WE OWE IT TO EACH OTHER,
TO TELL STORIES.

Neil Gaiman

CARESS THE TALES
AND THEY WILL DREAM YOU REAL.

Nightwish

STORIES AND SONGS
ARE THE LANGUAGE OF THE HEART.

Stephen Lawhead


ALL STORIES ARE TRUE.
Patrick Rothfuss

A DREAMER IS ONE WHO CAN ONLY FIND HIS WAY BY MOONLIGHT,
AND HIS PUNISHMENT IS THAT HE SEES THE DAWN
BEFORE THE REST OF THE WORLD.
Oscar Wilde

THE CORE OF ALL LIFE
IS A LIMITLESS CHEST OF TALES.

Nightwish
ALL THE TRUTH IN THE WORLD
IS HELD IN STORIES.

Patrick Rothfuss

giovedì 26 aprile 2012

Chi vuol esser lieto, sia! [Lorenzo de' Medici]

Già da diversi anni girano su internet branetti nostalgici del genere:

Da bambino non avevo l’IPhone, la Wii, la Playstation e l’Xbox. Giocavo a nascondino, tornavo a casa quando faceva buio e la mamma gridava “Sali sopraaaaa!", non mi chiamava al cellulare. Giocavo con i miei amici invece di chattare, non c’era il gel antibatterio per le mani e giocavamo con la terra. Mi sporcavo un giorno sì e l’altro pure e non c’era il detersivo che toglieva la macchia al primo colpo. Non scrivevo SMS per chiedere se usciva il mio amico andavo a suonare. Io che almeno una volta ho bevuto acqua della fontana e sono sopravvissuto. 

Conditi dall’immancabile commento, tipo: Ah, noi sì che eravamo felici! Quella sì, che era infanzia! Altro che i giovani d’oggi, che non sono capaci di divertirsi!

Ora, siccome mi è capitato più volte di veder postata questa roba su face book, o addirittura l’ho ricevuta via mail da gente più o meno mia coetanea, ho pensato di fare una cosa che non ho mai fatto prima, e cioè commentarla anch’io.

E lo farò passo passo:  

Da bambino non avevo l’IPhone, la Wii, la Playstation e l’Xbox. 
Grande differenza con i ragazzi del XXI secolo, confermo: non c’erano neppure il personal computer, il cellulare, il lettore mp3, il burro di arachidi e i voli low cost.
‘mbè? Mio nonno avrebbe potuto scrivere: Da bambino non avevo il mangiadischi portatile, la tv a colori e il McDonald.
E suo nonno avrebbe potuto scrivere: Da bambino non avevo l’acqua corrente, la luce elettrica e i caloriferi in casa.
Cosa dimostra questa affermazione? Che gli esseri umani continuano a fare imperterriti quello che hanno fatto sin dall’età della pietra: inventare cose nuove.
Me lo vedo proprio, un nostro comune antenato, brontolare contro i nipotini: Da bambino non avevo la ruota e sono cresciuto benissimo lo stesso! Ach! Diavolerie moderne!
Insomma: il progresso tecnologico non sminuisce i “giovani d’oggi”, né –tantomeno- li definisce: loro, proprio in virtù della loro età, sono solo utenti di qualcosa che noi generazioni precedenti abbiamo ideato e creato (e probabilmente pure comprato per loro, tra l’altro).  

Giocavo a nascondino, tornavo a casa quando faceva buio e la mamma gridava “Sali sopraaaaa!, non mi chiamava al cellulare.
Cosa ci sia di più bello, di più sano e preferibile nell’urlaccio della mamma piuttosto che in uno squillo al cellulare, onestamente mi sfugge, ma in ogni caso: chi lo ha comprato il cellulare al ragazzino? Chi è che insiste perché lo porti sempre con sé?  

