WE OWE IT TO EACH OTHER,
TO TELL STORIES.

Neil Gaiman

CARESS THE TALES
AND THEY WILL DREAM YOU REAL.

Nightwish

STORIES AND SONGS
ARE THE LANGUAGE OF THE HEART.

Stephen Lawhead


ALL STORIES ARE TRUE.
Patrick Rothfuss

A DREAMER IS ONE WHO CAN ONLY FIND HIS WAY BY MOONLIGHT,
AND HIS PUNISHMENT IS THAT HE SEES THE DAWN
BEFORE THE REST OF THE WORLD.
Oscar Wilde

THE CORE OF ALL LIFE
IS A LIMITLESS CHEST OF TALES.

Nightwish
ALL THE TRUTH IN THE WORLD
IS HELD IN STORIES.

Patrick Rothfuss

sabato 31 luglio 2010

C'è bisogno di più gente cattiva

È che ogni tanto le considerazioni che fai sul mondo e sui suoi abitanti tendono a scoraggiarti. Allora ti domandi che razza di posto infame per vivere stai lasciando alla tua discendenza, pensi che avresti fatto meglio a non produrne e ti auguri che loro siano più furbi e si lascino estinguere.

Ci sono Paesi al mondo in cui le donne contano meno di una bestia. Ci sono Paesi al mondo in cui o diventi un soldato o vieni giustiziato. Ci sono Paesi al mondo in cui a otto anni un bambino viene rapito e drogato e costretto a sparare e picchiare.
Quelli che chiamiamo Paesi "incivili".

E ci sono Paesi al mondo che fanno di tutto perché le cose restino così. Paesi che hanno bisogno di altri Paesi in cui la gente si spari addosso, muoia di fame e non abbia un'istruzione. Paesi i cui abitanti si illudono di vivere in una democrazia e di essere liberi, quando non sono altro che comparse nel più gigantesco Truman Show mai concepito, senza la possibilità di squarciare la coreografia e fuggire.
Questi sono i Paesi "civili".

Lottare, contro cosa? Ribellarsi, a chi?

Insegno ai miei figli che esiste il Bene ed esiste il Male, insegno loro a indignarsi davanti al Male e a ricercare il Bene per se stessi e per gli altri. Racchiudendo nella parola "Bene" ciò che è Rispetto per un'altra persona, un animale, l'ambiente e dal rispetto nascono spontaneamente aiuto, collaborazione, sincerità. E non ci sono limiti.

"Male" è tutto il resto, e non ci sono limiti.

Ditemi pure, Ben Fatto! Fatemi PAT PAT sulla spalla e ditemi Brava!
E adesso? Una volta che un bambino o un adolescente sanno riconoscere il Bene e il Male, cosa se ne fanno?
Possono consapevolmente decidere di compiere il Bene, per esempio. Ma non potranno comunque decidere per gli altri e spesso saranno costretti a subire il Male altrui. Perché rispondere al Male con il Bene può essere molto nobile e romantico, ma nel mondo reale difficilmente paga e i Buoni non vincono sempre. Anzi.
Ma gli esseri umani sono così intrinsecamente stupidi che credono che chiunque vinca sia il Buono.

Ho letto degli articoli e dei saggi, recentemente, che mostravano come il cristianesimo abbia piano piano fatto piazza pulita di ogni altra credenza/fede/religione esistente. Come? Con la forza, ovvio. Con le bugie, con l'inganno. Ma il cristianesimo, allora, è Buono? Molti sembrano crederlo. In fondo, ha vinto.

I conquistatori europei hanno quasi sterminato i Pellerossa e gli Indios. Troppo difficile integrarsi, conoscere una cultura diversa, vivere in pace imparando gli uni dagli altri. Meglio usare la forza.
Ecco l'evoluzione. Wow.

Cito "L'Ombra del vento", di Carlos Ruiz Zafon:
Darwin era un illuso, glielo garantisco. Ma quale evoluzione, figuriamoci! Per uno che usa il cervello, devi vedertela con nove oranghi.

