di sé, per essere considerato umano.
Si parla di crisi dei valori, e si vanno a cercare questi valori chissà dove, generalmente in entità sovrannaturali, quando ci basterebbe cercare dentro di noi la nostra umanità e tirarla fuori. Sarebbe evidente al più meschino tra di noi, a quel punto, che è più umano porgere una mano al prossimo, piuttosto che pugnalarlo alle spalle. Forse non sarebbe conveniente, non ci garantirebbe denaro, potere e visibilità... ma sarebbe umano.
Le entità sovrannaturali hanno sempre creato solo discordia. Come mai? In fondo, se tutti fossero cristiani, non ci sarebbero discussioni su unioni gay o fecondazione assistita. Se tutti fossero musulmani, non ci sarebbero kamikaze che si fanno saltare in aria in mezzo a una scuola cattolica.
Il problema è che invece di considerarci umani crediamo ci dia più valore auto-proclamarci cristiani, musulmani o altro. C'è sempre e comunque la volontà di primeggiare, e si vuole ottenere tale diritto un po' come si è ottenuto il diritto ad appartenere alla razza umana: senza dimostrare nulla in particolare, semplicemente sbandierando la propria appartenenza a questa o quella schiera.
L'opportunista è umano? Quello che sfrutta la faciloneria altrui, la fede altrui per piantare coltelli nelle schiene un po' di tutti, sempre e solo allo scopo di primeggiare.
Ecco come nascono i nani di plastica, che vogliono vedere tutti abitare nella casa di Barbie, con un sorriso finto e una vita finta, senza consapevolezza e domande. Grottesco, o umano?
Stiamo perdendo la nostra umanità e abbiamo il terrore di recuperarla.
È una cosa che ci spaventa, perché quando guardi giù vuoi vedere il pavimento, e se hai il sospetto che sotto invece troverai una voragine, non vuoi guardare in basso. E se qualcuno ti incita a farlo, te la prendi con lui, lo insulti, ti arrabbi. Tu in basso non ci guardi. Non vuoi vedere che la tua vita è finta, la tua casa è di plastica e le tue amicizie sono solo manichini. Meglio continuare a camminare senza vedere, giudicando un disfattista e un pessimo moralista chi denuncia questa perdita di umanità collettiva.
Giudicare è così facile, e ci mette nella condizione di primeggiare. Ci sentiamo migliori degli altri perché abbiamo un'automobile più grande. Perché andiamo al ristorante una volta alla settimana. Perché andiamo a Cortina a sciare in inverno. Perché compriamo le scarpe di Prada.
Poi teniamo nella nostra piccola impresa una persona con un contratto precario e uno stipendio da fame per decenni, pur di poterci permettere queste cose e dimostrare che valiamo tanto.
Valiamo tanto, secondo quale unità di misura? Non in umantià, questo è certo.
Giudicare "criminale" un disgraziato che ha subìto ogni sorta di soprusi e umiliazioni pur di sottrarsi al regime di un Paese che lo avrebbe voluto morto è facile. Più facile che ricordare che le cose vanno conquistate, non ci spettano di diritto. Ci dà fastidio avere davanti agli occhi delle testimonianze così concrete di cosa un essere umano ha costretto un altro essere umano a subire. Ci mette a disagio, ammettere che c'è ancora al mondo chi è disposto a lottare, sporcarsi, soffrire e rischiare la vita, piuttosto che piegare la testa davanti a una vita di plastica. Non vogliamo vedere, ammettere, prendere consapevolezza. Vogliamo la nostra vita di plastica, la nostra casa di Barbie, la nostra settimana a Cortina. A spese di qualcun altro, che va tenuto rigorosamente fuori dal quadro di plastica.
La mia generazione, in Italia ma probabilmente in tutto il mondo "occidentalizzato", è cresciuta così: avendo tutto, ogni cosa, per diritto di nascita.
Noi, gli adolescenti degli anni '80, che hanno goduto del boom economico, che hanno assistito all'evoluzione tecnologica più incredibile che si potesse immaginare, che non hanno avuto battaglie da combattere perché era già tutto bello, pronto e servito, che avevano la sola preoccupazioe di scegliersi il colore del Moncler.
I nostri genitori, i giovani degli anni '60, avevano combattuto e vinto per noi battaglie civili come i diritti delle donne, erano riusciti a imporsi all'attenzione dei "potenti", avevano avuto il fegato di occupare le prime linee, di pretendere di essere ascoltati. Hanno ottenuto dei risultati e ce li hanno donati insieme al nostro visto d'ingresso nel mondo. Hanno voluto che nulla ci mancasse, hanno rimosso la loro infanzia e le loro privazioni, non ce le hanno neppure raccontate, ormai per noi sono storie di "altri".
Perché i loro genitori, negli anni '40, hanno vissuto la guerra. Hanno mangiato poco e male, si sono nascosti, hanno venduto preziosi ricordi per un chilo di farina al mercato nero, hanno bevuto il caffè fatto con le foglie di cicoria, hanno perso amici e famiglia sotto le bombe. Hanno cresciuto i propri figli insegnando loro le lezioni che la guerra aveva insegnato loro, li hanno cresciuti cercando di fare di loro degli esseri umani, dal momento che avevano visto abbastanza orrori e azioni inumane nel corso della guerra.
D'altronde, i loro genitori, la generazione cresciuta negli anni '20, aveva vissuto qualcosa di simile.
Noi, paninari o anonimi ragazzini degli anni '80 abbiamo avuto tutto e subito e stiamo crescendo i nostri figli, adolescenti del primo decennio del XXI secolo, esigendo che abbiano ancora di più di quello che abbiamo avuto noi, che giá era troppo, e insegnando loro che avere tutto è un loro diritto, che dove non arriva la capacità o l'intelligenza arriva il portafoglio, poco importa che sia il loro o quello di un altro.
Noi abbiamo voluto costruire il mondo di plastica stiamo insegnando loro che deve restare così e ci spaventiamo inseme a loro, se vediamo spuntare una radice o una foglia. Cos'è quell'indecenza, via!
Vanno male a scuola? Certo non è colpa delle ore trascorse davanti alla TV di Maria De Filippi, o delle interminabili conversazioni via msn.
La responsabilità è naturalmente dell'insegnante, che non ha capito che la sua mansione non è quella di insegnare qualcosa ai ragazzi, ma di fargli avere il diploma. Così si insultano, accusano e screditano le scuole statali, perché è solo nelle scuole private che gli insegnanti hanno capito e accettato il loro importantissimo compito.
Anche l'educazione è di plastica e si può contrattare.
Siamo riusciti a seppellire l'umanità, che era nostra di diritto, e a costruire dei surrogati artificiali alla nostra vita, che era anch'essa nostra di diritto.
Solo che non funziona, abbiamo fatto un casino e ci incolpiamo l'un l'altro.
È questo, il destino della razza umana?
Mi domando se il pianeta sentirebbe la nostra mancanza. Forse no. In fondo, è riuscito a riorganizzarsi benone, dopo l'estinzione dei dinosauri.
3 ore fa
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