Giocavo con i miei amici invece di chattare, non c’era il gel antibatterio per le mani e giocavamo con la terra.
Ma di che età stiamo parlando?
Immagino che chattare sia un’attività per ragazzini almeno della scuola media, mentre giocare con la terra forse si riferisce a bambini più piccoli. Nulla impedisce oggi a un bambino che a 8 anni scava buche e dà la caccia ai ragni, di chattare a 13 anni con quello che una volta era l’amico di penna. C’è forse qualcosa di amorale? Di sbagliato? Di brutto? Di triste? A me non pare.
Il gel antibatterico non c’era e invece adesso l’hanno inventato.
Mi piacerebbe sapere quanti bambini girano con il gel antibatterico in tasca per pulirsi le mani quando le hanno sporche. Direi che sono più le persone della mia generazione, quelle che non chattavano e giocavano con la terra e ora sono vittime della paranoia indotta dalle industrie farmaceutiche, che adesso tengono il flaconcino di gel antibatterico in borsa per passarselo freneticamente sulle palme della mani dopo essersi attaccate al palo in autobus.  

Mi sporcavo un giorno sì e l’altro pure e non c’era il detersivo che toglieva la macchia al primo colpo.
Notizia dell’ultima ora: i bambini si sporcano ancora un giorno sì e l’altro pure, e il detersivo che toglie le macchie al primo colpo c’era anche allora, facevano la pubblicità in TV: “No-oooo! Non esiste lo sporco impossibile!” Come, come? Non era vero che toglieva le macchie al primo colpo, era solo uno slogan pubblicitario? Ah, okay: esattamente come adesso, quindi.  

Non scrivevo SMS per chiedere se usciva il mio amico andavo a suonare.
Tanto piacere. Io invece telefonavo a casa prima di uscire, che vogliamo farci, sono sempre stata uno spirito ribelle.
Ma che male c’è, si può sapere? Cos’è, il brivido di non sapere se l’amico è in casa e può scendere è garanzia di un’infanzia felice?

Io che almeno una volta ho bevuto acqua della fontana e sono sopravvissuto. 
A Milano gente della mia generazione e più vecchia ha deciso di chiudere tutte le fontanelle perché altrimenti i barboni andavano a lavarcisi dentro ed era tanto brutto da vedere.
Quindi se i bambini di oggi quando hanno sete devono farsi comprare la bottiglietta d’acqua dalla mamma, e per lavarsi le mani devono usare le salviettine umidificate, la responsabilità è dei loro genitori. Che con questi poemetti gli rinfacciano di non saper essere bambini.

Okay, ho detto la mia.
Siete pregati di non mandarmi mai robe del genere.
Grazie.

martedì 24 aprile 2012

Give me my robe, put on my crown; I have immortal longings in me. [Anthony and Cleopatra, William Shakespeare]

.
Caro Will.
Ti spiace, se ti chiamo Will? È che dopo tutti questi anni di ammirazione e venerazione mi viene spontaneo prendermi qualche confidenza.
Le tue parole mi hanno accompagnato, ispirato, fatto sognare, riflettere e creare.
Ho spalancato la porta che la tua penna ha dischiuso su mondi che nessuno aveva mai visitato prima.
Ho riso, amato, pianto, sofferto, incitato, riportato vittorie e sconfitte insieme ai tuoi personaggi. E ho sognato! Quanto ho sognato sui tuoi versi, sulle tue parole, sui tuoi dialoghi?

Mio caro Will.
Ieri era il tuo compleanno, ma io ti faccio gi auguri soltanto oggi.
Spero che a 448 anni tu sia così clemente da perdonare questo piccolo ritardo da parte di una tua grande fan.
Ti direi continua così, ma non ce n'è bisogno: la tua opera è già perfetta così com'è e diventa sempre più bella con il passare del tempo, un po' come il vino che invecchia e acquista valore.

Sei uno dei miei eroi. Buon compleanno, Immortale!

domenica 22 aprile 2012

Alas, regardless of their doom, the little victims play! [Thomas Gray]

.
ovvero: dalle Stelle alle Stalle. Più o meno.