Per carità, non voglio sostenere che Zafon abbia la scienza infusa, ma almeno è un altro che la pensa come me.
Produciamo film e spendiamo soldi per pagare il biglietto del cinema e andiamo a vedere pellicole come Equilibrium (il primo che mi viene in mente), in cui scuotiamo la testa sconsolati davanti al mondo futuristico che viene proposto, in cui la società impone obblighi che consideriamo assurdi allo scopo di omolgare la massa, dominarla con più agio.
Rifiutandoci di vedere in quella società la nostra società, rifiutandoci di riconoscere in quei personaggi noi stessi.
Poi un giorno ci svegliamo, ci guardiamo intorno e finalmente vediamo, magari perché è successo qualcosa che ci ha toccato da vicino. E ci domandiamo come abbiamo fatto a permettere che il mondo venisse manipolato in quel modo, come abbiamo potuto non accrgercene.
E adesso? Come lo si mette a posto?
Sinceramente, non lo so. Non credo nemmeno sia più possibile ormai.

Ci sono cose a cui presumo non mi adeguerò mai, e così come me tanti altri, ma sempre troppo pochi, troppo divisi e troppo deboli per fare la differenza. Ci ritireremo quanto più possibile ai margini della società e infine ci estingueremo.

Quasi quasi spero proprio che la reincarnazione non esista, non ci tengo a visitare questo mondo quando sarà ancora peggio di com'è adesso.


Concludo con un'ultima citazione da "L'Ombra del Vento":
"La gente è proprio cattiva."
Don Anacleto fissava il pavimento.
"Non cattiva", replicò Fermín. "Idiota. È ben diverso. La malvagità pre-suppone un certo spessore morale, forza di volontà e intelligenza. L'idiota invece non si sofferma a ragionare, obbedisce all'istinto, come un animale nella stalla, convinto di agire in nome del bene e di avere sempre ragione. Si sente orgoglioso in quanto può rompere le palle, con licenza parlando, a tutti coloro che considera diversi, per il colore della pelle, perché hanno altre opinioni, perché parlano un'altra lingua, perché non sono nati nel suo paese o, come nel caso di don Federico, perché non approva il loro modo di divertirsi. Nel mondo c'è bisogno di più gente cattiva e di meno rimbambiti."

mercoledì 28 luglio 2010

Maledetti bastardi, sono ancora vivo!

Tra le cose che non sopporto proprio, ai primi posti, c'è la gente "di successo".

Okay, prima di dare fiato alla solita tromba che sbraita, tutta invidia, questa è la classica storia della volpe e l'uva, almeno fermatevi a considerare il mio punto di vista.
Che parte da una considerazione, in verità, molto, ma molto banale: da quel poco che sapete di me, credete veramente, in coscienza e in tutta onestà, che io possa essere invidiosa di qualcuno che è pieno di soldi perché li ha fregati a qualcun altro, seppure subdolamente? Spero che la risposta basti a placare ogni dubbio. Perché è un indignato NO.

Sto traducendo l'ennesima spatafiata di "lezioni per diventare una persona di successo", altresí dette "corsi per migliorare se stessi", oppure "automotivazione", oppure quello che volete, il risultato è lo stesso: già al titolo comincio a sentire la sensazione di nausea che preme alla bocca dello stomaco.

Le perle di saggezza di questi "Maestri" sono sempre, sempre, sempre le stesse: che lo scopo sia motivare un team di venditori di scopetti per water; spingere alla dieta una persona sovrappeso che non riesce a dimagrire; ispirare un manager che vuole ricevere una promozione... sentirete sempre le stesse cose.

Si parlerà di sogni, possibilmente di cuore, di visione, di futuro nonché di progetti.
Si propone il successo economico (o il raggungimento del peso-forma, ma la ricerca della ricchezza è più pericolosa) come unico tipo di aspirazione verosimile, si dà per scontata l'equazione ricchezza = felicità, aggiungendo a piacere tutte le variabili del caso (2 x ricchezza = 2 x felicità; 1000 x ricchezza = 1000 x felicità ... afferrato?).

