La settimana scorsa ho fatto un'imprevista capatina in una libreria dell'usato.
Proprio prima di uscire, ho visto esposto il libro
Tuck Everlasting di Natalie Babbit.
Siccome un paio di anni fa ne avevo letto una citazione che mi era piaciuta molto e avevo tentato di ordinarlo senza successo, l'ho arraffato immantinente e me lo sono portato a casa, dove l'ho letto in poche ore, considerato che è un libro breve, per bambini.
Si tratta di una fiaba, i cui protagonisti sono i quattro membri della famiglia Tuck, che, dopo aver bevuto acqua da una sorgente nel folto di un bosco, scoprono che per loro il tempo si è fermato: non invecchiano, né muoiono.
La descrizione della fonte è bella di per sé: si dice che il tempo è una ruota che gira, e quella sorgente è il centro della ruota, che sta fermo.
Con tinte molto delicate, il racconto si snoda attorno ai temi importanti di vita, morte ed eternità.
La frase che mi aveva colpito due anni fa, e che mi aveva spinto a cercare di procurarmi il libro, è questa:
Don't be afraid of death; be afraid of an unlived life. You don't have to live forever, you just have to live. ["Non aver paura della morte, temi piuttosto una vita non vissuta. Non è necessario vivere per sempre, l'importante è vivere."]
Ora è successo questo: sulla mia pagina facebook mi piace condividere le citazioni che mi piacciono. Sia due anni fa, quando l'avevo appena letta, sia l'altro giorno, dopo averla riletta, l'ho postata sulla mia bacheca. E sia due anni fa, sia l'altro giorno, ci ho poi trovato sotto dei commenti.
In particolare, si è trattato in entrambe le occasioni di commenti da parte di persone lontanissime da me e dalla mia vita, delle quali non saprei assolutamente nulla, se non fosse per facebook che mi aggiorna, e che non si sono mai sognate di commentare alcunché di mio in precedenza. Persone, in entrambi i casi, che si professano
cristiane. E che non lo fanno discretamente, con le proprie azioni. Lo fanno strombazzandolo a parole, anche su facebook. Il tipo di persone che danno l'impressione di considerarsi migliori degli altri, anche se probabilmente non lo ammetterebbero mai apertamente.
Beh, per tagliar corto: in entrambi i casi il commento era negativo. Bocciava cioè il concetto espresso dalla citazione. La ragione addotta è che il cristianesimo afferma che noi
vivremo sì per sempre, che la morte non è che un passaggio, che la vita terrena è un sacrificio, che l'unica cosa davvero importante è l'eternità (sottinteso evidente: che comincia dopo che siamo morti).
In un caso sono stata giudicata superficiale per avere accettato un'idea
vaga e ambigua come veritiera. L'idea
vaga e ambigua sarebbe quella di "vita piena", concetto da me espresso in un tentativo di replica, nel quale proponevo di considerare che "non temere la morte" e "vivere" non facessero a botte con un credo religioso che prometteva l'eternità.
Attenzione: le espressioni "temi piuttosto una vita non vissuta" e "l'importante è vivere" sono state giudicate
vaghe e ambigue solo in seconda battuta, quando ho fatto presente che il sottinteso "vita dissoluta e sprecata" fosse arbitrario. Il primo significato attribuito da queste persone, infatti, era precisamente quello: vivere a fondo la propria vita = buttarla via.
È chiaro che, proprio per la sua natura, una citazione è breve e non potevo certo ricopiare l'intero libro per esser certa che chi leggesse capisse l'esatto valore di quella frase. Trovo però quantomento curioso, che questi cristiani dichiarati abbiano avuto l'immediata reazione di leggerci il significato più biasimabile.
Mi viene da domandarmi: come mai? Ma eventuali motivazioni sarebbe meglio lasciarle a un'accurata auto-analisi dei soggetti in questione. Che, se la facessero, forse smetterebbero di essere così arroccati nel loro senso di auto-giustizia e mostrerebbero il critianesimo come una strada di vita piena di significato, invece che un rifugio per persone acide e pettegole, pronte a pensar male di tutti gli altri e a sparare giudizi.