Una settimana gloriosa è alle mie spalle.
Due notti di viaggio; due giorni e una notte a Parigi; un concerto dei Nightwish; turismo selvaggio sotto piogge torrenziali insieme a due persone specialissime; libri-musica-opere d'arte-panorami... e poi al mio ritorno libri, libri e ancora libri per organizzare la presentazione del caffè letterario , culminata in un bellissimo pomeriggio in cui, seduta su una sedia a dondolo con il pubblico accoccolato ai miei piedi, ero ciò che più amo essere: una racconta-storie.

E ora, dopo una misera notte di riposo, eccomi qua a riporre i libri negli scaffali (sono stati così entusiasti di questa gita fuori porta che ho loro concesso!), a correggere compiti e ascoltare lezioni ripetute, a togliere erbacce dal giardino e  a ripulire il filtro della lavatrice. 

Quando si desidera tornare indietro nel tempo e rivivere tutto daccapo...

venerdì 20 aprile 2012

The beauty of this ride ahead such an incredible high. [Nightwish, The Last Ride Of The Day]

.
euforia [eu-fo-rì-a] s.f. (pl. -rìe)
1 PSICOL Stato emotivo caratterizzato da sensazione di benessere, dovuto a effettiva buona salute o all'azione di speciali stupefacenti

 ... Oppure sono semplicemente i postumi dei due fantastici giorni di vacanza trascorsi sotto una pioggia torrenziale a Parigi, insieme a due persone specialissime, che mi hanno coccolata e accompagnata al concerto.


domenica 15 aprile 2012

We are the music makers, and we are the dreamers of dreams. [Arthur O'Shaughnessy]

La musica, come le storie, mi fa entrare in un'altra dimensione.
Parole, note e accordi la cui eco si espande dentro di me e che riescono a rimare con i miei sentimenti costituiscono quella che alla fine è nota come "musica che mi piace".

La musica è linguaggio inconscio, è respiro, è vedere più lontano e più a colori, la musica è ali, è battito del cuore, è una scossa elettrica che accende, è chiudere gli occhi e sapere di volare.

Le storie sono parole che creano vita, mondi, sentimenti, verità, menzogne, sogni. Le storie spiegano, insegnano, raccontano e ingannano.

La musica e le storie sono due regni magici, accessibili ovunque e in qualsiasi momento. Li adoro entrambi e di entrambi ho bisogno.

Cosa succede quando la musica racconta una storia e la storia esce dalla musica per sognare? Succede che io vado in estasi e mi compro il biglietto per andare al concerto.




venerdì 13 aprile 2012

Dell'infallibilità papale

S'era nel Medio Evo, e Papa e Imperatore bisticciavano periodicamente per decidere chi tra loro due comandasse di più.
Fu così che un bel giorno un concilio di vescovi se ne uscì con una genialata: un documento che attestava l'infallibilità del Papa e della Chiesa.

I libri di storia non lo raccontano, ma è verosimile che le cose siano andate così:

Papa: Io non sbaglio mai! 
Imperatore: E chi lo dice?
Papa: Lo dice questo documento! 
Imperatore: E chi lo ha scritto? 
Papa: L'ho scritto io! 
Imperatore: E se fosse sbagliato?
Papa: Impossibile! Io non sbaglio mai!
Imperatore: E chi lo dice? 
Papa: Lo dice questo documento!
Imperatore: E chi lo ha scritto?
Papa: L'ho scritto io!
Imperatore: E se fosse sbagliato? 
Papa: Impossibile! Io non sbaglio mai! 
...
[ad libitum]

giovedì 12 aprile 2012

Non avete parlato turco, no.

.
Ma che colpa ne abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. 

[Luigi Pirandello - Uno, nessuno e centomila]

We are more trouble than we’re worth.

.


attend you now 
to what I say. 
you are the mortal, 
I the fae.



thus moves the moon now when I look above, 
there is no glimmer of the light I love.  
instead, all like a flower unfurled, 
her face shines on your mortal world. 
now all your mortal maidens sigh, 
for she is fully in my sky.