Quindi è quella, la visione che tu devi avere per te stesso e se non ce l'hai non sei nessuno.
A questo punto, non c'è più limite: se il mio vicino di posto sogna due Ferrari e tre panfili, io sono una sfigata a visionare solo una Ferrari. Perché solo una? Penso forse di non meritarne una seconda, di non essere in grado di ottenerla? Ma perbacco, io devo essere la miglior me stessa che possa esserci, non vorrò mica porre limiti alla mia bravura/efficienza/cappero-volete-voi?!

La parte (immancabile!) delle testimonianze è pensata per fornire a noi, aspiranti persone di successo, la visione che ci mancava, la motivazione che non verrà mai meno, la perla che ci cambierà la vita. Massime come "nulla accade, se non è preceduto da un sogno" si sprecano, vengono proposte come scritte da porre a caratteri cubitali sullo screen-saver o come memo su un post-it appiccicato allo specchio del bagno. Mi chiedo se a nessuno sia mai venuto in mente di tatuarselo sull'avambraccio destro.

Mano a mano che vado avanti a leggere queste vaccate il mio stomaco si stringe sempre di più, sento già in bocca il sapore del panettone del Natale scorso.
Perché sono vaccate, mi dispiace. Sono le vaccate che la gente "di successo" si racconta e ci racconta per dare una giustificazione morale e santissima a tutto quel che di più o meno sporco ha combinato per arrivare dove è arrivata.
Ti insegnano che mentire va bene, oh certo non devi chiamarlo "mentire", in fondo se ci rifletti bene non è proprio "mentire". Quando giri un pochino la frase/le parole per essere sicuri che il tuo interlocutore capisca proprio proprio bene quello che vuoi fargli capire (che ha bisogno as-so-lu-ta-men-te del tuo fa-vo-lo-so scopino per il water, sebbene sia venuto da te per una friggitrice, per esempio).
Si tratta di aiutare le persone e cosa c'è di più bello, santo e giusto che diventare ricchi sfondati essendo consapevoli di avere aiutato tante persone?! (Inserire cori angelici a piacere)

Quante palle, quante enormi palle.
Invidiosa, ma di chi? Di qualcuno che non ha mai in tutta la propria vita superato la fase pedagogica dei tre anni di età? Entro quell'età, infatti, i manuali insegnano che un bambino non considera gli altri, per lui esiste solo se stesso e il mondo attorno a lui. È l'immagine della trottola. Quando va a dormire il mondo cessa di esistere perché lui non ne ha bisogno. Ma se ha bisogno ecco che tutti devono scattare sull'attenti. Una bugia non è ancora bugia, perché detta con innocenza, allo scopo inconsapevole di modificare la realtà secondo i propri bisogni, unica cosa importante.
Per queste persone "di successo" il mondo non ha mai cessato di esistere se non in funzione di loro stessi, delle loro necessità che poi sono cresciute in brame e desideri, che considerano loro diritti. Che qualcun altro possa rimetterci perché un loro desiderio/diritto sia soddisfatto è qualcosa di talmente avulso dalla loro mente, anche perché travestono la cosa da "bisogno altrui soddisfatto", per quanto le unghie possano stridere sul vetro nella spiegazione.
Nemmeno concepiscono, che ci sia qualcuno al mondo che non crede che il proprio valore sia misurato dal conto in banca, dai metri quadri della residenza, dal numero di auto intestate a suo nome.

Non sto raccontando balle, se affermate che la cosa non vi interessa o non fa per voi, vi dedicheranno un sorriso di compatimento e non vi crederanno.
Sosterranno che cercate delle scuse (quanto gli piace, questa parola! Non esistono mai delle spiegazioni, o dei punti di vista: sempre e solo scuse) per non dare del vostro meglio (giudicandolo con i loro parametri, ovviamente) nella vita di tutti i giorni; saranno convinti che quantomeno alla fine della giornata rivolgete loro un guizzo di invidia pensando al loro successo; vi bolleranno come "pigri"; decideranno di salvarvi da voi stessi invitandovi a un aberrante numero di meeting motivanti e sbattendovi in faccia il loro portafoglio (che spesso, attenzione, è molto meno gonfio di quanto vi mostrino, ma è una delle loro bugie a fin di bene).