Beloved by both the Fae and men.
Our moon’s a merry wanderer then?




   not so. a traveler, yes. a wanderer, no. 
she moves but cannot freely go. 
this shaper of the dark and changing eye 
stretched out his hand against the pure black sky. 
he pulled the moon, but could not make her stay. 
so now she moves ’twixt mortal and the fae.



you have your tale. your who and how. 
there is a final secret now. 
so all your owlish listening lend. 
this is the part on which you must attend. 


the moon has our two worlds beguiled,
like parents clutching at a child,
pulling at her, to and fro,
neither willing to let go.
when she is torn, half in your sky,
you see how far apart we lie.

no matter how we long to kiss, 
the space between us is not ripe for this. 
and when your moon is waxing full, 
all of faerie feels the pull. 

she draws us close to you, so bright.
and now a visit for a night 
is easier than walking through a door 
or stepping off a ship that’s near the shore.


’twas thus while wandering
in the wild, 
you found Felurian,
manling child. 

And this is true of any fae? 

have they the will,
and know the way. 


there are a thousand half-cracked doors 
that lead between my world and yours. 



How have I never heard of this?
It seems it would be hard to miss,
Fae dancing on the mortal grass. . .


but has not just this come to pass? 
the world is wide and time is long, 
but still you say you heard my song 
before you saw me singing there, 
brushing moonlight through my hair. 

Still, it seems I should have seen
more signs of those who walk between.


most fae are sly and subtle folk
who step as soft as chimney smoke.
some go among your kind enshaedn,
glamoured as a pack mule laden,
or wearing gowns to fit a queen.
we know enough to not be seen.



many of the darker sort
would love to use you for their sport.
what keeps these from moonlit trespass?



iron, fire, mirror-glass.
elm and ash and copper knives,
solid-hearted farmer’s wives
who know the rules of games we play
and give us bread to keep away.
but worst of all, my people dread
the portion of our power we shed
when we set foot on mortal earth.

We are more trouble than we’re worth.

while she is full you may still laugh,
but know there is a darker half.
a clever mortal fears the night
without a hint of sweet moonlight.

on such a night, each step you take
might catch you in the dark moon’s wake,
and pull you all unwitting into fae
where you will have no choice but stay.

and on such unfamiliar ground,
how can a mortal help but drown?

I do this so you cannot help but hear.
a wise man views a moonless night with fear.

[The Wise Man's Fear, Patick Rothfuss]

venerdì 6 aprile 2012

Art is the only way to run away without leaving home. [Twyla Tharp]

A volte mi sveglio con il cervello che ribolle e le mani che prudono, da tanto mi scappa di essere creativa.
Mi scappa talmente forte, che non riesco proprio a tenermi.
E allora devo esprimermi, altrimenti va a finire che tutta quella smania si incanala nel condotto sbagliato e sono cavoli. Perché mi viene il mal di testa; perché cucino schifezze; perché rovescio la bottiglia di aceto sulla moquette; perché esco di casa senza fazzoletto e appena sono sulla metro mi cola il naso... robe così, insomma.
Spesso, poi, capita che l'ebollizione della materia grigia si espanda senza freni e a un progetto se ne accavalli un altro, a un'idea si sovrapponga un'iluminazione, a un'intuizione un'ispirazione... e non riesco a fermarmi!
Così ieri, nel bel mezzo di una settimana di creatività esplosiva, ho steso un foglio di giornale sul tavolo della cucina e ci ho appoggiato sopra una piccola tela 30x30 cm.
Poi ci ho appoggiato sopra la sagoma di un albero spoglio, ritagliata il giorno prima con le forbicette per le unghie dal cartoncino della confezione dei cereali.
Poi ho sgraffignato la tavolozza di legno dalle attrezzature scolastiche di Luca; un tubetto di colore acrilico rosso e un pezzo di spugnetta avanzato da qualche esplosione creativa precedente.

Per farla breve e non tediare nessuno con i dettagli, il risultato è nella foto, ritratto in posa sul termosifone, mentre asciugava.
Ora sta appeso in cima alle scale che dal piano terra salgono al primo piano, dice che si trova bene e io mi sento più leggera.