Ti ricordano che sogni di andare in Australia e non lo hai ancora fatto, invece se avessi una visione e vivessi come loro mettendovi il post-it con gli obiettivi per il mese sopra la crema da notte, ci potresti andare.
E se per me il viaggio in Australia non valesse il resto della mia vita venduto a massime eterne che mi fanno vomitare?
Inconcepibile, ma rassegnamoci: queste persone di successo hanno una capacità di immaginazione che definire protetta da un paraocchi è offrire loro una promozione sul campo ad honorem.
Si credono superiori, perché hanno cominciato da uno scantinato e adesso sono proprietari di un grattacielo di 37 piani in centro.
E chi se ne frega, possiamo dirlo o vogliamo limitarci a pensarlo?

Okay, adesso qualcuno potrebbe, legittimamente, domandarsi, Ma si può sapere perché hai tanto il dente avvelenato contro queste persone? Che ti hanno fatto? Sempre che sia vero che non sei invidiosa...

Rispondo. Sensazione di nausea a parte, risolvibile stando alla larga dai soggetti in questione e bannandoli dalla mia vita appena ne fiuto la presenza, vorrei riportare un brano tratto dal libro "Gomorra", di Roberto Saviano, un brano in cui cerca di proporre la mentalità che sta dietro il mondo della camorra (grassetti miei):

Tutti, anche i più premurosi verso la propria incolumità, finiscono nella gabbia della pensione, tutti prima o poi si scoprono cornuti, tutti finiscono con una badante polacca.
Perché crepare di depressione cercando un lavoro che fa boccheggiare, perché finire in un part-time a rispondere al telefono?
Diventare imprenditore. Ma vero. Capace di commerciare con tutto e di fare affari anche col nulla.
Ernst Jùnger direbbe che la grandezza è esposta alla tempesta. Lo stesso ripeterebbero i boss, gli imprenditori di camorra. Essere il centro di ogni azione, il centro del potere. Usare tutto come mezzo e se stessi come fine.
Chi dice che è amorale, che non può esserci vita senza etica, che l'economia possiede dei limiti e delle regole da seguire, è soltanto colui che non è riuscito a comandare, che è stato sconfitto dal mercato. L'etica è il limite del perdente, la protezione dello sconfitto, la giustificazione morale per coloro che non sono riusciti a giocarsi tutto e vincere ogni cosa.
La legge ha i suoi codici stabiliti, ma non la giustizia che è altro. La giustizia è un principio astratto che coinvolge tutti, passabile a seconda di come lo si interpreta di assolvere o condannare ogni essere umano: colpevoli i ministri, colpevoli i papi, colpevoli i santi e gli eretici, colpevoli i rivoluzionari e i reazionari. Colpevoli tutti di aver tradito, ucciso, sbagliato. Colpevoli d'essere invecchiati e morti. Colpevoli di essere stati superati e sconfitti. Colpevoli tutti dinanzi al tribunale universale della morale storica e assolti da quello della necessità. Giustizia e ingiustizia hanno un significato solo se considerate nel concreto. Di vittoria o sconfitta, di atto fatto o subito. Se qualcuno ti offende, se ti tratta male, sta commettendo un'ingiustizia, se invece ti riserva un trattamento di favore ti fa giustizia.
Osservando i poteri del clan bisogna fermarsi a questi calibri. A queste maglie di giudizio. Bastano. Devono bastare. È questa l'unica forma reale di valutazione della giustizia. Il resto è solo religione e confessionale.
L'imperativo economico è foggiato da questa logica. Non sono gli affari che i camorristi inseguono, sono gli affari che inseguono i camorristi.
La logica dell'imprenditoria criminale, il pensiero dei boss coincide col più spinto neoliberismo.
Le regole dettate, le regole imposte, sono quelle degli affari, del profitto, della vittoria su ogni concorrente. Il resto vale zero. Il resto non esiste.


Unico commento: non credo che sentirete mai tutto così nudo e crudo, a un meeting per l'automotivazione. D'altronde, se non riuscite e leggere tra le righe, avete già perso.

martedì 20 luglio 2010

Jeg går til København


Check-list per il mio viaggetto:

  • Corone danesi: (verosimilmente insufficienti, conto di colmare le eventuali lacune con la carta di credito, ehm ehm);
  • Adattatore universale per prese elettriche: (basilare, ovvio);
  • Guida alla città: (comprata stamattina dopo accuratissima selezione – tempo incalcolabile in libreria a confrontarne dieci - e sembra già che l'abbia recuperata da un cassonetto, tanto l'ho sfogliata, sottolineata e spiegazzata, a momenti la so a memoria);
  • Itinerario: (lo sfogliamento della guida porta i suoi frutti: ho stilato una pagina di attività suddivise per giorno, con i mezzi di trasporto e i prezzi, più indirizzi e numeri di telefono di B&B e delle mie conoscenze a København … sono un mito);
  • Vestiti: ci penso domani.

God (che vuol dire "bene" in danese, mi faccio spavento da sola tanto sono poliglotta!), le cose importanti ci sono. In stand-by solo i biglietti del pullman: se non mi arrivano domattina per posta stampo il file di emergenza che la compagnia mi ha spedito. Ah, un'altra cosa che devo fare domani:

  • Controllare da dove esattamente parte il pullman.

E siccome domani è appena diventato oggi, mi sa che mi conviene andare a dormire. God Nat!

domenica 18 luglio 2010

Riepilogo

Oggi sarò buona e farò il riepilogo dei titoli. Sono già un paio di settimane che snobbo questa regoletta del blog, ma in fondo ho scritto pochi post.
Comunque, per ristabilire l'ordine: ecco il riepilogo!

- The Mind's Eye -> omonima canzone dei Dark Tranquillity;

- Ma le canzoni sono come i fiori Nascon da sole sono come i sogni -> dalla canzone "Una canzone per te", by Vasco Rossi;

- "Seriamente", cugino, amo una donna -> dalla tragedia teatrale "Romeo e Giulietta", by William Shakespeare;

- I saw an angel, of that I'm sure -> dalla canzone "You're beautiful", by James Blunt;

- Words don't come easy -> dalla canzone "Words (Don't Come Easy)", by F.R. David;

- Mirror, Mirror on the wall: Who's the fairest of them all -> dalla fiaba "Snow White", by Fratelli Grimm;

- I'm going under -> dalla canzone "Going Under", by Evanescence.

E per oggi ho finito, alla prossima!

sabato 17 luglio 2010

I'm going under


[ Copenhagen Harbour by Moonlight (1846)
Johan Christian Claussen Dahl (1788 – 1857)]


Curiosità!

Se foste capitati a Copenhagen nell'XI secolo vi sareste trovati di fronte a un piccolo borgo; nei campi circostanti avreste visto il bestiame ruminare pigramente l'erba fresca, rivolgendovi sguardi disinteressati.
Guardando verso Est avreste scorto un gruppo di isolette, che proteggevano il piccolo porto pescoso dalle aspre condizioni meteorologiche - assolutamente non un brutto posto, per fondare una città.
Se vi fidate più dei reperti scritti che dei ritrovamenti archeologici, i primi resoconti disponibili datano XII secolo, quando un impiegato barbuto (o un rinomato storico, se preferite) di nome Saxo Gramaticus, scrisse qualche riga sul luogo in cui si trovava: Portus Mercatorum, lo chiamò. Questa espressione è una fantasiosa versione latina di Købmannahavn, parola che è poi diventata il moderno København, che non vuol dire altro che "porto dei mercanti".
[liberamente tradotto da: wikitravel]

E ora: a scuola di lingue! Ecco il breve, conciso e - spero - totalmente inutile dizionarietto che mi applicherò a mandare a memoria prima di partire:

god morgen = buon giorno
god aften = buona sera
god nat = buona notte
tak = grazie
behage, vær så god at = per favore (speriamo basti behage)
havre = avena

E così noto che il danese mescola inglese e tedesco... che sorpresa. Potrebbe essere una lingua meno astrusa e incomprensibile di quanto mi aspetto!

giovedì 15 luglio 2010

Mirror, Mirror on the wall: Who's the fairest of them all?

- Lunedì: Luca fruga nel mobile delle pentole.
Come un marmocchio di due anni e mezzo, che trotterella e si affloscia nei pressi di qualcosa di presumibilmente intrigante, cominciando quindi a grufolarci dentro senza arte né parte.
No, beh. Lo stile di Luca denota i suoi nove anni e mezzo: intanto non si infila in bocca il manico della padella in teflon. Poi non sbatte sul pavimento tutti i coperchi delle pentole per sentire il fracasso e gioirne gridando. E non cerca neppure di intrufolarsi nel mobile o di incastrarsi la pentola a pressione in testa.
Le pentole sono ai primi posti della sua personale hit parade di gradimento, sin da quando era in fasce; PAPPA è stata la sua prima parola di senso compiuto.
Non so perché lunedì gli sia venuto il desiderio nostalgico di dare un'occhiata all'interno del mobile delle pentole, forse si annoiava, oppure era affamato e cercava un sistema per tirare l'ora della cena sognando a occhi aperti.
Fatto sta che ha estratto con occhio assai critico un oggetto che non gli era congeniale.

- Cos'è sta roba, come mai è in mezzo alle pentole?

- È una formaggera. Serve per metterci dentro il formaggio grattugiato, poi la si piazza in mezzo alla tavola quando c'è la pasta asciutta e tutti si servono il formaggio. Noi però non la usiamo, da quando abbiamo comprato la grattugia a manovella.
risponde Mamma.

- Uhm!
commenta il piccolo, appoggiandola severo sul tavolo.
- Allora non ci serve, non va tenuta nel mobile delle pentole!

- Sante parole!
sospira Papà, che è un fanatico di un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto.

Non più di mezz'ora più tardi, si sente un inconfodibile rumore:

CRASH-TINGL-TINGL-TONG!
La formaggera è caduta dal tavolo ed essendo fatta di vetro si è frantumata.

- Ecco fatto.
commentano insieme Mamma, Papà e Luca.

E la formaggera finisce nella raccolta differenziata.

- Martedì. Mamma è in bagno, per i rtuali lavacri serali.
Ha comprato nel pomeriggio una boccetta di olio per il corpo: limone e rosmarino.
Storce il naso. Si è adattata perché non c'era altro, ma l'accoppiata limone & rosmarino la fa sentire una fettina di tacchino ai ferri.
Prima di aprirlo, in ogni caso, è bene svuotare la boccetta precedente: quello sì, era un olio per il corpo serio! A base di corteccia di betulla, altro che arrostini!
La boccetta è scivolosa, quindi in men che non si dica finisce sul pavimento con un inconfondibile rumore:
CRASH-TINGL-TINGL-TONG!
La boccetta di olio alla corteccia di betulla - quasi vuota grazie al Cielo - è in pezzi, ma per fortuna il poco contenuto d'olio è rimasto sul fondo ed è persino più accessibile ora!
Mamma se lo spalma con tutta clama su braccia e gambe e l'ultima passata - crepi l'avarizia! - finisce sul pancino intorno all'ombelico.
A questo punto passa a raccattare i minuscoli pezzettini di vetro verde scuro che cospargono come zucchero a velo il pavimento nero del bagno. Non è un'impresa cromaticamente facile.
E da domani: rosmarino e limone!

- Mercoledì. Papà è in cucina.
Allunga le braccia sulla mensolina in alto dello scaffale a vista. Intende recuperare un mazzo di carte, per portarle in piscina e fare un bel partitone a Machiavelli con Mamma e una partitella a Scopa con Luca intanto che ci si asciuga dopo il bagno.
Le carte da gioco sono ammucchiate, un mazzo sopra l'altro, in un angolino faticoso da raggiungere, strette dietro i libri di ricette. Papà sposta i libri per avere un più agevole accesso alla pila di mazzi di carte (uno di Topolinia; uno di Paperopoli; uno di Praga; uno dell'Irlanda; un paio della Bulova; un mazzo di carte napoletane sbiadite; un mazzo delle classiche Modiano rosse e blu; carte da UNO; carte da SEI...) e si ode all'improvviso un inconfondibile rumore:

CRASH-TINGL-TINGL-TONG!
- OPS!
grida Papà.
- Ho spinto i libri, e i libri hanno spinto i due barattoli di vetro che c'erano a fianco.

Mamma scende a precipizio le scale con gli occhi fuori dalle orbite:
- Nooooo! Proprio quei due barattoli? Quelli belli-belli con l'omino appeso sotto al coperchio di plastica che sembra che stia affogando nello zucchero? Nooooo!

- Ehm, sì, quelli. Cioè. Uno solo, per la verità. Il più piccolo.
sottolinea speranzoso.

Mamma contempla lo scempio: il barattolo è letteralmente esploso, ci sono frammeti di vetro trasparente per ogni dove sparsi sul avimento bianco della cucina. È un'impresa cromaticamente ancora più difficoltosa di quella della sera prima.

- Meno male avevamo finito la polenta che c'era in questo vasetto.Commenta tra i denti inginocchiata con scopetto e paletta sotto il tavolo.

- Giovedì. Mamma è risoluta: tutti alla larga dagli oggetti di vetro!
Bisogna interrompere la maledizione!
E la giornata si conclude felicemente tra peluches, legno e plastica.

sabato 10 luglio 2010



This is where old fairy tales blend with flashy new architecture and world-class design; where warm jazz mixes with cold electronica from Copenhagen's basements. You'll feel you've seen it all in a day, but could keep on discovering more for months.


Ebbene sì. Stavolta ci vado. È stata un'ardua impresa, garantisco.

Ignorando i quattro anni passati, in cui a più riprese ho proposto-riproposto-tentato-ritentato di convincere la mia augusta e regale famiglia ad accompagnarmi o quantomeno concedermi un viaggetto a Copenhagen. È stata ardua lo stesso.
C'è voluto tutto il mio animo propenso a piani malvagi, per riuscire ad architettare l'impresa.

Per prima cosa, ho dovuto oculatamente decidere il periodo: la scelta (quasi inevitabile) è caduta sulla settimana in cui sono a casa da sola con Luca.

A quel punto, doveroso premunirsi di un mezzo di trasporto. Il più economico è il pullman, che da Berlino raggiunge in sette ore la capitale danese, con una spesa inferiore ai cento euro.

La parte più spinosa riguardava la scelta del posto in cui dormire. Scartato l'ostello perché io sono fuori tempo massimo e Luca è fuori tempo minimo, al secondo posto della mia personale hit si trova il B&B. Il problema si è posto perché normalmente i B&B hanno 1-2 camere e prenotare in piena stagione estiva con pochi giorni di anticipo è solitamente sconsigliabile. Tra l'altro, il telefono di casa ha deciso oggi di rivelarci che è POSSEDUTO. Impossibile connettersi a un qualsivoglia numero di telefono che cominci con 0045. Mi sono ridotta a chiamare con il cellulare in Danimarca per confermare la prenotazione di un B&B che si vantava di trovarsi nel Quartiere Latino, a pochi minuti dal centro.

NEL FRATTEMPO però non avevo ancora preenotato i posti sul pullman, perché (oh! quale saggezza!) aspettavo di avere un posto sicuro dove stare, prima di sobbarcarmi l'onere dei biglietti non rimborsabili. Caso volle, ahimé, che seguissi on line il progressivo disfacimento della disponibilità dei posti sul pullman, intanto che litigavo con il telefono e trovavo tutti i B&B già pieni!

L'ansia mi assaliva. Nella mia testa si rincorrevano come puzzole innamorate pensieri funesti: non ci riuscirò neppure stavolta - me ne frego, prenoto all'Hilton e non se ne parli più - se trovo una camera libera e intanto sono spariti i biglietti per il pullman vado in aereo, in jet, in autostop, a dorso di cammello, non importa MA CI VADO!!!

SEMPRE NEL FRATTEMPO avevo lanciato segnali di S.O.S. a un'Anima Gentile, conosciuta via web, residente nella patria di Andersen, affinché mi lanciasse una ciambella di salvataggio, qualora ne fosse in possesso.

E il caso volle che la blasfema situazione si sbloccasse in un unico, emozionante momento: un B&B mi conferma la disponibilità - i biglietti che intendevo acquistare sono ancora prenotabili - Anima Gentile mi risponde con un indirizzo mail.
Nella fretta, nell'ansia, nell'eccitazione, nell'euforia, confermo la prenotazione al B&B, ordino i biglietti del pullman e scrivo tutta contenta una risposta ad Anima Gentile, che mi fa sapere a stretto giro di mail che sebbene il B&B vanti una location all'interno del Quartiere Latino, in realtà non è così.
NON IMPORTA.
Vado a Copenhagen!

Confido nella ulteriore gentilezza di Anima Gentile, affinché mi aiuti a sbrogliare il groviglio di treni, metropolitane, ferrovie, autobus e non so che altro, perché ancora non ho capito cosa devo fare una volta arrivata in città per raggiungere il B&B in cui un letto m'attende... Considerato che il pullman arriva alle 22.40, non vorrei farlo attendere troppo.

E siccome mi piace essere ben preparata a un viaggio (sebbene talvolta tale preferenza vada sacrificata in virtù di un Piano Malvagio Ben Riuscito), mi sono procurata un libro. No, non una guida turistica, anche se credo che alla fine non sia una cattiva idea.
Mi sono procurata il romanzo di Peter Høeg: Smilla's Sense of Snow

More about Smilla's Sense of Snow

e conto di far leggere a Luca qualche fiaba di Andersen prima di partire!

Ah, quando si dice la soddisfazione!

lunedì 5 luglio 2010

Ci incanteremo mentre scoppi in volo

Lei: Senti, ho pensato una cosa.

Lui: Mh-mh.

Lei: Tra qualche giorno la nostra figlia diciottenne parte e va in vacanza per le seguenti cinque settimane e noi rimaniamo a casa imprigionati con il frugolo. Quindi questo è l'ultimo sabato sera in cui possiamo dileguarci discretamente.

Lui: Mh?

Lei: Una pizza, una birra al pub... Non so, qualcosa. Dai, usciamo!

Lui: Sì, giusto. Prendi la borsa, andiamo subito.

Lei: Davvero?

Lui: Subito! Hai dei soldi, con te? Io ho fatto benzina oggi e ho il portafoglio vuoto.

Lei: Non ti preoccupare, ce li ho! Che bello, che bello! Dove andiamo?

Lui (scrutando l'orologio): Sono le 20:30. A quest'ora i supermercati sono chiusi, a parte Kaufland. Andiamo al Kaufland.

Lei (stranita): Kaufland?

Lui: Sei pronta? Andiamo, su!

Lei (più stranita): Kaufland?

Lui: La terranno, vero, la naftalina al Kaufland?

Lei (sempre più stranita): Naftalina? Kaufland?

Lui: Tesoro, stai diventando monotona.

Lei: A cosa ti serve la naftalina?

Lui: Sembra che l'odore tenga lontane le martore. Voglio far scappare quelle due bestiole che si sono fatte la tana nel controsoffitto della nostra veranda, così domani inchiodo una bella asse sul buco che usano come ingresso. Mi serve la naftalina. Hai detto che hai i soldi, giusto?

Lei: S-Sí. Cioè, la nostra uscita del sabato sera in previsione delle cinque settimane in cui non avremo la figlia maggiore disponibile a fare da baby-sitter a suo fratello consiste nell'andare al Kaufland a comprare la naftalina per sfrattare le martore?

Lui (raggiante): Infatti! Sono o non sono un geniaccio?